La morte Rasputin e la dinastia Romanov raccontata da Piero Angela.

Ma chi era Grigori Rasputin ?

Nato nel 1869 Grigori Yefìmovich Rasputìn, fu assassinato a San Pietroburog nel dicembre del 1916, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre corrispondente al 30 dicembre del calendario gregoriano.

Video della morte Rasputin e la dinastia Romanov raccontata da Piero Angela

Rasputin era un mistico russo senza formazione alcuna e di origine contadina.
Abbandonati i tre figli e la moglie, si recò in un monastero per poi entrare a far parte della setta dei flagellanti.

Molte leggende circolavano su di lui già nella vita, ma soprattutto dopo la sua morte. Si diceva che il suo nome derivasse dalla parola rasputnyi (dissoluto) perché era un ubriacone, ladro e donnaiolo e appassionato di pratiche orgiastiche.

Conosciuto come il monaco folle per il suo sguardo intenso, la sua fama di guaritore attraverso l'ipnosi, fu una figura controversa, venerata da alcuni e odiato da altri.

Grazie al suo carisma, ebbe dei seguitori, donne la maggior parte che lo introdussero alla corte dello Zar.

Alessio Nikolaevich Romanov, figlio dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, soffriva di emofilia e il santone Rasputin chiamato a corte, riuscì a fermarla.

Questo evento segnò l’inizio della sua influenza alla corte dei Romanov poco prima dello scoppio della Rivoluzione Russa, guadagnandosi però anche poderosi nemici.

La morte di Rasputin

Uno di questi, fu il primo ministro Trépov, consapevole della situazione critica della monarchia, prima gli offrì 200.000 rubli per tornare in Siberia e poi tentò di assassinarlo senza successo.

All'alba del 30 dicembre 1916, Yusupov chiamò Rasputin nel palazzo e gli servì del vino e alcune torte avvelenate con cianuro.

Vedendo che non cadeva, gli sparò con la sua pistola Browning convinto di averlo ucciso.

Quando tornò per liberarsi del corpo, ebbe una sgradita sorpresa, Rasputin era ancora vivo.

Sparò altri due colpi: ma non era ancora morto!

Il principe ed i suoi scagnozzi allora cominciarono a picchiare il monaco morente e, alla fine, dovettero gettarlo nel fiume Neva per annegarlo.

E al quinto tentativo riuscirono nel loro intento.

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