Quelli dell'Hardboiled School: Ross Macdonald, il Balzac californiano

Nel 1949, a 34 anni, Ross Macdonald dà alle stampe Bersaglio mobile,

il primo di una lunga serie di romanzi incentrati sulla figura del detective Lew Archer.

Erano trascorsi venti anni precisi dalla comparsa de Il Falcone Maltese di Dashiell Hammett, con il duro e cinico Sam Spade, e dieci dalla nascita del più romantico ma disilluso Philip Marlowe, ad opera di Raymond Chandler.

 

Lo Stato americano dove operano i tre personaggi è la California, le città San Francisco per Spade, Los Angeles e dintorni per Marlowe e Archer.

Lo stile della scrittura di Macdonald si avvicina molto a quello di Chandler, con più stringatezza, ma senza arrivare all'imitazione vera e propria.

Il cognome del personaggio, Archer, è lo stesso di quello del socio di Spade assassinato nei primi capitoli del Falcone Maltese.

Nel 1966 Paul Newman porta sullo schermo l'investigatore di Macdonald in Detective Story, a cui fa seguito un secondo film tratto da Il vortice dieci anni dopo. Per uno strano vezzo dell'attore, convinto che le H gli portino fortuna, il protagonista si chiamerà Harper.

E questo non è il solo pasticcio con i nomi nella vita di Macdonald.

In realtà lo scrittore si chiamava Kenneth Millar, ma avendo sposato una scrittrice che cominciò a pubblicare prima di lui con lo stesso cognome, lo cambiò dapprima in John Ross Macdonald (dopo i primi quattro romanzi con altri protagonisti), riducendolo poi in Ross Macdonald per un secondo caso di omonimia con un altro autore.

"Ho letto Bersaglio mobile di John Ross Macdonald" scrive in modo acido Raymond Chandler

" e ne sono rimasto impressionato in maniera molto particolare.

In effetti potrebbe servirmi da spunto per un discorso su come non scrivere in maniera sofisticata... Ciò che mi colpisce in questo libro (e credo che non ne parlerei se non fossi convinto di un certo valore del suo autore) è innanzitutto l'impressione di una certa ripugnanza che esso ispira. Non ho appigli particolari, c'è solo un tale che cerca pubblico per il romanzo poliziesco nella sua primitiva violenza, ma vuole anche che sia chiaro che, come individuo, è un letterato raffinato".

E poi continua con delle critiche più dettagliate sullo stile del libro.

Tra le righe, tenendo conto di quanto fosse guardingo e astioso Raymond Chandler nei confronti di chiunque altro scrivesse, si può dedurre il suo timore che il nuovo autore si trasformasse in un degno rivale.

Ross Macdonald

In fondo, quello che stilisticamente gli rimproverava era proprio il tipo di scrittura alla Raymond Chandler.

"Le descrizioni sono ben riuscite" prosegue "c'è molta esperienza dietro questa maniera di scrivere, e non mi meraviglierei se scoprissi che il suo è in realtà uno pseudonimo di uno scrittore di un certo rilievo in altro campo".

In seguito, Anthony Boucher, scrittore anch'egli di polizieschi nonchè critico letterario del New York Times, scrisse:

"Senza smentire la mia ammirazione per Dashiell Hammett e Raymond Chandler, ma senza nemmeno temere di essere accusato di eresia, affermo che Ross Macdonald li batte entrambi.

Qualche altro critico ha parlato di un Balzac americano, tenuto conto della debita distanza, a proposito dell'aspetto sociologico dell'opera di Macdonald.

Più sobriamente, lo stesso Ross Macdonald dirà, nel corso di un'intervista:

"Hammett ha inventato il giallo "duro" e Chandler lo ha sviluppato. La specialità di Hammett era la forza e la semplicità combinate con realismo che ai suoi tempi non aveva precedenti; Chandler ha portato alla narrativa poliziesca eleganza e una forza narrativa originalissima. Entrambi, secondo me, avevano la tendenza a dar troppo peso alla figura centrale dell'investigatore.

Il mio detective (Archer) è sempre presente, ma "sommerso" nel romanzo".

E ancora:

"Tendo a servirmi della formula poliziesca per scrivere della vita americana, perchè è una formula che mi stimola e le sue possibilità non sono ancora state pienamente sfruttate nè da Hammett, nè da Chandler, nè da me. Boucher non si è sbagliato giudicando che, sotto certi aspetti, io abbia superato gli altri due. Dopo tutto, sono nato una generazione dopo e mi giovo della loro esperienza.

Ho tentato di dare alla detective story una serietà e una complessità di stile e di trama che in passato non aveva".

Il mio parere al proposito, avendo letto e studiato a fondo tutti i libri di questi autori, è simile a quello di Macdonald. P

arlando della sua opera, si tratta senza dubbio del terzo pilastro dell'Hardboiled School, ma ognuno di questi scrittori è originale e insostituibile, tutti complementari, nella storia della letteratura gialla.

Se un appunto si può fare a Macdonald, si tratta del fatto che con gli anni Archer risulta talmente immerso nelle storie, facendosi da parte all'entrata di ogni nuovo personaggio, che appare fin troppo comprensivo e perde un poco del mordente originale.

I titoli della serie che vanno senz'altro citati tra i migliori sono (dopo Bersaglio mobile),

Il vortice (1950), Il ghigno d'avorio (1952), A un passo dalla "sedia" (1959), Il delitto non invecchia (1964) e Lew Archer e il brivido blu (1976).

Il cinema recentemente sembra essersi ricordato dello scrittore, e in un prossimo futuro la Warner Bros realizzerà un film tratto da Denaro nero (1965), con Joel e Ethan Coen nella veste di sceneggiatori e probabilmente anche in quella di registi.

Una nota dolente della biografia di Macdonald (ma chiamiamolo Kenneth Millar per l'occasione) è quello della malattia che lo colpì negli ultimi anni della sua vita, il morbo di Alzheimer.

La moglie Margaret in un'intervista racconta con tristezza:

"C'è stato un momento che non dimenticherò mai. Stavo diperatamente lottando per tentare di fargli mettere un paio di scarpe... a Ken piacevano molto le scarpe.

Beh, lui è andato nello stanzino e si è messo ad annodare i lacci delle scarpe l'uno con l'altro.

Aveva capito male. Pensava che gli avessi detto di annodare tutte le scarpe insieme...".

Per concludere con una battuta alla Hardboiled:

"neanche chi usa il cervello in maniera raffinata per tutta la vita può dirsi al sicuro..."

 

(disegno nell'immagine di Giuliano Fontanella)