Le poesie sui cani di Neruda e la Ode al gatto

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Neruda visse con molti cani e gatti per tutta la vita.

Ci sono molte immagini che riprendono il poeta in compagnia soprattutto di uno dei suoi due cani più amati, Calbuco e Cutaca.

Gli animali, cani e gatti in particolare, sono protagonisti delle poesie di Pablo Neruda ed evocano ricordi, emozioni, idee ed immagini nelle parole dello scrittore cileno.

Il Poeta amava vedere correre libero il proprio cane, senza guinzagli o collari, quasi a realizzare il desiderio di libertà che è elemento immancabile nei suoi poemi.

Poesia sui cani di Pablo Neruda: Un cane è morto 

Quando morì un suo cane, nella sua casa di Michoacán, scrisse una poesia molto nota, intitolata "Un cane è morto".

Poesia sui cani di Pablo Neruda: Un cane è morto 
Poesia sui cani di Pablo Neruda: Un cane è morto, citazione 

Un perro ha muerto

Mi perro ha muerto.
Lo enterré en el jardín
junto a una vieja máquina oxidada.

Allí, no más abajo,
ni más arriba,
se juntará conmigo alguna vez.

Ahora él ya se fue con su pelaje,
su mala educación, su nariz fría.

Y yo, materialista que no cree
en el celeste cielo prometido
para ningún humano,
para este perro o para todo perro
creo en el cielo, sí, creo en un cielo
donde yo no entraré, pero él me espera
ondulando su cola de abanico
para que yo al llegar tenga amistades.

Ay no diré la tristeza en la tierra
de no tenerlo más por compañero
que para mí jamás fue un servidor.
Tuvo hacia mí la amistad de un erizo
que conservaba su soberanía,
la amistad de una estrella independiente
sin más intimidad que la precisa,
sin exageraciones:
no se trepaba sobre mi vestuario
llenándome de pelos o de sarna,
no se frotaba contra mi rodilla
como otros perros obsesos sexuales.

No, mi perro me miraba dándome la atención necesaria
la atención necesaria
para hacer comprender a un vanidoso
que siendo perro él,
con esos ojos, más puros que los míos,
perdía el tiempo, pero me miraba
con la mirada que me reservó
toda su dulce, su peluda vida,
su silenciosa vida,
cerca de mí, sin molestarme nunca,
y sin pedirme nada.

Ay cuántas veces quise tener cola
andando junto a él por las orillas del mar,
en el Invierno de Isla Negra,
en la gran soledad: arriba el aire
traspasando de pájaros glaciales
y mi perro brincando, hirsuto,
lleno de voltaje marino en movimiento:
mi perro vagabundo y olfatorio
enarbolando su cola dorada
frente a frente al Océano y su espuma.
alegre, alegre, alegre
como los perros saben ser felices,
sin nada más,
con el absolutismo de la naturaleza descarada.
No hay adiós a mi perro que se ha muerto.

Y no hay ni hubo mentira entre nosotros.
Ya se fue y lo enterré, y eso era todo.

Un cane è morto.

Il mio cane è morto
Lo sotterrai nel giardino
vicino ad una vecchia macchina ossidata.

Lì, non più sotto,
ne più sopra,
si unirà con me un giorno.

Ora ormai se ne è andato col suo pelo,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.

Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda a ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.

Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava sul mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non si strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.

No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.

Ahi quante volte volli avere una coda
e andare con lui per le rive del mare,
nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto,
colmo di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.
Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro,
con la tirannia della natura sfrontata.
Non c’é addio al mio cane che è morto.

E non c’é né ci fu menzogna tra di noi.
Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.

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Un altro cane cui Neruda fu molto legato era Nyon.

Il Poeta e Maite Urrutia stavano ancora vivendo in segreto il loro amore clandestino che avrebbe portato alla separazione e abbandono di Delia del Carril.

I due amanti si erano incontrati a Ginevra per poi spostarsi e vivere alcuni giorni intensi nella vicina città di Nyon. Fu lì che decisero di stare insieme per sempre.

Neruda sposò Maite Urrutia su una spiaggia dell'isola di Capri, prima di mettere l'anello al dito, chiese alla luna il permesso. Nessuno era stato invitato, tranne la sua amata cagnolina Nyon.

Nyon saltò e ballò con loro tutta la notte, giocando tra i loro piedi.

Sembra che ad un cane il Poeta debba uno degli ultimi sguardi.

Nel settembre 1973 prima che un’ambulanza lo portasse via dalla sua casa a Isla Negra (Cile), il suo sguardo incontrò quello di Chu Tuh, un cane che amava, e questo tristemente gli leccò la mano per l'ultima volta.

Poesia sui cani di Pablo Neruda: Ode al cane

Ode al cane, Poesia sui cani di Pablo Neruda
Ode al cane, Poesia sui cani di Pablo Neruda

Oda al perro

El perro me pregunta
y no respondo.
Salta, corre en el campo y me pregunta
sin hablar
y sus ojos
son dos preguntas húmedas, dos llamas
líquidas que me interrogan
y no respondo,
no respondo porque
no sé, no puedo nada.

A campo pleno vamos
hombre y perro.

Brillan las hojas como
si alguien
las hubiera besado
una por una,
suben del suelo
todas las naranjas
a establecer
pequeños planetarios
en árboles redondos
como la noche, y verdes,
y perro y hombre vamos
oliendo el mundo, sacudiendo el trébol,
por el campo de Chile,
entre los dedos claros de septiembre.

El perro se detiene,
persigue las abejas,
salta el agua intranquila,
escucha lejanísimos
ladridos,
orina en una piedra
y me trae la punta de su hocico,
a mí, como un regalo.
Es su frescura tierna,
la comunicación de su ternura,
y allí me preguntó
con sus dos ojos,
por qué es de día,
por qué vendrá la noche,
por qué la primavera
no trajo en su canasta
nada
para perros errantes,
sino flores inútiles,
flores, flores y flores.
Y así pregunta
el perro
y no respondo.

Vamos
hombre y perro reunidos
por la mañana verde,
por la incitante soledad vacía
en que sólo nosotros
existimos,
esta unidad de perro con rocío
y el poeta del bosque,
porque no existe el pájaro escondido,
ni la secreta flor,
sino trino y aroma
para dos compañeros,
para dos cazadores compañeros:
un mundo humedecido
por las destilaciones de la noche,
un túnel verde y luego
una pradera,
una ráfaga de aire anaranjado,
el susurro de las raíces,
la vida caminando,
respirando, creciendo,
y la antigua amistad,
la dicha
de ser perro y ser hombre
convertida
en un solo animal
que camina moviendo
seis patas
y una cola
con rocío.

Ode al cane

Il cane mi domanda
ed io non rispondo.
Salta, corre nei campi e mi domanda
senza parlare
ed i suoi occhi
son due domande umide, due fiamme
liquide interroganti
ed io non rispondo,
non rispondo perché
non so e nulla posso dire.

In mezzo ai campi andiamo
uomo e cane.

Luccicano le foglie come
se qualcuno
le avesse baciate
una ad una,
salgono dal suolo
tutte le arance
a collocare
piccoli planetari
in alberi rotondi
come la notte e verdi,
ed uomo e cane andiamo
fiutando il mondo, scuotendo il trifoglio,
nella terra del Cile,
fra le limpide dita di settembre.

Il cane si arresta,
corre dietro alle api,
salta l’acqua inquieta,
ascolta lontanissimi
latrati,
orina su una pietra
e porta la punta del suo muso
a me, come un regalo.
Tenera dolcezza
per palesare affetto.
E fu a quel punto che mi chiese,
con gli occhi,
perché ora è giorno,
perché verrà la notte,
perché la primavera
non portò nel suo cesto
nulla
per cani vagabondi,
ma inutili fiori,
fiori e ancora fiori.
Questo mi chiede
il cane
ed io non rispondo.

Andiamo,
uomo e cane, appaiati
dal mattino verde,
nell’eccitante vuota solitudine
in cui solo noi
esistiamo,
quest’unione di un cane rugiadoso
con il poeta del bosco,
perché non esistono uccelli nascosti
o segreti fiori,
ma trillo e profumo
per due compagni,
per due cacciatori compagni:
un mondo inumidito
dalle distillazioni della notte,
un tunnel verde e poi
una prateria,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che cammina,
respira, cresce,
e l’antica amicizia,
la gioia
d’esser cane e d’esser uomo
tramutata
in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe
ed una coda
con la rugiada.

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Tuttavia il Poeta dimostrò un grande amore e attenzione per molti animali che “entrarono” nelle sue poesie, fra questi, con molta ammirazione, il gatto.

Poesia sul gatto di Pablo Neruda: Ode al gatto

Se la perfezione è qualcosa che sembra impossibile per Neruda potrebbe esistere nel gatto.

Questo amato felino potrebbe anche essere una metafora delle donne, che agli occhi di un uomo sembrano sempre sapere già di cosa hanno bisogno.

Il Poeta sa che è impossibile conoscere davvero... un gatto.

Ode al gatto, Poesia sul gatto di Pablo Neruda
Ode al gatto, Poesia sul gatto di Pablo Neruda

Oda al gato

Los animales fueron
imperfectos,
largos de cola, tristes
de cabeza.
Poco a poco se fueron
componiendo,
haciéndose paisaje,
adquiriendo lunares, gracia, vuelo.
El gato,
sólo el gato
apareció completo
y orgulloso:
nació completamente terminado,
camina solo y sabe lo que quiere.

El hombre quiere ser pescado y pájaro,
la serpiente quisiera tener alas,
el perro es un león desorientado,
el ingeniero quiere ser poeta,
la mosca estudia para golondrina,
el poeta trata de imitar la mosca,
pero el gato
quiere ser sólo gato
y todo gato es gato
desde bigote a cola,
desde presentimiento a rata viva,
desde la noche hasta sus ojos de oro.

No hay unidad
como él,
no tienen
la luna ni la flor
tal contextura:
es una sola cosa
como el sol o el topacio,
y la elástica línea en su contorno
firme y sutil es como
la línea de la proa de una nave.
Sus ojos amarillos
dejaron una sola
ranura
para echar las monedas de la noche.

Oh pequeño
emperador sin orbe,
conquistador sin patria,
mínimo tigre de salón, nupcial
sultán del cielo
de las tejas eróticas,
el viento del amor
en la intemperie
reclamas
cuando pasas
y posas
cuatro pies delicados
en el suelo,
oliendo,
desconfiando
de todo lo terrestre,
porque todo
es inmundo
para el inmaculado pie del gato.

Oh fiera independiente
de la casa, arrogante
vestigio de la noche,
perezoso, gimnástico
y ajeno,
profundísimo gato,
policía secreta
de las habitaciones,
insignia
de un
desaparecido terciopelo,
seguramente no hay
enigma
en tu manera,
tal vez no eres misterio,
todo el mundo te sabe y perteneces
al habitante menos misterioso,
tal vez todos lo creen,
todos se creen dueños,
propietarios, tíos
de gatos, compañeros,
colegas,
discípulos o amigos
de su gato.

Yo no.
Yo no suscribo.
Yo no conozco al gato.
Todo lo sé, la vida y su archipiélago,
el mar y la ciudad incalculable,
la botánica,
el gineceo con sus extravíos,
el por y el menos de la matemática,
los embudos volcánicos del mundo,
la cáscara irreal del cocodrilo,
la bondad ignorada del bombero,
el atavismo azul del sacerdote,
pero no puedo descifrar un gato.
Mi razón resbaló en su indiferencia,
sus ojos tienen números de oro.

Ode al gatto

Gli animali furono
imperfetti,
lunghi di coda, infelici
nella testa.
Piano piano riuscirono
a riordinarsi,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia, volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente finito,
cammina solo e sa quello che vuole.

L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia da rondine,
il poeta imita la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal percepire il topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea della sua forma,
immobile e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto
è immondo
per l’immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
pigro, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un
scomparso velluto,
probabilmente non c’è
enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all'abitante meno misterioso,
forse tutti lo credono,
si sentono proprietari,
parenti, affini
al gatto, compagni,
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
la mia ragione scivola sulla sua impassibilità ,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.

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Foto da Wikipedia e Ilovethedog, Pixabay.