Mamme: l'amore e il coraggio.

Sono mamma da sette mesi.

Un periodo meraviglioso che vorrei analizzare con voi perché ci penso da parecchio, leggo articoli e commenti, mi iscrivo a gruppi specifici e credo sia giunto il momento di dire basta.

Il calvario di noi mamme inizia quando il piccolo è ancora nella pancia:

scemata l’eccitazione per la nuova vita iniziano i dubbi, le ansie, le paure.

In tutto questo parenti, amici, conoscenti, vicini di casa, estranei si sentono in dovere e in diritto di dire la loro su tutto:

da quello che mangi a come ti vesti, da quanto e come dormi a quanto esercizio fisico fai, dalla musica che ascolti ai libri che leggi, dalle creme contro le smagliature all’olio bio/naturale. E tu ingoi e stai zitta perché sembra brutto contraddire chi ha già figli e vuole darti un consiglio e guai a lamentarti con le tue amiche che figli non ne hanno perché se non te lo dicono apertamente te lo fanno capire che tu che hai avuto questa fortuna NON puoi lamentarti e i sensi di colpa dilagano: verso le amiche e verso il piccolo.

Parliamo poi degli esami in gravidanza:

vi hanno fatto bere il biberone per verificare se avete il diabete gestazionale?

Io, per scrupolo della mia ginecologa, l’ho fatto due volte; per chi non l’avesse degustato immaginate di bere a stomaco vuoto uno sciroppo di zucchero puro e di non poter mangiare e bere per le successive due ore.

Aggiungiamo l’ansia da alimentazione, lo spauracchio delle gestanti:

la toxoplasmosi, che non hai mai preso in vita tua ma, fidati, in gravidanza te la prenderai. Allora niente prosciutto crudo, occhio alla frutta e alla verdura, la carne deve essere perfettamente cotta!!!!

Al settimo mese arriva il fatidico corso preparto:

ora, io non so come sia stato il vostro ma l’utilità di quello frequentato da me la devo ancora capire. Ho conosciuto altre mamme con cui abbiamo creato un gruppo in chat ma, al lato pratico, ho imparato ben poche cose.

Non ti prepara al parto, non ti prepara alla vera vita una volta che sarai tornata a casa dall’ospedale ma, in compenso, ti parla di morte in culla, soffocamenti e via dicendo. Giusto per tranquillizzarti.

Poco prima del parto, tampone per verificare la presenza dello stafilococco. Se ce l’hai non guardare su internet a meno che tu non voglia farti venire una crisi di panico.

Poi arriva il momento del parto senza epidurale:

ricordo solo che fino a poco prima ballavo con la musica nelle orecchie, ridevo e piangevo insieme (l’ostetrica ha parlato di adrenalina) e mio marito mi guardava come se mi fossi fumata qualcosa;

poco dopo “sembrava ti stessi trasformando in un licantropo” per citare mio marito.

Il dolore del parto è inspiegabile:

insieme alla necessità urgente di spingere si affaccia in te il terrore di lacerarti.

Non fa “solo” male è molto, molto di più. Sapete il perché?

Perché mentre spingi non pensi al tuo dolore ma pensi a quello che sta passando il tuo bimbo e vuoi sbrigarti per lui.

Quando poi lo senti piangere per la prima volta e te lo mettono sporco di te, di voi, sulla pancia e senti quelle gambine che si muovono e le manine che provano a stringerti allora tutto passa. Non ricordi il male, la fatica perché lui è lì con te.

Questo, succede solo se vivi in una città dove i medici e le ostetriche sono competenti e umane:

non so se avete sentito parlare di quel gruppo di mamme dove si raccontano le esperienze terribili del parto.

Il maggior nemico delle donne non è il dolore ma il rischio di trovare dei pazzi ignoranti ad assisterle. Persone cattive e stanche del loro lavoro che, probabilmente, hanno preso la laurea con i punti del latte.

Persone che non sanno nemmeno cosa sia l’empatia. Mettetevi per un attimo nei panni di una donna che deve partorire: non solo dovrà affrontare il dolore, non solo pregherà affinché tutto vada bene ma dovrà pure sperare che medico, infermiere e ostetriche non siano dei cani. Domandatemi ancora se sono gli ormoni da gravidanza a renderci isteriche.

Dopo il momento magico, il papà torna a casa e tu ti ritrovi con questo essere totalmente dipendente da te. Magari dopo il parto e il travaglio ti svegli alle due del mattino perché devi cambiarlo e ci riesci anche ma, poi, iniziano a tremarti così tanto le mani che devi chiamare l’infermiera perché proprio non riesci a rivestirlo.

Torni a casa dove tuo marito ha vissuto da solo per giorni. Dove è tutto fatto tranne quello che avevi chiesto tu.

Allora con questo frugoletto in braccio inizia la tua nuova vita.

Sveglia ogni due tre ore perché in ordine: pupù, pipì, pappa, nanna ripetuti all’infinito. Non ci sono docce, non ci sono cuscini, non esiste il letto,non esiste mangiare con calma.

Perché tu sei la mamma e per quanto tuo marito sia collaborativo il bambino vuole te, non ci sono santi. Se poi tuo marito lavora fuori casa allora per 9/10 ore al giorno sei sola con il pargolo.

Quando tuo marito torna a casa ha la malsana idea di trovare tutto splendente simil pubblicità americana anni 50 perché “sei a casa tutto il giorno a badare al bambino! Mica lavori!” Ah no? Guardi il bimbo, tieni la casa e dovresti anche farti la messa in piega?

Anche qui interviene il parentado/amici:

non devi lasciarti andare, devi tenere la casa, prima viene il bimbo, sei una donna prima che una mamma, vorrei non dormire io per il tuo stesso motivo, pensa che tu puoi stare a casa con il tuo piccolo, dove allatti, quando allatti, perché allatti, cosa mangi per il latte, non mangiare quello che fa venire le coliche al bimbo, parla piano, non accendere la luce, non accendere la TV, via il cellulare, non tingerti i capelli, metti la crema al bimbo, togli la crema, lava, asciuga......

Perché loro che sono sempre più bravi di te sanno sempre cosa fare e come farlo.

Discorso a parte per i pediatri:

ho il serio dubbio che all’università abbiano studiato la stessa materia.

Pareri più discordanti non potreste trovarli:

chi inneggia al coosleeping, chi lo trova malefico; chi inneggia al latte materno, chi ti guarda come se fossi un alieno ( per non parlare dei pervertiti che si infoiano quando dai il latte a tuo figlio o delle “signore” che ti danno della poco di buono quando quello che mostri tu non è lontanamente paragonabile alla loro scollatura); chi ti vieta di entrare nei negozi fino a quando il bambino non avrà compiuto un anno, chi ti dice di andare ovunque e di (a Genova diciamo così) disbelinarlo un po’, da leggersi come “signora, un po’ d’aria non ha mai ucciso nessuno”;  da chi ti proibisce luci e volume alto a chi ti invita a farlo abituare ai rumori; da chi ti dice di lasciarlo piangere perché altrimenti lo vizi a chi ti invita caldamente a non farlo per non provocargli danni.

Ce ne sarebbero altre da dire, speriamo riescano a far pace tra di loro così capiamo cosa dobbiamo fare.

Adesso parliamo dei social network: io e mio marito abbiamo deciso di non mettere nessuna foto di nostra figlia on line, per due motivi:

1)           Non sai dove va a finire

2)           Chi vogliamo veda nostra figlia le foto le riceve

Noi abbiamo scelto così e non siamo mai andati a dire nulla a chi invece posta foto in continuazione però una domanda la voglio fare: siete così sicuri che i vostri bimbi vogliano essere visti in mutande oppure nudi?

Siete così certi che vogliano far sapere a tutto il mondo se fanno la cacca, se dormono, se mangiano... Per non parlare di quando crescono: una mamma su Facebook una volta scrisse qualcosa come “XXX è stato bocciato, ben gli sta” alla mia domanda se fosse sicura che suo figlio volesse farlo sapere anche a noi mi rispose che avrebbe dovuto pensarci prima. Ecco, dire che sono rimasta basita è dire poco. Avrei voluto chiederle: “se fosse successo quando Facebook non esisteva, avresti scritto delle lettere per comunicare l’accaduto?”

Io credo che se mia figlia vorrà apparire sui social network si aprirà un profilo quando avrà l’età. Per ora le lascio godere il mondo senza “like”, “tweet” etc...

Altro argomento spinoso: la sindrome post partum.

Non la conosco per fortuna e non sono mai venuta a conoscenza di persone affette da questa malattia; sì a tutti gli effetti è una malattia. Le tipologie di quella che comunemente, ma non correttamente, viene chiamata “depressione post-partum” sono tre:

 

1)Il baby blues si manifesta nel 70% dei casi, dura circa una quindicina di giorni e si manifesta in crisi di pianto e stati di ansia. Non richiede particolari cure se non buonsenso e amore da parte di chi è vicino alla donna;

2)La depressione post-partum ne soffre il 10% delle donne, si arriva fino al 30% nelle seconde gravidanze. Può durare fino a un anno con conseguenze anche gravi che vanno dalla cura con specialisti al ricovero. I sintomi sono indolenza, inappetenza, insonnia o l’opposto, disinteresse per il bambino;

3)La psicosi postpartum è la forma più grave che va curata tempestivamente per evitare tragiche conseguenze.

Tutte soffriamo almeno della prima perché il distacco è forte ed è difficile da spiegare. Vivi con tuo figlio dentro di te per 9 mesi, lo senti crescere, scalciare. Il tuo corpo si modifica per fare spazio a lui. Lo proteggi. Respiri per lui, mangi per lui, vivi per lui nel senso più vero della cosa. All’improvviso tutto finisce ed è terrificante.

 

Nel  frattempo il piccolo  cresce e bene. Quando pensi di poter finalmente quietare però arrivano le prime pappe (leggasi montagne di bavaglini e vestiti da lavare), i denti e il caldo quindi sudore docce, bagni.... Quindi non solo puzzi di latte rancido ma rischi di ritrovarti i capelli coperti di pappa specie se il pargolo ha deciso di spantegarla ovunque tranne che in bocca.

In tutto questo ti fai un giro su internet e leggi articoli di illustri scienziati che recitano:

Le mamme troppo presenti rovinano i figli

Le mamme poco presenti cresceranno figli con la sindrome d’abbandono

Le mamme troppo fisiche cresceranno figli insicuri

Le mamme che fanno poche coccole cresceranno serial killer

Le mamme che giocano troppo con i figli avranno figli non auto sufficienti

Le mamme che non giocano con i figli avranno figli con problemi a relazionarsi

Le mamme....

Le mamme...

 

Non sono impazzita: il punto è che come ti muovi sbagli.

Ogni giorno viene fuori una nuova teoria per cui noi mamme abbiamo sbagliato tutto.

Ora, due domande si affacciano alla mia mente:

1)           I papà dove sono?

2)           Se noi mamme sbagliamo sempre perché continuate a lasciarci il compito, gravoso,    dell’educazione dei figli e non ve ne occupate voi uomini?

Sì, perché mi sono dimenticata di dirvi che nel 99% dei casi gli illustri scienziati sono uomini,di certo un caso.

Perciò noi mamme oltre a questa enorme responsabilità del benessere psicofisico dei bimbi ci sentiamo, quotidianamente, sballotate da un parere all’altro, da un consiglio a un altro e sembra impossibile venirne a capo.

Da secoli parlano di invidia del pene ma ritengo sia più giusto parlare di invidia dell’utero:

in una società dove sempre più si gioca a essere Dio noi donne siamo le uniche che diamo veramente la vita senza alcun esperimento, senza nessuna cavia semplicemente per natura. A questo punto potremmo aprire un dibattito su quale dei due sessi sia più vicino a Dio, magari un’altra volta.

 

Quindi alla fine perché diventare mamme?

Di certo perché nessuno può immaginare tutto questo ma,soprattutto,

perché quando tuo figlio ti guarda la prospettiva cambia.

Il tuo mondo è lui e tu sei il suo, vi capite e vi amate come mai nessuno potrà fare.

Forse lui dipende da te ma la verità è che tu dipendi totalmente da lui.

Per questo non importa cosa ti vengono a dire e chi te lo dice perché ti rendi conto che tu e solo tu sai cosa è meglio per il tuo bimbo. Perché solo tu sai riconoscere il pianto vero da quello capriccioso, il pianto per fame da quello per il pannolino sporco.

Tu sai quando deve dormire o giocare. Quando è l’ora della pappa o del bagnetto. E tuo figlio si rende perfettamente conto di questo amore immenso che ti fa mettere lui prima di tutti, anche di te stessa.

I suoi sguardi, i suoi sorrisi, le sue risate, le sue manine che si allungano verso di te racchiudono il vostro mondo d’amore assoluto e puro. Per questo passi sopra a tutto: perché capisci che gli uomini non avranno mai questa fortuna perciò cercano di farne parte come possono, perché ti rendi conto che le donne che vogliono un figlio e non ci riescono provano un dolore insanabile e la loro invidia in realtà è solo dispiacere.

Ogni tanto però ammettetelo che senza noi mamme il mondo non esisterebbe, che per quanto sbagli possiamo fare siamo una forza indistruttibile perché guidata dall’amore.

Riconoscete alle donne il ruolo fondamentale che hanno e lasciate noi mamme libere.