Il capitolo Il Barone da “Una bestiale Commedia”, una strana pena infernale

Ciò che colpisce del fantasy “Una bestiale Commedia” di Alessandro Barocchi, al di là della splendida copertina è l’ironia irriverente della storia.


Protagonista di quest’avventura fuori dall’ordinario è il Signor Curioso che nel mezzo di una scala diroccata di un castello si ritrova in una stanza oscura.

Questo passaggio rivisitato da Alessandro Barocchi sicuramente vi ricorderà una delle frasi più celebri della letteratura italiana. E subito vi farà capire che ci troviamo dinanzi a un libro che prende spunto dalla “Divina Commedia” di Dante Alighieri, ma che lo fa con sarcasmo interessante.

Alessandro Barocchi, copertina Una Bestiale CommediaIn questo luogo oscuro il Signor Curioso farà un incontro inatteso con Dante Alighieri, che diventerà la sua guida per mostrargli i segreti dell’Inferno.

Dante sostituisce Virgilio nel tour gratuito dell’Inferno, il Principale ha messo a lavorare tutti al suo progetto per far redimere i peccatori; anche lì c’è crisi e tutti devono rimboccarsi le maniche per dare il loro contributo.

Il Creatore mostra agli uomini le sofferenze a cui sono sottoposti i peccatori in quel luogo, provando così a convincerli a redimersi.

Anche il Diavolo ha un ruolo differente da quello che il lettore si aspetterebbe, poiché Lucifero è pieno di lavoro da fare: deve aggiornare le pene in base ai sempre nuovi peccati che gli uomini inventano e commettono.
Quest’assurdo viaggio intrapreso dal protagonista del libro “Una bestiale Commedia” metterà il Signor Curioso dinanzi a una realtà insospettabile, che non solo lo porterà a combattere contro l’Oscurità per ritornare al piano superiore, ma gli darà una nuova prospettiva e un’inedita sorpresa.

Questo di Alessandro Barocchi è un libro simpatico, divertente e ironico, ma anche riflessivo e intelligente, che ci racconta una storia, in modo alternativo, che tutti noi conosciamo.

Motivazioni Premio della critica al Golden Books di Napoli del 2016

 

Da “Una bestiale Commedia” di Alessandro Barocchi, in esclusiva, il capitolo 8 Il Barone

Continuando la nostra strada passiamo accanto a una grande struttura costruita in roccia, dall’aspetto di un piccolo castello, con porte e finestre. Ha l’aria di una sontuosa abitazione.
– Questa è una casa abitata da strani peccatori.
Guardo il Maestro in attesa di una spiegazione.
– Sono anime che si sono macchiate di un odioso peccato, e la pena che il Diavolo ha inventato, le assicuro che non è da meno delle altre; ma stia tranquillo, non c’è violenza, almeno corporale… entriamo, credo che sarà interessante per lei.
Così dicendo varchiamo la soglia, ritrovandoci in una grande sala arredata con molta cura, direi quasi lussuosa, dove le anime di uomini e di donne, in egual numero, vagano con aria depressa e abbattuta. Sono ben vestiti e da quello che vedo non sembrano affatto trascurati.
Io, con i miei abiti sporchi e sciatti, mi sento un po’ a disagio… sono tanti, alcuni parlano tra loro ma non esprimono nessuna emozione. Non vedo sorrisi, ma nemmeno rabbia, né agitazione o dolore… solo una calma piatta che li avvolge. Una strana sensazione… mi avvicino a uno che mi guarda ma si allontana, allora mi volto verso l’anima di una donna dall’aria molto elegante, che però sfugge via anche lei. Più in là, al lato del salone, ci sono due grandi poltrone in velluto blu bordate di legno ricoperto in oro. Una di esse è occupata, l’altra no. Mi siedo accanto a questo dannato che ha tutta l’aria di dormire, anche se i suoi occhi non sono completamente chiusi. È l’anima di un uomo un po’ in là con gli anni, ma ben curato.
Facendo appena rumore cerco di attirare la sua attenzione, senza però essere troppo invadente. Lui sembra svegliarsi, o meglio uscire da una sorta di ipnotismo, e girando lo sguardo verso di me ha un’espressione di grande sorpresa… è la prima vera emozione che vedo da quando sono entrato in questa casa.
– Mi scusi, non volevo disturbarla, parla la mia lingua?
– Sì, la capisco, ma lei chi è? Una nuova anima? Non mi sembra di averla mai vista, eppure noi ci conosciamo tutti.
– No, sono il signor Curioso, un pellegrino portato fin qui da una guida, ed è la prima volta che parlo con un’anima.
– Ah, un pellegrino… ne passano tanti. Cosa l’ha spinta a entrare?
– Ricorda il mio nome? Curioso…
– Piacere di conoscerla signor Curioso, io sono, o meglio ero, in vita, un nobile, un barone.
– Il piacere è mio, barone, anche se piacere forse non è la parola giusta visto il luogo in cui ci troviamo.
– Ha ragione, qui di piacere non ce n’è neanche l’ombra, in compenso la sofferenza non ci abbandona mai, nemmeno per un attimo.
– Devo dirle che non sono riuscito a scoprire la ragione di questo dolore. Rispetto a tutte le anime dannate viste finora voi sembrate godere di una posizione privilegiata.
– Sembrate è la parola giusta, perché in realtà la nostra pena supera di molto quella degli altri. Le garantisco che prenderei il posto di qualsiasi dannato pur di sfuggire a questo terribile destino.
– Che peccato avete commesso e cosa vi è stato inflitto?
– Il peccato più grave che un essere umano possa commettere: il ripudio dell’amore, di quel dono che avvicina l’uomo al creato, il motore della nostra esistenza. Caro signore, noi nasciamo da un atto d’amore, e tutte le grandi azioni che si compiono sulla Terra sono dettate dall’amore in tutte le sue più complesse espressioni: l’amore degli uomini verso gli animali, l’amore per gli ideali, l’amore per chi ci ha creato e non ultimo l’amore per noi stessi. Non si può immaginare un mondo popolato da esseri che non amano. Non esisterebbe la ragione di vivere. Non a tutti però è stato offerto un simile privilegio e, per contro, anche il suo peso. Alcuni, molti direi, non hanno mai posseduto quel seme che scava le sue radici profonde. In parte fortunati, perché nati senza la possibilità di commettere il nostro peccato. Alessandro Barocchi Una Bestiale Commedia immagine 2Ognuno di noi invece, abitanti di questo triste luogo, ha avuto la fortuna di viverlo, ma anche purtroppo la debolezza di tradirlo, fino a farlo sparire: soldi, posizione sociale, rabbia, egoismo, orgoglio, odio, invidia, noia, lussuria, ambizione, sono queste le ragioni che ci hanno spinto a commettere una tremenda crudeltà verso noi stessi. In vita avevo tutto, tutto quello che un uomo può desiderare, ma per averlo, ho sacrificato l’unico mezzo per goderne: un cuore che ama.
– Che cosa o chi ha perduto quando era in vita?
– Sulla Terra fui amato da una fantastica donna. Si chiamava Elena e aveva occhi e cuore solo per me e io me ne innamorai di conseguenza. A quell’epoca ero giovane e senza soldi, i miei genitori non soltanto non avevano mezzi per consentire di costruirmi una carriera, ma neanche semplicemente per sostenermi. Lei invece era molto ricca, figlia unica di una famiglia ben considerata nell’alta borghesia locale e i suoi, ovviamente, erano contrari alla nostra relazione. Ma Elena, pur di starmi vicino, decise di allontanarli, sacrificando ogni privilegio e combattendo contro ogni pregiudizio. Una decisione non facile, ma che prese col coraggio e l’incoscienza di chi ha un cuore innamorato. Così i contatti con loro si interruppero definitivamente, e noi andammo avanti con la nostra relazione. Dopo poco tempo ci sposammo con un matrimonio semplice e con pochissimi invitati. Nei difficili anni di ristrettezze economiche che seguirono, Elena non diede mai l’impressione di rimpiangere quello che aveva perduto, se non l’affetto per la sua famiglia che, ovviamente, le mancava, e rimase comunque sempre al mio fianco senza mai esitare, regalandomi i suoi giorni pieni di amore e di sorrisi. Io trovai un impiego umile e di poche prospettive che ci permetteva di vivere, o meglio sopravvivere, e ben presto capii che il nostro futuro sarebbe stato povero e privo di speranza. Cominciai così a incolparla per questo, ritenendo che il suo allontanarsi dalla famiglia, troppo drastico e inopportuno, ci avesse privato di un aiuto economico e di una spinta per la mia carriera. In gioventù siamo frequentemente portati a concentrare la nostra attenzione su ciò che non abbiamo, trascurando inevitabilmente quello che ci circonda. Così il nostro quotidiano passava con me infelice e frustrato, e con lei che teneramente, in qualche modo, cercava di distrarmi attraverso il suo amore. Un giorno poi mi capitò di conoscere per puro caso un’altra donna, una baronessa, Giulia, più grande di me ma ancora bella, ricca e ben introdotta nel mondo che conta. Intuii subito che le piacevo e lei capì presto le mie forti ambizioni, facendomi intendere che era disposta ad aiutarmi. All’inizio la rifiutai, perché amavo Elena e l’idea di farle del male mi terrorizzava, ma col tempo e con la sua insistenza alla fine cedetti e cominciai a frequentarla. Per Giulia non nutrivo sentimenti veri e propri, solo una semplice attrazione fisica, ma con lei conobbi la bella vita, le feste, il lusso e mi convinsi così di poter arrivare dove avevo sempre voluto. Lei solleticava il mio ego e mi provocava, prendendo in giro la vita da povero impiegato che facevo, rimproverandomi per come stessi sprecando i miei anni migliori. Col tempo la situazione divenne ingestibile. Elena notò il mio cambiamento, e il ritornare da lei diventava sempre più traumatico: le domande, i sospetti e quella vita che a paragone dell’altra sembrava così misera. Cominciò col chiedermi di avere dei figli, quasi nel tentativo di scongiurare il mio allontanamento, mentre da parte sua Giulia mi incalzava pretendendo che la lasciassi. Alla fine fui costretto mio malgrado a prendere una decisione, e l’ambizione prevalse sul sentimento. Pensai dunque di divorziare da Elena e le comunicai così le mie intenzioni, spezzandole il cuore. Ricordo ancora quel disperato dolore nel suo sguardo… la sensazione della mia fine era tutta lì, dentro i suoi occhi pieni di lacrime, ma in quel momento io fui così sciocco da non capirlo.
Il barone sospira: – Dopo la nostra separazione lasciai il lavoro e mi risposai con Giulia. I primi anni furono a dir poco sfarzosi, eravamo sempre presenti a ogni evento mondano, diventando ben presto la coppia più chiacchierata e invidiata della città. Io raggiunsi tutti gli obiettivi di benessere e onorabilità che mi ero prefissato, conquistando un posto di rilievo nel mondo dell’alta società. Facemmo viaggi, comprammo proprietà che lei, innamorata com’era, intestò a mio nome senza pensarci due volte, conoscemmo principi, conti, marchesi, tutti attratti dallo spirito di Giulia e dalla mia voglia di vivere… poi però il nostro rapporto mutò, mostrando a poco a poco i suoi limiti. I giorni cominciarono a riempirsi di liti e incomprensioni… io non riuscivo ad amarla e lei, frustrata dal mio comportamento, iniziò a scatenare su di me una gelosia sfrenata. L’amarezza la rese cattiva e ogni occasione era buona per rinfacciarmi l’aiuto che mi aveva dato, arrivando a odiarmi e perfino a minacciarmi. La situazione ben presto degenerò diventando insostenibile, così fui costretto a lasciarla, con tutte le conseguenze che ne derivarono… il suo odio, le rappresaglie e il temibile risentimento di una donna rifiutata perché non amata. Cercò di rendermi la vita impossibile facendomi sentire un pezzente che aveva salvato da un’esistenza piena di miserie e fallimenti. Il divorzio comunque mi lasciò ricco e con un titolo nobiliare, anche se inviso ormai dalla bella società da cui Giulia proveniva. Così cominciò per me un periodo oscuro, dove passavo di rapporto in rapporto, nel tentativo di cancellare dalla mente e dal cuore il vuoto che sentivo, ma senza riuscirvi. Provai tutto… alcol, droghe, gioco, tanto da ridurmi l’ombra di me stesso. Niente riusciva a placarmi, anzi sembrava che il vivere diventasse sempre più doloroso. Alla fine capii che l’ultima speranza era tentare di riavvicinare Elena, l’unico essere che era riuscito a riempire d’amore la mia vita, scaldandola col suo sentimento. Elena, la cui presenza nella mia mente e nel mio cuore era stata una costante in tutti quegli anni, a dispetto dei miei vani tentativi di cancellarne il ricordo. Così provai a rintracciarla. Era passato molto tempo e non fu facile, ma alla fine ci riuscii. Le scrissi una lettera chiedendole di rivederla e lei incredibilmente rispose, accettando la mia proposta. Il giorno che fissammo per rincontrarci, il cuore mi batteva come ai nostri primi appuntamenti. Mi vestii con i migliori abiti, cercai in qualche modo di mascherare gli anni passati, per paura di non essere riconosciuto o di dare una brutta immagine di me… il percorso che feci per arrivare al luogo del nostro incontro mi riportò indietro, tanto da riassaporare tutte quelle sensazioni che accompagnavano i nostri momenti. Mi sentii felice, come lo ero stato con lei accanto, senza al tempo rendermene conto, mentre la speranza ridiede luce al buio dei miei giorni.
Il barone ora sembra animarsi e nei suoi occhi brilla una luce intensa: – Quando ci vedemmo, ci riconoscemmo immediatamente e i nostri sguardi indugiarono molto l’uno nell’altro, tra domande, incredulità, curiosità ed emozione. Le prime parole d’imbarazzo passarono veloci e io mi accorsi subito di amarla ancora, come se il tempo si fosse fermato. Ci sedemmo in un caffè e cominciammo a parlare di noi. Si era risposata, aveva avuto dei figli, ma anche per lei la vita non era riuscita a riempirsi come avrebbe voluto. Il nuovo matrimonio non le portò la felicità che sperava, e dopo un’altra separazione, mi confidò di aver passato molti anni in solitudine, una solitudine attenuata in parte dalla presenza dei figli. Aveva riavvicinato a fatica i suoi genitori, riuscendo almeno a essere presente negli ultimi anni della loro vita. Il dolore del suo allontanamento li aveva colpiti profondamente, al punto di trascurare le proprie esistenze, riducendosi fino quasi alla povertà. Da poco viveva con un uomo a suo dire molto innamorato, che era riuscito a convincerla a spendere il suo tempo con lui e sul quale riponeva le timorose speranze di una vita serena. Capii così che il mio rifiuto all’epoca aveva compromesso anche il suo futuro. Poi chiese di me, dicendo che mi trovava in ottima forma e di come fosse stata sorpresa nel ricevere la mia lettera. In tutti quegli anni mi aveva spesso pensato, immaginandomi felice e con una numerosa famiglia intorno, un pensiero che riusciva a rincuorarla. Io le confessai invece la mia verità e così finimmo con lo stringerci le mani con le lacrime agli occhi. Allora presi coraggio e le dissi che averla lasciata era stato l’errore più grande e che nel momento stesso in cui l’avevo rivista, a dispetto del tempo passato, ne avevo avuto l’immediata conferma. Quindi cominciai a implorarla di tornare insieme per ritrovare quello che avevamo perduto, per sconfiggere il vuoto di quegli anni e per restituirci un po’ di felicità. Le dissi che ero un uomo ricco e che avrei con gioia potuto badare a lei e ai suoi figli, promettendole un futuro sicuro e agiato. Lei mi guardò, e bastò quello per farmi capire che il mio era solo un goffo tentativo di controllare il destino. Nei suoi occhi non c’era né ostilità né rancore, anzi ebbi addirittura l’impressione che lei volesse sforzarsi di credere allo scenario che le prospettavo; ma a dispetto di tutto la magia non c’era più, la verità di quei momenti era morta, morta col mio abbandono. Quella luce che risplendeva quando eravamo insieme si era spenta e il nostro ritrovarci lo confermava impietosamente. Ma non mi diedi per vinto e cercai più volte di riconquistarla, di riaccendere i suoi occhi, di far rifiorire la speranza, senza però mai riuscirci. Col tempo capii che quel vuoto incolmabile che ci separava era dovuto soprattutto al torto di una vita non vissuta insieme: i figli che non avevamo avuto, le gioie e i dolori che non avevamo condiviso, gli anni passati altrove, facendo così uno sgarbo al destino che ora si vendicava, mostrandomi la cruda realtà di un tempo ormai irrecuperabile. Lei fu gentile e nelle varie volte in cui ci rivedemmo cercò teneramente di consolarmi, come si fa con un bambino che piange per un giocattolo perduto, accompagnandomi con pazienza sulla strada che mi riportava al mio mondo, permettendole così di ritornare al suo. Piano piano, inevitabilmente ci perdemmo di vista, un’altra volta… e non ci vedemmo mai più. Da quel momento la mia vita continuò senza colore, a luci spente, piena di rimpianti, ripensando spesso e ossessivamente al passato. Quando la vecchiaia sopraggiunge si vive molto di ricordi, forse perché il tempo che ci resta è poco e ben più povero di possibilità di quello vissuto, e se il passato è stato infelice, facilmente lo saranno gli ultimi anni che verranno. Così fu per me, fino al giorno della mia morte, solo…
Sul viso del barone cominciano a scendere le lacrime, bagnando le rughe di quell’anima afflitta. Le sue parole sono uscite come l’acqua di un fiume in piena, forse nell’inconscio tentativo di alleggerire un peso che non gli dà tregua, ottenendo invece l’effetto contrario di risvegliare emozioni da cui tutti qui si difendono con l’apatia, la noia e l’abbandono.
– Mi ascolti, caro signore, se lei possiede questo bene prezioso, non lasci mai che niente o nessuno possa portarglielo via, o sarà il peggiore degli errori, che la condurrà inevitabilmente a un’eterna e profonda infelicità. Noi qui ci aggiriamo tra queste mura, dove Satana ci ha fornito di ogni lusso, negandoci però perfidamente la risposta alla domanda che ci poniamo da sempre: com’è stato possibile? E il rimpianto è la nostra eterna condanna.
Il suo sguardo ora è tetro e depresso, rivelando una cruda disperazione.
Dopo pochissimo sembra ricadere in quello stato di stordimento che aveva al mio arrivo e io mi alzo lentamente per non risvegliarlo, allontanandomi con le sue parole ancora nella mente.
Dante si avvicina: – Spero abbia soddisfatto la sua curiosità…
– Sì, anche se c’è qualcosa che mi sfugge…
– Amor, ch’a nullo amato amar perdona, ricorda? Queste anime in vita hanno avuto l’immenso privilegio di essere amate e di conseguenza usufruire della benefica contaminazione. Ma purtroppo, per loro colpa hanno conosciuto anche l’opposto: l’amore che soffochi dentro di te spegne inevitabilmente quello dell’amato… d’altronde è il sentimento nobile per eccellenza e bisogna avere un’anima nobile per meritarlo.
– Maestro, andiamo via da qui, ho i brividi…
Usciamo dalla casa e la pietà per queste anime mi appesantisce il cuore.