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Sono nato a Raffadali (AG) il 4/5/56 e nel '74 ho conseguito la maturità classica presso il liceo Empedocle di Agrigento. Appena diciottenne mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo presso la quale mi sono laureato nel 1978. Ho subito vinto il concorso per Segretari Comunali ed a soli ventitré anni ho iniziato tale delicata carriera presso alcuni Comuni del Piemonte. Attualmente sono segretario comunale di tre Comuni (Verolengo, Cigliano e Sala B.) appartenenti a tre province diverse (Torino, Vercelli e Biella). L'emigrazione, però, non ha reciso i miei legami con la Sicilia, la mia terra natia. Anzi, si può dire che la distanza fisica non si è mai trasformata in lontananza spirituale come è testimoniato dalla composizione di alcune poesie il lingua ed in dialetto siciliano che hanno come ispirazione principale la Sicilia, la struggente nostalgia per tale terra che è caratterizzata dalle tantissime contraddizioni, dai suoi mille colori, dal calore della sua gente, dai suoi atavici problemi rimasti insoluti a partire dalla asfissiante presenza della mafia. Anche la natura, le sue piante, i suoi pianti e gli affetti familiari (la mia donna ed i miei genitori) trovano largo spazio nelle tematiche delle mie poesie. Premi per la poesia di Michelangelo La Rocca: Nel 2000 ho vinto un premio speciale nell'ambito del concorso "Alladium" di Agliè (TO) che ha dato i natali a Guido Gozzano. Nel 2003 sono stato premiato con un premio speciale nel premio "Rocco Certo" di Tonnarella (ME). L'anno successivo mi sono classificato al 2° posto nello stesso premio e sono stato tra i finalisti del premio "Il Mulino di Soprana" (BI). Finalmente nel 2005 ho vinto il 1° Premio del concorso "Negri" di Parona (PV).

La forbice impazzita ha tagliato dove e come non doveva colpendo più di 1600 piccoli Comuni con meno di 1000 abitanti.

Il Governo, che ha ormai perso la bussola e persegue l’unico scopo di sopravvivere a se stesso.

 

Ha decretato indirettamente la fine di quella parte della nostra Italia, piccola ma vitale.

Perché obbligarli a svolgere in modo associato le loro funzioni fondamentali vuol dire costringerli a perdere la loro autonomia, le loro peculiari connotazioni, le loro caratteristiche, le loro originalità.

Bisogna dirlo subito, il risanamento economico non c’entra o c’entra poco, molto poco.

Solo chi non conosce queste belle e vitali realtà del nostro Paese può perseguire un simile, sconsiderato disegno.

Soltanto coloro che non hanno mai visitato questi gioielli del territorio, dell’ambiente, dell’arte, dei sapori e dei saperi può abbandonarsi a simili farneticazioni.

E’ stato colpito lo spicchio della nostra democrazia più sano e più bello: quello dove ancora e tutt’ora etica ed istituzioni convivono felicemente.

I piccoli Comuni sono quelli dove spesso gli amministratori rinunciano alle indennità, dove i Sindaci s’improvvisano impiegati quando serve, cantonieri quando è necessario, custodi all’occorrenza.

I piccoli Comuni sono spessissimo veri cantieri aperti di volontariato istituzionale.

Ed ora li vogliono abolire per poter mandare in onda lo spot delle “migliaia di poltrone soppresse”, ma quali poltrone?

Nei borghi più belli d’Italia, nei Comuni fioriti non c’è potere, c’è entusiasmo, voglia di fare, autentica volontà di contribuire al bene Comune.

Qualcuno ha calcolato che il taglio inferto alla democrazie dei piccoli Comuni costi quanto mantenere tre deputati.

Non so se questo calcolo sia esatto, ma non importa: i belli, sani ed autentici valori non si quantificano con l’arido metro di una calcolatrice!

La cosa più assurda ed incomprensibile è che questo colpo mortale ai piccoli Comuni venga inferto da chi ogni giorno sventola la bandiera del federalismo: solo durante il famigerato ventennio fascista si è assistito a qualcosa di più centralista ed autoritario!

L’auspicio è che si desista dal realizzare un così sciagurato disegno e che la scelta di convenzionarsi con altri Comuni sia lasciata alla loro totale discrezionalità, alla loro più piena autonomia.

Siamo sicuri che, se saranno messi in condizioni di operare e di ben operare, i piccoli Comuni saranno capaci di dare il loro contributo al risanamento economico del Paese: l’hanno sempre fatto, continueranno a farlo.

I piccoli Comuni non chiedono più risorse, reclamano più autonomia, hanno bisogno di regole semplici, di semplificazioni vere, autentiche.

Consentiamo ai piccoli Comuni di esprimere tutto il loro, enorme potenziale nel rispetto di poche, chiare e semplici regole ed allora ci accorgeremo che più che un problema rappresentano una

risorsa, un’enorme e vitale risorsa!

 

 

( foto Scicli da bp.blogspot.com)

 

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