Il futuro della festa del papà

Ogni 19 marzo si celebra, la festa del papà, una festa internazionale che affonda le sue radici nel tempo.

La prima volta documentata in cui fu festeggiata sembrerebbe risalire al 5 luglio del 1908 a Fairmont, in Virginia occidentale presso la chiesa metodista locale.

La data in generale varia da Paese a Paese.

Nei Paesi che seguono la tradizione statunitense, la festa si tiene la terza domenica di giugno. In molti Paesi di tradizione cattolica, la festa del papà viene festeggiata il giorno di San Giuseppe, padre putativo di Gesù, il 19 marzo appunto.

Così avviene anche nella nostra cattolicissima Italia dove questa importante solennità civile viene celebrata in coincidenza con la festa di San Giuseppe, il papà per eccellenza per tutti i cattolici del mondo: il papà di Gesù Bambino.

Questa paternità per i Cattolici implica un grande, grandissimo atto di fede: Gesù concepito dallo Spirito Santo nel seno di Maria ancora Vergine.

Una volta accettato questo mistero della fede il Battesimo del credente cattolico si può considerare compiuto con successo.

Quindi tutti gli anni il 19 marzo celebriamo questa importante solennità civile che, per una parte della nostra esistenza, ci coinvolge sotto il duplice profilo di festeggianti (nella nostra qualità di figli) e di festeggiati (nella nostra qualità di genitori).

Si può dire che sono due gioie immense, simmetriche ed equivalenti.

E’ bellissimo, provoca una grande gioia interiore, per chi ha la fortuna di avere il proprio babbo in vita, ricordarsi di lui.

Non importa come: basta un fiore, una telefonata, un abbraccio: è una festa che tocca l’anima ed il cuore, non occorrono particolari esteriorità o materialità, basta un piccolo gesto, un soave, delicato pensiero!

Parimenti importante è ricevere un piccolo dono, una telefonata, anche solo un sms, dalla propria figlia, anche un messaggio telegrafico come capita ogni anno a me: auguri papà!!!

Due parole semplici, ma riassumono un rapporto bello e complesso che comincia prima della vita (almeno sin dal concepimento, ma anche prima con l’elaborazione del concepimento) e non termina neanche con la morte.

Io, ad esempio, non ho più il papà da oltre 30 anni, ma il dialogo con lui non si è mai interrotto, continuiamo a conversare anche ora, soprattutto grazie alla poesia. E nel giorno della festa del papà questo dolce dialogo ha un’impennata, si ravviva e magari si materializza con un omaggio floreale sulla tomba o con una messa in memoria o con altri simbolici ricordi.

Quest’anno la festa del papà cade dopo che, con la legge n. 76 del 20 maggio 2016, il Parlamento ha provveduto alla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso ed alla disciplina delle convivenze.

Il diritto di famiglia compie un passo in avanti sulla strada dell’evoluzione prendendo atto dei cambiamenti già avvenuti nella società: resta molto da fare ma la via è segnata.
La legge è stata il frutto di un compromesso tra le varie forze politiche presenti in Parlamento e sicuramente presenta delle lacune da colmare in tema di adozioni dei figli nati fuori dal matrimonio inteso in modo tradizionale.

Il concetto di famiglia, d’altra parte, è al centro di una vivace discussione, infuriano tutt’ora le polemiche tra chi vuole difendere il concetto della famiglia tradizionale, quella fondata sull’unione tra un uomo ed una donna e caratterizzata dalla presenza di figli nati in quel matrimonio e chi, invece, chiede di far rientrare nel nuovo concetto di famiglia le nuove unioni, anche quelle costituite tra appartenenti allo stesso sesso.

Secondo me un cristiano, un vero cristiano, non può, non deve esprimersi in termini di chiusura.

Dio, come ci ha ricordato il Santo Padre in occasione delle celebrazioni del Giubileo straordinario, è Misericordia. Lui, proprio Lui, non può discriminare, non può che accogliere tutte le famiglie, anzi tutti i componenti di tutte le famiglie.
Le polemiche, quelle più aspre, sono viziate da un errore di prospettiva: non esiste la famiglia, esistono le famiglie e tutte, proprio tutte, hanno un sacrosanto diritto di cittadinanza.

E’ chiaro che la famiglia fondata sul matrimonio riconosciuto come Sacramento è la famiglia di Dio per i cattolici, ma uno Stato deve avere un orizzonte più ampio e lungimirante, che sia capace di contemplare tutte le famiglie:

quelle tradizionali ovviamente, ma anche le unioni di fatto tra un uomo ed una donna e le convivenze tra coloro che appartengono allo stesso sesso.

Quando si parla di diritti delle persone uno Stato che voglia definirsi veramente civile non può coniugare il verbo togliere, è d’uopo coniugare il verbo aggiungere!

Riconoscendo i diritti ai componenti delle nuove famiglie, quelle allargate, quelle che la società moderna ha ormai irreversibilmente riconosciuto, nulla si toglie alla famiglia tradizionale che continua ad operare come prima, si danno nuove opportunità a chi non le ha.

La società, bisogna riconoscerlo, su questo versante è andata avanti, ha compiuto una lunga strada, il Parlamento sia pure in modo faticoso ha fatto un deciso e decisivo passo in avanti.

Ma bisogna completare il percorso avviato.

E per fortuna la società italiana è complessa ed articolata e recentemente due sentenze hanno aperto significativi spiragli. Una prima sentenza della Corte d’Appello di Trento ha aperto nuove prospettive all’adozione dei figli nati fuori dal matrimonio: due gemelli sono stati affidati ad una copia di uomini divenuti entrambi padri.

Un’altra sentenza del Tribunale di Firenze ha riconosciuto in Italia l’adozione di due bambini fatta all’estero da una coppia gay.

Possono essere le sentenze della svolta che consentirà ai giudici di continuare il percorso che il legislatore non ha voluto, forse non potuto, completare.

 Il dna, il legame biologico, ha ceduto il passo al legame affettivo: ai fini dell’attribuzione della paternità non è indispensabile il legame di sangue, conta di più l’affetto, la cura, il cuore.

I giudici hanno messo al centro della loro attenzione non tanto o non solo il diritto del padre di avere dei figli, quanto quello dei figli di avere un padre, a volte anche due.
In questo contesto, nel mezzo di un dibattito così vivace ed acceso, si impone un nuovo concetto di genitore, un nuovo concetto di papà.

Non è papà solo chi ha dato i natali al proprio figlio, è papà soprattutto chi si occupa e preoccupa del proprio figlio, naturale od adottivo che sia, con amore, con cura, premura ed affetto.
Un vero papà adotta nei riguardi del proprio figlio il motto “I care” di Don Milani, letteralmente mi importa, mi interessa, ho a cuore!

Un anno fa dalle colonne di questo magazine avevamo espresso il forte auspicio che in futuro la festa del papà potesse lasciare il posto, come ormai ci chiede l’evoluzione della società, alla festa dei papà, con la sacrosanta inclusione di tutti i papà: quelli naturali, quelli adottivi ed anche i padri adottivi dei figli dei propri compagni, anche quelli appartenenti allo stesso sesso!

Possiamo dire che quell’auspicio ha fatto dei significativi passi in avanti, che siamo sulla buona strada. Occorre pazienza e rispetto per le altrui opinioni, solo così quanto prima si potrà serenamente celebrare la prima festa dei papà, di tutti i papà.

Per essere padri più importante del sangue è il cuore: quello capace di amare, curare, educare il proprio figlio con paterno affetto!

Prima lo capiremo meglio sarà per tutti, per i figli e per i padri, tutti i padri!

 

La festa del mio papà

 

Caro babbo è la tua festa,

mi avvicino lesta, lesta

per darti questo fiore,

segno del mio grande amore!

Dal fioraio l’ho comprato

con i soldi che mi ha dato

quell’avara di mammà

che miracoli non fa.

Non è argento, non è oro

ma io son senza lavoro,

ti prometto che da  grande

ti regalo un bel…. diamante!!

(foto da guidasicilia.it, fotoerubriche.net, flickr.com)