L'uomo qualunque, il capopopolo e il demagogo
Il 2 giugno 1946 si tengono le elezioni nazionali per l'Assemblea Costituente. Il Fronte dell'Uomo qualunque manda all'Assemblea costituente 30 deputati, diventando il quinto partito nazionale.
Nel giorno di apertura del congresso, il Partito Comunista Italiano critica fortemente la costituzione del nuovo partito, bollandolo come un tentativo di ricostituzione del disciolto Partito Nazionale Fascista.
« L'Uomo qualunque è un movimento che costituisce al tempo stesso una sopravvivenza e un'anticipazione del fascismo ... i suoi dirigenti ... sono tristi speculatori delle sventure d'Italia, torbidi giocolieri che tentano di riesumare il fascismo vestendolo da pagliaccio »
(Velio Spano, L'Unità, 16 febbraio 1946).
Sarà un caso se oggi uno dei maggiori partiti del nostro Paese è guidato da un comico? No, non è un caso.
È uno di quei corsi e ricorsi storici di vichiana memoria che, periodicamente, appaiono nella vita politica delle nazioni. E dico “partito” perché è tale nella realtà. Ognuno può decidere liberamente come definirsi: gruppo, movimento, federazione, partito. Ma come ti definisci non cambia la sostanza di quello che sei. E se siedi in parlamento, con il tuo nutrito gruppo di senatori e deputati di fatto sei un partito.
Sembrerebbe un problema di lana caprina ma invece è un problema importante. Quando partecipi alla vita pubblica nelle istituzioni è importante sapere a che titolo ne partecipi. Oggi viviamo il paradosso per il quale gruppi, movimenti, associazioni e quant’altro, sotto le più varie, fantasiose e spesso fasulle sigle, condizionano pesantemente il dibattito parlamentare sulle unioni civili, comportandosi, di fatto, come veri e propri partiti. E quelli che sarebbero, in teoria, gli unici a dover legiferare, i partiti presenti in Parlamento… studiano i più variegati e fantasiosi stratagemmi per sfuggire alle proprie responsabilità. Deprimente, vero?
Gugliemo Giannini, chi era costui? Per la serie corsi e ricorsi storici, Giannini non era un comico ma… era un commediografo. Non era così esplicito e pregnante da usare slogan tipo “vaffa…” ma era della stessa specie, e il motto della rivista e del movimento da lui fondati era:"non ci rompete più le scatole". E il “Movimento” da lui fondato? :“ Fronte dell’uomo qualunque”.
Da quel “Movimento” è nato il termine, oggi abbondantemente usato, “Qualunquismo”.
Come oggi (mai niente di nuovo sotto il sole!) quel “Movimento” diventò partito. E, pare quasi che la Storia si accanisca con i suoi corsi e ricorsi, indovinate il maggiore successo elettorale quale fu? Elezioni comunali di Roma del novembre 1946: ottiene oltre 108.000 voti (seimila suffragi in più della Democrazia Cristiana) è secondo soltanto al Blocco popolare, formato da comunisti e socialisti.
Pare che però Giannini, diversamente da oggi, non fu paralizzato dalla paura, accusando gli avversari di aver complottato perché vincesse. Lui non arrivò a tanto, dacché era semplicemente un commediografo e non un comico.
Per continuare le mie riflessioni mi servo ancora di Wikipedia per due definizioni che è importante aggiungere per completare il discorso:
“Il termine qualunquismo, poi rimasto nel lessico politico con evidente accezione negativa, definisce atteggiamenti di sfiducia nelle istituzioni democratiche, di diffidenza e ostilità nei confronti della politica. e del sistema dei partiti, di insensibilità agli interessi generali, che si traducono in opinioni semplicistiche e sostanzialmente conservatrici sui problemi dello stato e del governo”
e ancora:
“Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e aghein, "trascinare") che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore. Spesso il demagogo fa leva su sentimenti irrazionali e bisogni sociali latenti, alimentando la paura o l'odio nei confronti dell'avversario politico o di minoranze utilizzate come "capro espiatorio" e come "nemico pubblico", utile alla formazione di un fronte comune, uniformato temporaneamente dalla medesima lotta e dunque scevro di dissenso interno.”
Capro espiatorio… nemico pubblico… per il demagogo di turno è facile trovarne. Oggi, nel nostro Paese, è un gioco da ragazzi. Scegli un qualsivoglia governante o dirigente, magari un presidente di regione o, meglio ancora, un sindaco. Magari di una grande città. Magari un sindaco un po’ marziano, estraneo ai palazzi del potere. Sarà come sparare sulla Croce Rossa.
Un gioco da ragazzi. Se poi quel marziano non ha nemmeno un partito alle spalle che lo sostiene… perfino la casalinga di Voghera riuscirebbe a buttarlo giù. Il problema è il “dopo”. Dall’antica Grecia ai giorni nostri, i capopopolo e i demagoghi non ci sono mai mancati.
Da Masaniello all’Uomo qualunque, ciclicamente ne compare uno.
Che sia un gruppo, un movimento o un circolo fancazzista, chiunque può tranquillamente e facilmente denunciare il marcio, invocare sussidi per tutti, blaterare delle sue riforme epocali e così via. E’ un’attività facile, gratificante e che crea consenso. A patto che tu non faccia la fesseria di trasformarti in partito. Perché, a quel punto, una volta buttato giù il bersaglio di turno… corri il rischio di trovarti al suo posto e di farneticare al complotto che ti ha fatto vincere. E quando sarai al posto del bersaglio che hai buttato giù…
Negli anni settanta un manipolo di radicali italiani rivoluzionò questo Paese: Faccio, Pannella, Bonino, Spadaccia, Teodori e mi scuso se ne dimentico qualcuno. Meno di una decina di attivisti riuscirono a imporre a un paese ipocrita e bigotto due istituti di civiltà quali il divorzio e l’aborto. Poi… poi capitò quello che succede oggi.
Quello che era un movimento diventò un partito.
E, come succede oggi, quei quattro deputati che grazie al successo dei referendum approdarono in Parlamento, non avevano chiara la differenza tra un movimento e un partito e i radicali, cominciarono, sull’onda del successo referendario, a ridicolizzare e svilire il ruolo del referendum, promuovendo “lenzuolate” di referendum, ottenendo l’unico risultato di tenere la gente lontano dai seggi.
Poi, essendo praticamente insignificanti all’interno del Parlamento, ondeggiarono per anni, alleandosi ora con la destra ora con la sinistra con l’unico risultato di essere sempre più inutili nel panorama politico. E infine, il “salto di qualità” lo pseudo partito transnazionale. Di fatto, oggi, dopo quasi cinquant’anni dai referendum sul divorzio e sull’aborto, se qualcuno ricorda ancora il movimento radicale italiano lo ricorda per quei risultati.
Ma sono passati quasi cinquant’anni e… non ci sono altri risultati che valga la pena ricordare o che la gente possa ricordare. E in questi cinquant’anni cosa hanno fatto? Niente. Assolutamente niente perché… perché sono stati in Parlamento essendo un partito, come se fossero un movimento. E la storia si ripete…
In politica i capopopolo, i bersagli da abbattere, le furberie, possono essere utili per creare il consenso, per darti forza. Ma se poi, una volta ottenuto il consenso non sai usarla quella forza… fai solo danni.
Il minimo del danno che puoi fare è far perdere tempo al Paese. E così oggi una legge la voti solo se resta così com’è. Il giorno dopo la stessa legge la voti solo se si discutono cinquecento emendamenti. Piccole furbate. Piccole miserie umane. Che passeranno.
Come sono passati i vari Masaniello, l’uomo qualunque e tutti i demagoghi e i capopopolo di turno.
Sono passati e passeranno anche loro. Lasciando, come sempre capita, un Paese in ritardo e un sacco di brava gente delusa.
(immagini da wikipedia.org)