Sul fanatismo e sull'intolleranza.

Immaginate di essere al ristorante e, mentre state per addentare il vostro pezzetto di tagliata di manzo, un tipo un po’ stralunato, vi apostrofi così:

“Ma che fai? Ma che sei scemo? Mangi una tagliata di manzo? Ma scusa, tu hai mai visto un manzo mangiare una tagliata di uomo? Bisogna avere rispetto per gli animali!” Lo so, detta così sembra un po’ surreale. Ma accade nella realtà.

 

Imperversa da mesi sulle radio rai, promosso da non so quale ministero, a spese dei contribuenti, e quindi mie e anche vostre, lo spot di Frassica: “…ma che fai? Fumi vicino a un cane? Ma tu hai mai visto un cane…” eccetera.

E allora uno potrebbe chiedersi: qual è la differenza e perché non si può fumare vicino a un cane o a qualsiasi altro animale, ma si può mangiare tranquillamente una tagliata di manzo? La differenza, detta in soldoni, è che la confraternita animalista ancora non è abbastanza forte e potente come la confraternita delle anime belle antifumo. Ma siate fiduciosi: quando anche il verbo animalista diventerà più forte, ci arriveremo.

Mentre ero intento a scrivere questo articolo, giusto per rilassarmi un po’, il telegiornale mi informava che a Rennes, in Francia, una persona è morta a causa di un farmaco sperimentale, un antidolorifico, per la precisione. Avevano accettato in cinque, di fare da cavia per questo nuovo farmaco. Uno è morto, per altri tre non ci sono speranze. E allora…

Immaginate di soffrire da giorni di un acuto dolore in qualche parte del vostro corpo e di rivolgervi al vostro medico di fiducia, il quale, molto probabilmente, vi prescriverà un antidolorifico. Immaginate poi che, al momento di assumere questo medicinale, vi accorgete che sulla scatola è scritto, in bella evidenza: “Non testato su animali.”  Questa cosa vi rassicurerebbe o vi preoccuperebbe?

Quando vado al supermercato, spesso mi capita di leggere, sulle confezioni di prodotti cosmetici: “Non testato su animali.” e ogni volta mi capita di pensare che, delle due l’una: o quel prodotto non è testato per niente o quel prodotto viene testato direttamente sulle persone. Nessuna delle due ipotesi è piacevole.

Eppure… Eppure la confraternita delle anime belle animaliste è così potente che, grazie al mercato, quello che dovrebbe essere un fattore di perplessità e/o di preoccupazione, diventa un elemento di promozione del prodotto. Questo perché succede?

Perché l’anima bella nemmeno se le pone queste domande.

Ma io mi sono posto questa domanda: “Perché le anime belle non se le pongono queste domande?

 

E come queste tante altre che dovrebbero porsi e che sono altrettante valide obiezioni al loro fanatismo?” 

E, ovviamente, nella domanda c’è anche la risposta. Sono andato su Internet e mi sono rassicurato sulla esattezza della definizione sulla quale, sostanzialmente, convengono i diversi dizionari etimologici presenti nel web e quella che riporto è la più semplice e condivisibile.

Ho cercato il significato della parola “Fanatismo”.

Parola che uso, mi preme chiarirlo, nel senso che gli è proprio, così come si ricava dalla definizione e non nel senso offensivo o dispregiativo che spesso si da a quel termine.

  1. esasperazione di un sentimento religioso o fede politica, filosofica ecc., che porta all’intolleranza e al settarismo
  2. ammirazione cieca e incondizionata per qualcuno o qualcosa | manifestazione di entusiasmo esagerato, di cieca ammirazione

Da sempre, è il fanatismo che porta agli eccessi e ai lutti della storia.

E’ stato così con l’inquisizione che ha bruciato vivi migliaia di individui per salvargli l’anima. E’ stato così con il comunismo che ha offeso la dignità dell’individuo in forza dell’applicazione distorta di un’idea che, in se, poteva anche essere condivisibile. Ed è stato così con il fascismo e così via, fino all’idea di libero mercato di oggi, che ha portato nelle mani di una decina di individui, il potere di stabilire il prezzo del grano a livello mondiale e decidere quali e quante nazioni affamare. E così con il prezzo del petrolio e i derivati e le speculazioni e così via. 

Devo confessarlo: io sono quello che oggi si definisce “un pantofolaio”. Se ne avessi la possibilità, se avessi una casa grande, calda, con un bel camino e una sala per accogliere amici, e discorrere piacevolmente dei massimi sistemi, per quello che mi riguarda mi chiuderei in casa alla fine di ottobre, e ne uscirei ai primi tepori primaverili.

Ma accetto tranquillamente che, al mondo, esistano persone con una visione e-o con dei gusti, delle esigenze, estremamente diversi dalle mie. Ma non li condanno o li guardo schifati, né cerco di convertirli ai miei modelli. Al massimo mi diverto a prenderli per i fondelli. Ho un caro amico, appassionato della neve, dello sci e della montagna. E ogni volta che mi parla della sua spedizione, del fine settimana, ormai lo conosce a memoria, gli faccio sempre il solito discorso:

“Ma insomma, l’umanità ha impiegato almeno diecimila anni per costruirsi case confortevoli, inventare l’energia elettrica, gli impianti di riscaldamento, il pc, la televisione e tutto il resto, e tu che fai? Te ne vai con le ciaspole, a camminare sulla neve, al freddo e al gelo e dici che ti diverti? Mah!”

Ecco, io la penso così. Ma non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello di insufflargli i cosiddetti con le mie prediche e guardarlo schifato perché se ne va in montagna a guastare l’ecosistema, o cercare di farlo sentire in colpa perché poi, se cade in un crepaccio, anche io in quanto contribuente, dovrò pagare il soccorso che sarà necessario per pagare il suo salvataggio.

La vita, grosso modo, scorre più o meno sugli stessi binari, per tutti. Chi è che non conosce o ha mai conosciuto, una persona anziana che, rimasta sola, riversa tutto il suo affetto su un cane, o sulla sua casa, o fa volontariato.

Personalmente conosco decine di giovani e adulti che, in maniera encomiabile, spesso commovente, si danno da fare per aiutare gli altri, per ripulire là dove le persone lasciano un disastro, per assistere i bisognosi, per combattere contro la povertà, il degrado dell’ambiente e così via. E li ammiro e sono una delle poche speranze che ci restano per un futuro che nessuno può immaginare, ma verso il quale molti, me compreso, hanno qualche timore.

Ma queste non sono anime belle.

Sono semplicemente persone straordinarie. Che hanno rispetto per l’umanità, per le persone e che nemmeno lontanamente si sognerebbero di guardarti con aria di biasimo, perché te ne vai per strada fumandoti beatamente la tua sigaretta.

Quanti di voi avranno letto, da qualche parte, in un giardino, in un parco o nelle aiuole di un condominio, un cartello simile a quello che c’è in un piccolo pezzo di prato, fuori da un condominio poco distante dal mio: “Se vedi un m…. di cane in questo prato è perché quel cane ha un padrone di m….” 

Vivo in un paesino di poco più di ventimila abitanti che, fino a pochi anni fa, aveva il suo ospedale. Poi, chissà come, chi e perché, si è deciso di costruire un nuovo ospedale megagalattico che serve una ventina di comuni del territorio. Più o meno, almeno centomila utenti. Tutte le specialità, tutti i servizi eccetera.

Una costruzione imponente, in aperta campagna con, ai lati del fabbricato, un parcheggio enorme, che confina con la campagna. Dall’ingresso alla fine del parcheggio saranno almeno duecento metri.

Sicuramente tra i responsabili di questa struttura c’è qualche anima bella.

Davanti all’ingresso dell’ospedale e davanti all’ingresso del pronto soccorso, esistono gli unici due punti riservati ai fumatori. Una pensilina in plexiglass di un metro per un metro sotto la quale, se piove, trovano posto non più di tre persone.

Qualche anno fa, in visita ad un amico in ospedale, scendendo dalla mia auto, ho assistito ad una scena, per me, irritante. Nello stesso momento scendeva dalla sua auto un altro signore che, appena sceso dalla sua macchina si fermò e, appoggiato alla portiera, si accese la sua brava sigaretta.

Non l’avesse mai fatto! Un’anima bella che passava di là lo apostrofò in modo aggressivo: “Signore, lo sa che qui non si può fumare?!”

Il poveraccio cercò di spiegargli che era all’aperto, lontano almeno cento metri dall’ingresso, ma non ci fu niente da fare: “Ci sono cartelli dappertutto. Non si può fumare in tutte le pertinenze dell’ospedale, nemmeno all’aperto. Se vuole fumare deve farlo là!” e, con il braccio teso per indicargli il ghetto nel quale era condannato, con un’espressione di disgusto, gl’indicò la piazzola ad un centinaio di metri, proprio davanti all’ingresso dell’ospedale.

Dopo la costruzione del nuovo ospedale, almeno due ospedali di grandi dimensioni, più una decina di piccoli, sono stati chiusi. Chiusi nel senso che i servizi ospedalieri sono tutti accorpati in quello nuovo. Ma nessuna delle strutture che li ospitava è chiusa.

Il mio vecchio ospedale (cinque piani) ospita sparuti uffici e servizi. Così l’altro grande ospedale preesistente, dieci chilometri più distante (otto piani) ospita chissà che o chissà cosa. Otto piani di ospedale riscaldati per pochi ambulatori.

Decine di strutture, in decine di paesi e paeselli, che sono state rese praticamente inutili, continuano ad essere aperte, con spreco di personale, di riscaldamenti, di energia elettrica e quant’altro. Morale della favola? Trovatela da soli.

Io mi limito a constatare che è sicuramente più facile combattere il fumo rompendo l’anima a chi fuma (e per questo, qualunque caporale o anima bella è autorizzato a farlo) che combattere il monopolio di stato, la Philip Morris e quelli che il fumo lo vendono e, di conseguenza, lo incoraggiano.

Questo è più difficile e pericoloso. E chissenefrega se gli ospedali in disuso continuano a sprecare risorse, inquinare l’ambiente con riscaldamenti che vanno sempre? Che fai, protesti con il Sindaco o con le ASL o con i Ministeri? Troppo impegnativa come battaglia.

Te ne vai davanti a qualche fabbrica che inquina, chiedendo di chiuderla o adeguarla? Ti ritroveresti contro tutti i poveracci che ci lavorano e le loro famiglie.

E allora, se proprio vuoi sentirti un cittadino esemplare, un ispirato, un’anima bella insomma, rompi i cosiddetti al poveraccio di turno, che magari sfoga la sua tensione, i suoi problemi, fumandosi la sua brava sigaretta a cento metri dall’ingresso e non nella piazzola a lui riservata. Tutto più semplice e… gratificante.

 

Una delle caratteristiche proprie di ogni dittatura è la diffusione di quello che definisco il “potere impotente”. In tutte le dittature il potere, per definizione, è racchiuso in poche, pochissime mani.

Ma i regimi organizzano la società in modo da dare l’idea che tutti abbiano potere. Dal duce al prefetto, giù fino al podestà, al capo quartiere, al capo palazzo.  O al segretario del partito, al comitato centrale, ai comitati provinciali e alle cellule di quartiere e così via.

Quasi tutti hanno potere su qualcuno. E ognuno si sente investito di quell’aura di eletto, sia che difenda la purezza della razza, la dittatura del proletariato o difenda l’ecosistema, compresa la paperella dell’Honduras. Che, mi spiace dirlo, non ha i miei stessi diritti.

Come non li ha lo scimpanzé e tutti gli altri animali, escluso l’uomo. Perché un milione di anni fa l’uomo tutte quelle cose belle come il riscaldamento, il pc e il resto, non le aveva. Si è dato da fare e, mentre lo scimpanzé passava il tempo a spidocchiarsi, lui cercava di costruirsi una casa, dei mobili e tutto il resto.

E se oggi lo scimpanzé continua a passare il tempo a spidocchiarsi, magari in uno zoo, non è a causa della cattiveria e dell’egoismo dell’uomo. E allora perché? Scegliete voi. Se siete credenti vi può bastare la Bibbia (per sicurezza, ho scelto una edizione della C.E.I.) Genesi,28: “Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra.”

Se non siete credenti, atei o agnostici che siate, allora non avete problemi. Partite da Darwin, l’evoluzione della specie e tutte quelle belle cose lì. E, a proposito del panda in via di estinzione, io un’idea per salvarlo dall’estinzione l’avrei. Serviamo una bella tagliata di panda nei ristoranti, magari in quelli più cool.

Vedrete che subito la moda prende piede e saranno avviati allevamenti intensivi per i panda, così come oggi capita per i maiali, costretti immobili, su lettini, per ingrassare più velocemente. E, così come per il maiale, nemmeno più i panda correranno il rischio di estinguersi.

 

 

  ( foto da sodahead.com, elaborazione Angelo Controversi)