Le storie del Mosaico: Jessica e la speranza

Il mosaico umano più grande del mondo continua, attraverso le storie di tante persone che sono gravitate negli ultimi tre anni e mezzo, a raccontare passioni tristi e felici, descrivendo un’opera artistico-umana, che non potrà mai essere paragonata a niente perché vissuta in modo singolare da ognuno.

Il mosaico di Andreina, come una futura fabbrica di San Pietro, non descrive l’uomo come un numero ma come un mondo, perché è partecipe della sua interezza e fragilità.

Per questo continuerò a raccontare la storia di Jessica, una donna adulta oggi, ma una bambina violata dal "Vecchio", suo padre, all’età di dieci anni.

Jessica è stata abusata all’insaputa della mamma, vittima anch’essa di violenze, e per proteggere la sorellina più piccola, continua a concedersi senza ribellarsi per anni. Il Vecchio viene scoperto dalla moglie e denunciato e finisce in galera.

La bambina, oramai adolescente, viene rinchiusa in istituto separata dalla sorella e dalla madre. La madre stessa ha due anni di distanza, dopo aver trovato un nuovo compagno, muore di tumore, e non avrà così la possibilità di conoscere il suo primo nipote nato da una relazione clandestina tra la Jessica, ormai diciotenne, e un uomo sposato e più adulto che la inganna, mettendola nuovamente incinta dopo la morte della prima bambina.

Jessica decide di prendere la sua creature e di tornare alla casa paterna… da lì dobbiamo ripartire vero cara? Questo ho riassumo a Jessica quando ci siamo riviste per la seconda volta!

Mi ricordo non volle accettare neanche da bere prima di ricominciare a raccontare la sua storia. Sembrava rigenerata dall’ultima volta, pensai, dentro di me, che forse la seconda parte della sua vita avesse avuto un lieto fine, quindi sentendomi sollevata l’invitai a raccontare!

Con aria sicura e dura nel parlato mentre giocherellava con un piccolo calco in gesso mi disse:

“Sai Andreina dopo essermi trasferita nella casa del Vecchio con il mio bambino, ho continuato a subire urla, bestemmie e infamie. Un giorno che ha tentato di nuovo di violentarmi, difronte allo sguardo spaventato di mio figlio ancora in fasce, con una spinta l’ho stretto a un angolo. Ho trovato la forza di ribellarmi alla violenza che avevo subita negli anni passati, voleva violentarmi di nuovo, ma io non lo ho permesso! Ho tentato di strangolarlo minacciandolo di morte. Questo servì a bloccarlo in quel momento... anche se gli anni successivi furono un inferno per entrambi”.

Continuavo a non capire, perché era tornata in quella casa dove aveva sofferto tanto, perché rivangare quel passato tanto doloroso e cattivo, perché far avvicinare il suo bambino al mostro che l’aveva violentata per anni, perché?

Lei mi rispose.

“Dovevo vendicarmi, perché finalmente avevo trovato la forza, e l’unico modo che avevo per fargli capire il mio odio era rendergli la vita impossibile come lui l'aveva fatto con me! Urlavo, lo trattavo con rabbia, giornalmente gli ricordavo il suo ruolo di mostro. Ogni occasione era buona per farlo sentire l’ultimo degli uomini: l’assassino della mia infanzia! E ora per punizione doveva sopportare le mie violenze! “

Ero spaventata da tutta questa rabbia!

“Sai Andreina, lui mi cresceva il bambino e io andavo a lavorare. Era buono con lui, lo portava anche a passeggio, ma continuava ha essere geloso di me. Mi guardava in cagnesco, voleva impedirmi di uscire, di frequentare altri ragazzi… nella sua testa ero ancora sua! E io per rabbia disubbidivo e urlando uscivo, uscivo….conoscevo vari ragazzi. Fino a quando non ho incontrato il padre del mio secondo figlio vivo”.

Come era lui? Era giovane? Ti amava? Le dico stupita!
Lei risponde:

“Si eravamo innamorati, e dopo poco dal nostro incontro e pensando di iniziare una nuova vita fatta di tanto amore, quello di cui ero stata privata. Lo porto a far conoscere al Vecchio. Dopo poco ci sposiamo, io rimango incinta di nuovo. Ma dopo due anni, nonostante le avessi raccontato la mia storia di violenze, non solo ha accettato di rimanere a vivere con il Vecchio, ma era diventato come lui!"

A quel punto mi sembrava di impazzire, non potevo credere che la vita si fosse accanità così su di lei!

“ Non mi picchiava, ma beveva, mi tradiva, mi offendeva rendendomi di nuovo schiava della tristezza e insicurezza.  Non era mai presente in famiglia, non stava con i figli, e ogni occasione era buona per mortificarmi. Spendeva tutto il denaro guadagnato, non pensando a noi e lasciandomi di nuovo alla mercè del Vecchio famelico”.

E tu cosa hai fatto? le dico interrompendola!

“Ho continuato a sopportare. Lavoravo tredici ore al giorno, quando tornavo a casa la sera vedevo il Vecchio azzuffarsi con mio marito tanto che una di queste sono stata costretta a chiamare i carabinieri perché la lite era degenerata e i miei bambini urlavano di paura. Ora che ricordo non è stata la sola volta, oramai ci conoscevano non solo le forze dell’ordine ma anche il vicinato, stufo delle continue grida.

Pochi giorni prima della separazione da mio marito, una sera ,seguendolo, lo trovo al night per l’ennesima volta. I proprietari mi impedirono di entrare nel locale e io, allora, richiamo la polizia che trovandolo ubriaco fradicio ci riaccompagna a casa. Quante tragedie hanno costellato la mia vita e quanto dolore hanno sopportato i miei figli per tutte queste sconfitte da cui non riuscivo a liberarmi. Forse questa è l’unica cosa di cui mi pento! Non averli saputi proteggere pienamente, ma io stessa ero travolta e non avevo chi mi proteggesse o consigliasse.

A lungo andare i miei dispiacere si accumulavano a livello psicologico, tanto da farmi cadere in un pericoloso esaurimento, curato con una parola chiave detta dalla psichiatra: se vuoi morire è arrivata l’ora, sei arrivata alla fine dei tuoi giorni: devi scegliere! Ma se lo fai, lo fai per te! Da li cambiò la mia vita. Piano piano ripresi ad alimentarmi e ha prendermi cura di me nelle piccole abitudini del quotidiano.

Poi continuò raccontandomi un sogno premonitore, dove a un cavallo nero che correva in circolo gli si staccava la testa e durante l’eruzione di sangue venne svegliata da una telefonata. La telefonata le annunciava la morte di suo padre in ospedale, dove giorni prima gli aveva chiesto perdono, un perdono che Jessica non gli ha ancora concesso.

Il Vecchio era figlio di un uomo che abusava come lui di sua figlia che concepì a sua volta un bambino, cugino di Jessica e figlio dell’orrore. Questo dice tanto purtroppo!

Mi sono sentita completamente vuota dentro dopo il racconto. Questa storia ha influenzato il mio stato d’animo, appesantito da un senso di soffocamento e sollevato, in parte, dalla stessa Jessica. Con tenerezza mi ha guardato chiedendomi da una parte aiuto e dall’altra confortandomi, perché nonostante tutto era ancora piena di vita e speranza nel futuro.

Lei si sentiva vendicata dalla vita che prima le aveva tolto il futuro poi, con la morte del Vecchio, le aveva strappato la zecca che continuava a succhiarle il sangue. Più libera e sollevata, tutt’oggi è alla ricerca di questo amore negato. L'amore che fa battere il cuore, che ama la bruttezza ed esalta i difetti come ricchezze aggiunte.

La cosa sorprendente è questa: la speranza!

Ho davanti ha me una donna forte e saggia che mi fa sentire indifesa e debole. Penso che tutto questo sia un regalo, un grande regalo, dell’opera che stiamo costruendo insieme che mi ha aperto il cervello e il cuore.

Vi consiglio di leggere la storia precedente, narrata giovedì scorso, solo allora capirete la vita di questa donna speciale, Jessica la giovane donna nell’animo.
Vi aspetto la prossima settimana salutando tutti!

 

(foto Di Andreina Giorgia Carpenito)