Familiarità: Le similarità grafiche nei consanguinei

Un padre anziano, il figlio Giulio, piccolo grande uomo, una piccola penna, una piccola scrivania, il tutto ambientato a Firenze.

Il piccolo scrivano fiorentino,

narra la storia di Giulio, un bambino di 12 anni appartenente ad una famiglia povera e numerosa.

Egli decide di aiutare il padre che per tirare avanti fa due lavori: di giorno l’impiegato delle strade ferrate e di notte il copista, ma essendo molto anziano si lamenta spesso di non riuscir più a vedere bene.

Giulio ha una bella scrittura, del tutto simile a quella del padre, e decide di aiutarlo di nascosto, la notte, quando tutti vanno a dormire.

Questo è uno dei racconti più commoventi scritti da De Amicis nel libro Cuore e ci da lo spunto per domandarci se esiste in realtà una familiarità tra scritture di consanguinei.

Il dott. Orlando Sivieri, uno dei pilastri della grafologia in Italia, afferma che:

"Tra i componenti di un nucleo familiare, sia per la specifica simbiosi di vita che per la naturale tendenza all’imitazione ed all’assimilazione, è possibile che si generino similarità grafiche, così come si verificano similarità di abitudini e di comportamenti.

é più o meno frequente il fatto che il figlio imiti la grafia del padre perché gli piace e perché la ritiene come un modello di maturità espressiva da far proprio. Può accadere che la moglie cerchi di scrivere allo stesso modo del marito (e viceversa), perché a volte diventa necessario, oltre che pratico, che l’uno firmi con il nome dall’altro.

Può capitare che un figlio imiti la scrittura del fratello perché la giudica esteticamente più bella. D’altronde la famiglia è la cellula vitale dove la simbiosi di vita acquista valori e livelli superiori a quelli degli altri ambienti sociali.

Marianna Laibl dopo la metà del 1900 scrive:

In alcuni casi, ad esempio da parte degli adolescenti nei confronti dei genitori o di loro figure sostitutive, le somiglianze degli elementi grafici si possono almeno in parte attribuire a processi di identificazione, per cui vengono adottati comportamenti e atteggiamenti dei genitori che, una volta introiettati, si riflettono nella grafia.

Molto spesso può accadere che i figli adottino coscientemente il modello di scrittura dei genitori, nei suoi aspetti più vistosi e nelle forme ornate, per abbandonare l’imitazione poi in un secondo tempo”.

Possiamo osservare nelle immagini riportate alcuni esempi che confermano l’esistenza di questa familiarità:

Analisi grafologica di figli che imitano genitori nella firma:

1°) Caso la figlia F. sceglie il modello maschile paterno e adotta un grafismo incredibilmente simile soprattutto nella firma.

Grafia Figlia

Grafia Figlia

Firma figlia

Firma Figlia

Firma del Padre

 

 

Analisi grafologica di Alexandre Dumas padre e Alexandre Dumas figlio:

2°) Caso: Alexandre Dumas padre e figlio entrambi scrittori la cui grafia è accomunata da molti elementi come l’inclinazione, l’occupazione dello spazio nel foglio, la forma angolosa e l’evidente paraffo finale discendente.

 

Dumas padre

Dumas padre

Dumas Figlio

Dumas Figlio

 

Dumas Padre

Dumas padre

Dumas figlio

Dumaf figlio

 Analisi grafologica delle firme di Kirk Douglas e Michael Douglas:

3°) Caso: Kirk e Michael Douglas entrambi attori. Se osserviamo le loro firme ritroviamo la stessa strategia grafica soprattutto nel cognome.

Douglas padre

Douglas figlio

 

Potremmo continuare ancora con molti altri esempi, ma vogliamo concludere con un omaggio virtuale ai protagonisti del racconto di De Amicis,

provando con la fantasia a immaginare come avrebbe potuto essere la scrittura del padre di Giulio, certamente di bassa scolarizzazione e del suo diligente e generoso figliolo,

contestualizzando il periodo storico (la seconda metà del 1880) in cui il modello grafico insegnato era decisamente rigoroso e non permetteva libere personalizzazioni, come avviene invece ai tempi nostri.

Possiamo così pensare a forme simili a quelle qui di seguito:

 

Analisi grafologica di Giacomo Leopardi:

1) Esempio: grafia di Giacomo Leopardi bambino che appartiene più o meno agli anni in cui è ambientato l’episodio raccontato da De Amicis.

La scrittura, data anche la giovane età di Giulio, potrebbe essere come quella del poeta, molto chiara e leggibile ma ancora un po’ infantile, lenta e più rotonda rispetto al modello insegnato.

 

2) – Esempio: In Italia il modello utilizzato ai tempi di Giulio era già  il "corsivo inglese", ovvero una  scrittura inclinata verso destra, uno stile che conferisce un senso di grande eleganza ma anche di maggior confidenzialità e si allontana dalla solennità del maiuscolo romano utilizzato fino ai primi anni del 1800.

Possiamo allora ipotizzare che a fronte di un processo di maturazione spinto dalle precarie condizioni economiche della famiglia, la grafia del piccolo scrivano fiorentino sia stata già a 12 anni di un livello decisamente più evoluto e simile a quella di un adulto, come questa:

 

Simili o meno questi esempi ci danno l’opportunità di riflettere sulla bellezza dell’atto di scrivere che oggi si tende a dimenticare.

Invitiamo i lettori a soffermarsi sulla magia che avviene quando nella nostra mente si forma un pensiero o un immagine e, attraverso meccanismi neurofisiologici complessi e peculiari per ogni individuo, essi si materializzano sulla carta attraverso la traccia di inchiostro.

 

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Quella dello scrivere a mano è un’azione che coinvolge ben quattro dei nostri cinque sensi:

la vista per rendere comprensibile e gradevole la grafia;

il tatto che, attraverso la mano, ci permette di percepire, nel tracciare le lettere, la grana della carta e la consistenza della penna;

l’olfatto, che ci trasmette il profumo dell’inchiostro e della pagina;

e l’udito che avverte il suono prodotto dallo scorrere dello strumento scrittorio sulla superficie;

e allora, se non lo siamo già, innamoriamoci della nostra grafia!

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