Economia Globalizzata, agrumi e olio di oliva

Si parla di economia globale riferendosi a quel fenomeno in cui la produzione e il commercio non sono più localizzati nel luogo di origine ma si espandono in tutto il mondo grazie alla tecnologia e all'aumento della domanda, dovuto alla crescita della popolazione.

Se andiamo al supermercato possiamo vedere arance provenienti da Cuba, limoni dall'Argentina, pompelmi dal Sudafrica e così via.

La merce viene prodotta in paesi in cui la forza lavoro costa poco e le regole del mercato sono meno rigide anche dal punto di vista sanitario:

i beni hanno un costo contenuto che rende remunerativo il trasporto via mare fino all'altro capo del pianeta.

Si tratta di un'economia non sostenibile, che porta all'esaurimento delle risorse, allo sfruttamento dei lavoratori, a un negativo impatto sul clima e sull'economia dei paesi importatori.

E le conseguenze sulla salute dei consumatori?

I prodotti devono attraversare il globo e per affrontare un lungo viaggio quelli deperibili vengono trattati con additivi per evitare la formazione di muffe e mantenere un aspetto sano e lucido.

Peccato che le sostanze siano tossiche e spesso non consentite dalle leggi italiane. Le norme europee ne permettono l'importazione purchè sia indicata la loro presenza in etichetta.
Ecco che sulle confezioni può apparire la generica dicitura

"BUCCIA NON EDIBILE".

Ma cosa vuol dire?

Significa che, sulla superficie della frutta, sono presenti diversi elementi che la rendono non commestibile.

Vediamo quali possono essere.

Il Tiabendazolo, o E233, è un antimuffa, fungicida e antiparassitario usato come conservante alimentare. E' lievemente tossico ed è stato vietato nell'Unione Europea, negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda e in Australia.

Quindi in Europa non si può usare ma stranamente le leggi comunitarie consentono l'importazione di prodotti trattati.

Si trova nelle cere con cui si conservano gli agrumi, nella buccia delle banane non biologiche e nella parte esterna delle verdure.

Arance e agrumi nella distribuzione globalizzata

Il Bifenile o Difenile, E230, è un conservante antimuffa per la buccia degli agrumi o per gli imballaggi di frutta e verdura
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Può penetrare nel frutto e viene consigliato di lavare accuratamente le mani dopo averlo sbucciato per non contaminare la polpa.

Chi è addetto alla spedizione dei prodotti trattati è esposto alla sostanza e può presentare allergie al bifenile con nausea, vomito e irritazione delle mucose nasali e degli occhi.

Non vi sono però effetti collaterali gravi anche se è stato vietato in Australia.

L'Ortofemilfenolo, o E231, è un disinfettante che può essere tossico, usato per agrumi e banane, ed è vietato in Australia.

Suo parente è l'Ortofenilfenato di Sodio, o E232, conservante che penetra nella buccia potendo raggiungere la polpa, anch'esso proibito in Australia.

L'Acido Sorbico, o E200, è un conservante naturale che ha tossicità molto bassa:  è però presente, come inibitore di lieviti e muffe, in molti prodotti come formaggi non stagionati, pane a fette, bibite, ripieni di paste fresche e, in generale, nei preparati per gnocchi, polenta e creme varie.

Quindi può arrivare all'organismo nell'arco della giornata attraverso diversi cibi e, in quantitativi elevati, provocare danni alla salute alterando i sistemi enzimatici.

La sostanza più pericolosa è però l'Imazalil.

Si tratta di un fungicida utilizzato per conservare più a lungo gli agrumi: si deposita sulla buccia porosa e in piccole quantità può penetrare all’interno.

L’Imazalil è cancerogeno e nei bambini basta 1 mg per avere effetti tossici, arrivando al sistema nervoso e al fegato.

Tutte quelle elencate sono sostanze insolubili che si attaccano alla buccia e lavarla con l'acqua non le elimina.

Al supermercato troviamo questi prodotti, attirati dal prezzo basso, mentre le arance siciliane, troppo costose, vengono distrutte perchè invendute quando potrebbero arrivare in poche ore nei negozi senza necessitare di grandi manipolazioni.

L'alternativa è rivolgersi al biologico, ma anche qui occorre stare attenti a beni che vengono spacciati tali ma che biologici non sono.

Un problema presente anche per un altro prodotto tipico italiano come l'olio d'oliva.

Olio di Oliva e globalizzazione

La Coldiretti ha dichiarato che nel nostro paese la sua produzione è calata del 38%. Come mai?

Intanto l'Unione Europea, dopo gli attentati a Tunisi dello scorso anno al museo del Bardo e al resort di Susa, che hanno messo in crisi l'economia tunisina basata sul turismo, ha cercato di sostenere la stabilità dell'unico paese uscito dalla c.d. primavera araba con un sistema democratico introducendo una misura di aiuto: consentire l'importazione di 90.000 tonnellate l'anno di olio senza dazi per renderlo concorrenziale.

Ecco che l'olio viene trasportato in navi assieme ad altre merci, come idrocarburi, e spesso tagliato con sostanze nocive. Può giungere in Spagna, venire lavorato e  trasformato in Olio Comunitario offerto a prezzi bassissimi.

I produttori italiani non sono un grado di competere e, se riescono, vendono ai mercati americani e giapponesi, altrimenti abbandonano gli uliveti. Da qui il crollo della nostra produzione.

Purtroppo l’olio extravergine di oliva è tra gli alimenti più contraffabili dato che la tecnologia consente di rettificare gli oli di scarto, chiamati lampanti perchè usati un tempo per le lampade a petrolio, e miscelarli all'olio di qualità.

L'olio di scarto viene adulterato per renderlo utilizzabile tramite la raffinazione e la deodorazione; in seguito viene miscelato a oli di semi o di palma, colorato di verde con la clorofilla e spacciato per olio di oliva. I procedimenti chimici sono estremamente sofisticati e i controlli risultano difficili.

Gli alti guadagni costituiscono uno stimolo a rischiare sanzioni amministrative e penali.
Il consumatore, ignaro, acquista i prodotti spinto dai prezzi convenienti mettendo però a rischio la propria salute.

Se i governi non si preoccupano delle conseguenze cosa può fare il cittadino? Forse combattere il sistema con la stessa moneta. Nel momento in cui compra, determina la domanda e può scegliere di leggere le etichette rifiutando certi prodotti e orientandosi su altri più sicuri.

Forse bisognerebbe imparare a mangiare meno cibi ma di qualità, compensando il maggior costo con una minore quantità, elemento positivo per la salute e l'economia locale, favorendo in tal modo gli imprenditori e i contadini onesti che si trovano costretti ad abbandonare un'attività non più competitiva.

L'avidità di chi vuol guadagnare sulla pelle delle persone, lavoratori e consumatori, e sulla sostenibilità dell'ambiente si può combattere informandosi, leggendo chi tutela il consumatore e non ascoltando solo la pubblicità pagata dal produttore, cercando di non farsi abbindolare dal miraggio di offerte a prezzi stracciati.

Nessuno fa regali in una società basata sul profitto.

Articolo Paola Iotti Economia Globalizzata, agrumi e olio di oliva