Sarah Parcak, professione genitore e archeologa

Sarah Parcak, vincitrice del TED Prize 2016, ha imparato molto su come essere una buona madre, grazie alla sua professione di archeologa. Inoltre, il fatto di essere diventata genitrice, le ha sicuramente conferito una maggior capacità di comprensione dell’importanza del suo operato.

L’archeologa sostiene che la genitorialità è forse l’esperienza più ambigua a cui si possa andare incontro:

In un dato momento durante il travaglio, ci rendiamo conto che la percezione di noi stessi come esseri umani cambia radicalmente; d’ora in poi diventerò madre. Si ha una profonda sensazione di miglioramento e di perdita al tempo stesso. Una nuova elaborazione, meravigliosa e rattristante. Adesso mi definisco anche madre di un bimbo di quattro anni. Tuttavia, la maternità ha anche mutato completamente la percezione del mio lavoro.

I conflitti genitoriali sono indubbiamente universali.

L’archeologia”, continua “ è l’unica scienza che ci permette di capire che il genere umano, nell’arco di oltre 100.000 anni, sostanzialmente non è cambiato. Quando mi occupo di scavi o studio le culture antiche, mi chiedo spesso quali fossero le loro dinamiche familiari e i conflitti generazionali. È vero che ci sono enormi differenze culturali tra noi, ma l’età dei capricci, intorno ai due anni di vita, era la stessa in qualunque epoca.

Nell’Antico Egitto, i genitori mettevano i loro bambini in castigo? Nessun testo esaminato allude a questa pratica, ma ho tradotto descrizioni di scolari che non stavano attenti a lezione e dal comportamento riprovevole. Benvenuti a scuola, bambini, questa è la normale reazione alla noia. Da sempre, tutti i genitori hanno a che fare con capricci e bisognini. L’unica vantaggio che ora ci differenzia, è che abbiamo inventato i pannolini usa e getta.”

Non esiste il modo “corretto” di essere genitori.
Sara Parcak è scettica verso tutte quelle teorie su come si debba comportare un bravo genitore, soprattutto nei paesi sviluppati. Per questo motivo, non legge mai tutti quegli articoli on line sulla genitorialità, spesso ridicoli e in tono accusatorio:

I rilevamenti fatti presso le antiche tombe egizie, non rivelano pratiche o usanze su come si allevavano i figli. Il nostro concetto di infanzia, ovvero l’idea che non si diventi adulti fino ai 18-20 anni, e che prima bisogna solo giocare e correre qua e là, è in realtà un’invenzione post-vittoriana. Tale nozione era sconosciuta alle antiche culture. Nell’Antico Egitto, ad esempio, i bambini erano in pratica considerati piccoli adulti. Le bambine dovevano imparare a lavorare al telaio, sbrigare le faccende di casa, badare ai fratellini e alle sorelline. I bambini dovevano lavorare nei campi, aiutare il padre o fare da scrivani. Ai genitori di oggi, ricordare questo, può aiutarli a vedere le cose in relazione ai vari periodi storici.

La saggezza delle comunità

Lo studio delle culture antiche ci fa capire quanto strano e astorico sia il nostro attuale approccio alla genitorialità.

Se sei una madre che lavora negli Stati Uniti, ad esempio, e non hai la fortuna di vivere vicino ai tuoi genitori o di avere un partner a casa, affidi tuo figlio ad un asilo o assumi una baby sitter. Ma per migliaia di anni non è così che abbiamo agito. La cura dei bambini era un’attività collettiva svolta da genitori, fratelli, sorelle, altri membri della famiglia estesa o anche semplicemente appartenenti alla stessa comunità”,

Nell'intervista sul rapporto genitori e figli nella storia l’archeologa Sara Parcak ripercore alcuni comportamenti. 

Il gioco era una parte importante della loro vita. Giocavano con le biglie, con le trottole, sempre giochi di abilità e forza che li mantenevano in buona salute. Anche il lavoro era introdotto in forma di gioco in modo che i bambini lo prendessero più come un divertimento piuttosto che un dovere.

"In Egitto, è ancora oggi gestita in gran parte così. L’intero gruppo familiare, e spesso l’intero paese, si occupa della cura dei piccoli."

Aggiunge la Parcak:

Durante le mie spedizioni, ho visto spesso adolescenti sorvegliare i piccoli per strada o cullare i neonati. Sarebbe scioccante vederlo fare negli Stati Uniti. È un modo diverso di allevare i bambini che a me sembra molto più sano. Certo non sto affermando che in Egitto tutto è perfetto. Ci sono ancora troppe donne che non hanno accesso né ad un’istruzione adeguata né ad una vita professionale. Per non parlare del fatto che spesso venivo rispettata solo perché avevo un figlio maschio, cosa con cui non concordo assolutamente ma che del resto ha plasmato la loro cultura. I bambini sono comunque circondati dall’amore di un intero paese! È così che si è fatto per millenni ed è questo l’approccio che vorrei che molti paesi sviluppati non avessero abbandonato.

La chiave di tutto è l’empatia.

Nell'esaminare la storia dobbiamo tener presente alcuni aspetti. Fino all’età di cinque anni, nell’Antico Egitto, i bambini non avevano alcuna responsabilità. Dovevano solo imparare a camminare, parlare e giocare. Erano cresciuti con cura e amore ma a causa delle malattie e degli animali predatori, un terzo di loro non raggiungeva nemmeno il primo anno di vita e una metà di quelli che sopravvivevano, non raggiungeva il quinto.

Dice ancora la Parcak:

Come archeologa e madre, mi sento più che mai in empatia con le popolazioni dell’antichità. Nell’antichità il tasso di mortalità perinatale ed infantile era altissimo. Prima di partorire mio figlio, non l’avevo mai considerato più di un dato di fatto. Ora ne capisco il significato. Poco dopo aver dato alla luce mio figlio, mi recai ad una mostra dove venivano esposte foto delle aree di sepoltura dei bambini. Non riuscivo nemmeno a guardarle. Da allora, se durante gli scavi nascono ossa infantili, mi chiedo sempre come sia successo, come si sono sentiti i genitori, e provo un vero e proprio dolore fisico! Chi non ha figli può sentirsi perfettamente in empatia, ma essere genitrice ha contribuito a donarmi ciò che più ci rende umani: la capacità di immedesimarsi negli altri.

Tutti abbiamo il nostro ruolo nella storia dell’umanità.

In un mondo così iperattivo e incentrato su se stesso, credo che nessuno si senta davvero connesso con il passato. Conosciamo la storia ma non comprendiamo appieno quanto questa faccia parte di noi.

Spesso viviamo lontano dalle nostre famiglie e perdiamo i ricordi quotidiani di quel lontano vissuto che ha formato la nostra personalità, al contrario di quelle culture in cui tre o quattro generazioni continuano a vivere sotto lo stesso tetto.

Aggiunge la scienziata: “Questo lavoro e il mio ruolo di madre mi hanno reso consapevole che faccio parte del continuum della vita. Mi auguro che, crescere con due genitori archeologi, dia a mio figlio quell’umiltà che viene dalla consapevolezza degli incredibili meriti conseguiti dalle culture passate. Spero che impari le lezioni che ci hanno dato e, se mai avrà il potere di prendere decisioni sulla collettività, apra almeno un libro di storia e riesca a vedere le cose nella giusta prospettiva. Spero che capisca che il genere umano, nel passato, presente e futuro, sarà sempre fonte di grande interesse. Tutti siamo parte di quella lunga e imprevedibile storia fatta delle nostre imprese e conquiste.
Mio figlio mi ha indicato il mio ruolo nel cammino dell’umanità; io sono il suo passato, lui è il mio futuro. Ora, più che mai, intendo preservare il nostro patrimonio culturale collettivo.”

Con il TED Prize, Sarah Parcak ha creato una piattaforma scientifica, dedicata all’archeologia, di nome GlobalXplorer.org, che promuove le iniziative di localizzazione e protezione dei luoghi antichi di valore storico. La DigitalGlobe ha fornito le immagini satellitari. La National Geographic Society ha contribuito con ampi contenuti e supporti per l’attività di esplorazione. Gli utenti contribuiranno con la loro capacità di discernimento analitico.

Penso che tutti cerchiamo la felicità accumulando, denaro, potere, distrazioni. Cerchiamo una via d’uscita ma non la troviamo, perché una felicità reale e durevole si trova solamente scoprendo chi siamo e chi sono stati i nostri avi.

Fonte tradotta da How archaeology has shaped me as a parent, traduzione e considerazioni di Emanuela Ciocchetti.

Video della conferenza, in cui Sarah Parcak racconta il suo progetto di una piattaforma mondiale per l'archeologia, un bellissimo sogno che sta già diventando realtà.

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