Il Libro dei Morti dell'Antico Egitto.
Il Libro dei Morti degli Egizi ha da sempre ricoperto un ruolo importante nella storia dell'Egittologia e goduto di una luce di mistero e fascino fra tutti quelli che ne hanno sentito parlare.
Il Libro dei Morti degli Egizi, fra storia e leggenda.
Il termine "libro" è però inesatto quando si parla di questa particolare raccolta di papiri.
Il raccogliere in un unico testo e il suddividere gli stessi papiri in capitoli per “argomenti” è un’operazione moderna e suggerisce un’organicità degli scritti che in realtà non esiste.
I papiri egizi, quando pure rinvenuti nella stessa necropoli, potevano infatti trattare dei più disparati argomenti. Erano quasi sempre delle formule di differente origine, svincolate tra loro e senza alcun ordine di successione.
“Libro del Morto” o Kitab el-Mayytun era il nome che i violatori diedero in arabo a qualsiasi rotolo di papiro trovassero nelle necropoli faraoniche, ma il titolo più appropriato dovrebbe essere “Libro per uscire al giorno”. L’impiego delle formule contenute nei papiri darebbe, infatti, la possibilità allo spirito del defunto di uscire durante il giorno dal sepolcro.
Per molti esperti egittologi uscire al giorno significa “penetrare nella luce immortale” e quindi il formulario rappresenterebbe un modo per agevolare il passaggio dalla vita alla morte.
Il Libro dei Morti però non costituisce, come generalmente si crede, il "Libro sacro" degli antichi Egiziani, non lo si può paragonare ai Veda o alla Bibbia ad esempio. L'unico aspetto che li accomuna è dato dall’ispirazione divina che l’avrebbe generato.
Questa raccolta di papiri non può neppure considerarsi un "rituale funerario", come lo intendiamo oggi e come credevano anche alcuni studiosi in passato.
Sono rari i passaggi rituali forse potrebbe essere paragonato al Bardo Thodol tibetano nella funzione di lettura che ne fa il sacerdote a favore del defunto.
È a Autohoth, una divinità simbolo del sapere, che la tradizione sacra dell'antico Egitto attribuisce la compilazione e l’ispirazione del testo.
Ma come considerare quindi il Libro dei morti?
Probabilmente la definizione più appropriata è una raccolta di formule mistiche o magiche, il confine in questo caso è sottile. È certo che il testo, per gli egizi, non aveva importanza solo per quello che vi era scritto.
Il rituale portava con sé il presupposto che dovesse essere letto a voce alta e pronunciato in modo preciso se si voleva produrre quei precisi effetti.
Il Kheri-Heb, o sacerdote-lettore con la "giusta voce", impersonando il defunto, le recitava il giorno del funerale seguendo tutta la processione funebre. Il testo era poi deposto a fianco del defunto nel sepolcro.
Nel Libro dei Morti si raccomanda che queste formule siano:
“pronunciate il giorno del funerale, giungendo alla tomba e prima di andar via".