La malinconia della Fin du siècle

Gli ultimi anni del XIX secolo furono caratterizzati dalla corrente artisticoletteraria del Decadentismo.

La poesia di Verlaine, Rimbaud,Mallarmée e i grandi romanzi di Proust in Francia, il genio di Oscar Wilde nella letteratura anglosassone, i contorni sfumati dell'Impressionismo nelle arti figurative. Tutto ciò testimoniava l'offuscarsi dei valori tradizionali e la ricerca di un qualcosain grado di sostituirli; la bellezza, il concetto di "arte per arte", apparve allora l'unica risposta, insieme all'affermazione di un'etica individualistica che esaltava l'uomo eccezionale, che sapesse elevarsi al di sopra del grigiore delle masse.

Ecco l'Übermenschdi Nietzsche,
l'Immoralistadi Gide, il fascino perverso di Dorian Gray.

"Viviamo in un'epoca dove le cose superflue sono le nostre uniche necessità",
dichiara Wilde nel suo celeberrimo romanzo, come testimonianza di un rovesciamento delle prospettive senza precedenti.

Tuttavia il senso della caduta, della perdita emerse in numerose occasioni, soprattutto in determinati contesti culturali; primo fra tutti quello austriaco, dove il tema del Mito asburgico, sviscerato in modo eccellente dai saggi di Claudio Magris, diventerà ancor più significativo alla luce della dissoluzione dell'Impero, travolto dalla sconfitta subìta al termine della Prima guerra mondiale.

Balza in primo piano un mondo crepuscolare, che ha sullo sfondo la figura di Francesco Giuseppe, l'ultimo Imperatore di una dinastia plurisecolare, insieme alle rappresentazioni al Burgtheater in una Vienna le cui vie erano "lastricate di cultura", ma che stava perdendo il ruolo di capitale di una delle massime potenze europee:

"Il rimpianto di un mondo saldo e sicuro, ancorato a vecchi e fermi valori, si confondeva nella rievocazione con la nostalgia dei ricordi d'infanzia, dei profumi e dei colori mediante i quali quell'atmosfera s'era affidata indelebilmente alla memoria" (Claudio Magris- Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna);

tale è il contesto in cui si inquadrano le poetiche di Autori come Stefan Zweig, Joseph Roth, Robert Musil.

Una mesta conclusione per un periodo storico di lunga durata, in cui la caduta di valori plurisecolari apriva un senso di vuoto che venne però accolto con entusiasmo da un filosofo fuori dagli schemi, un Maestro del sospettonemico giurato di tutto ciò in cui si era sempre creduto:

Friedrich Nietzsche, il quale vide in ciò un'imperdibile occasione di rinnovamento, di una vera e propria palingenesi dell'umanità:
"Io vi insegno l'oltreuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosaal di sopra di sé e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è per l'uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l'uomo per l' oltreuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna" (Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra).

Altri percepivano al contrario uno smarrimento che le novità tecnologiche delle Grandi Esposizioni, i colori accesi dello stile Liberty e i vestiti eleganti delle dame borghesi della Belle Epoque non riuscivano a mascherare.

Talvolta capita che una persona si senta triste senza saperneil motivo:

l'Europa malinconica avvertiva di essere sull'orlo del baratro della "Grande Guerra", che la stravolgerà in modo profondo, scuotendola alle fondamenta.

 

Prevalsero gli aspetti più violenti ed aggressivi della filosofia, ma la palingenesi non ci fu: il risultato fu un mondo del tutto instabile, che si avviava verso una tragedia ancor più grande.
La malinconia, quando si insinua nel pensiero di un'epoca, ha sempre le proprie ragioni, che la ragione non conosce.