Gianni Rivera, quando nel calcio c’erano le bandiere!

Fino a qualche decennio fa le partite della massima serie si svolgevano quasi tutte la domenica pomeriggio, ora, invece, una giornata del campionato di calcio a volte dura dal venerdì al lunedì: è un confuso alternarsi di anticipi, posticipi, anticipi dei posticipi e via dicendo.

Perché tutto questo?

Perché la pay tv è il maggiore finanziatore del calcio e lo sport deve inchinarsi agli interessi televisivi, assecondando le sue esigenze di calendario soprattutto riguardo alla modulazione degli orari che devono favorire l’incremento degli ascolti per poter rientrare dei grossi investimenti economici fatti per accaparrarsi i diritti televisivi.

Altra conseguenza dell’industrializzazione del calcio è che i proprietari delle maggiori squadre di calcio in Europa ed in Italia non sono legati al territorio com’era una volta, ma agli affari.

Basti pensare che la Roma, il club della nostra martoriata capitale, è di proprietà di una società statunitense, le due squadre milanesi (la grande Inter ed il grande Milan) sono di fatto in mano a società cinesi, il Palermo è di proprietà di un imprenditore veneziano e così via.

Non cambia il discorso a livello del calcio europeo: la squadra del Paris Saint Germain è di un Emiro, quella del Chelsea è di proprietà di Abramovič, l’uomo più ricco della Russia, quella del Manchester United è in mani americane, quella del Manchester City in mani arabe.

Ed il discorso potrebbe continuare.

Nel calcio poi non ci sono più le bandiere, quelle in cui i tifosi identificavano la squadra del cuore.

Negli anni 60/70 se dicevi Milan il pensiero correva a Gianni Rivera, quando nominavi l’Inter si pensava subito a Sandro Mazzola, indissolubile era il legame tra Gigi Riva ed il Cagliari, tra Dino Zoff e la Juventus, la Signora del calcio italiano.

Altri esempi si potrebbero fare.

Oggi non è più così, oggi comanda il “dio denaro” e sono rarissimi gli esempi di grandi campioni che si identificano con la loro squadra senza mai cambiare casacca, di coloro che i tifosi consideravano la bandiera della loro squadra del cuore e, perciò, seguivano con affetto, entusiasmo e passione.

Resiste, ma a fatica, Francesco Totti con la sua Roma, ed è un’eccezione che non conferma la regola.

Confesso di avere una grande nostalgia per il calcio di una volta:

dei suoi calendari, dei presidenti legati al territorio, delle sue “bandiere”.

Ed è per questo che ora e qui voglio ricordare una bandiera del calcio degli anni 60/70, mi riferisco a Gianni Rivera, glorioso capitano del Milan, il “golden boy” del calcio italiano, uno dei talenti più genuini ed intelligenti del calcio europeo e mondiale, l’idolo della mia infanzia.

Gianni Rivera è nato il 18/8/43 tra le nebbie di Alessandria,

esordì nella massima serie a soli quindici come solo i talenti, i predestinati possono fare.

Ha un palmarès da vero, assoluto protagonista.

E’ stata la bandiera del Milan, nel quale militò per diciannove anni indossando la fascia di capitano per ben dodici anni.

Con la squadra rossonera fu tre volte campione italiano, due volte europeo e una volta intercontinentale; con la Nazionale Italiana fu campione d’Europa nel 1968 e vice campione del mondo a Città del Messico nel 1970.

In Messico disputò e decise la partita più famosa del secolo scorso, l’indimenticabile Italia-Germania che la nostra Nazionale vinse per 4-3 con Rivera che segnò il goal del 4-3 tutt’ora ricordato come uno dei goal più belli, più importanti e spettacolari del xx secolo.

In quella partita c’è tutta la sintesi calcistica di Rivera:

il Rivera sempre criticato per la scarsa capacità di difendere (fu considerato responsabile del goal del pareggio della Germania),

il Rivera dal tocco geniale (fu l’autore del goal bellissimo, tecnicamente di elevata fattura che decise quella storica partita).

Non sembri improprio l’uso dell’aggettivo storico perché sono passati 46 anni ed ancora oggi è la partita che viene ricordata ad ogni anniversario, ed è, forse, l’unica partita di calcio dalla quale fu tratto un film.

Nonostante sia passato quasi mezzo secolo, se chiedete ad un sessantenne, ad un settantenne od ad un ottantenne vi dirà che ha visto quella partita e sarà in grado di ricordare dov’era e con chi era in quella indimenticabile notte d’estate del lontano 1970.

Altri record detiene questo indimenticabile ed indimenticato campione: è stato il primo italiano a vincere nel 1969 il Pallone d’oro, è considerato uno dei migliori giocatori italiani di sempre e con 128 reti è il centrocampista più prolifico nella storia della massima serie.

Gianni Rivera è stato anche uno dei più grandi numeri 10 della storia del calcio e si sa che i numeri 10 hanno fatto e continuano a fare la storia del calcio.

Portavano la stesso numero di maglia campioni come Pelé, Zico, Maradona, Platini: tutti nomi non hanno bisogno di ulteriori presentazioni.

Gianni Rivera occupa la 20ª posizione, primo degli italiani, nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla IFFHS ed è stato inserito nel FIFA 100, lista dei 125 più grandi giocatori viventi compilata da Pelé e dalla FIFA in occasione del centenario della federazione.

Da quello che ho detto sino ad ora si capisce come Gianni Rivera possa essere considerato uno dei principali protagonisti del calcio nazionale ed internazionale del secolo scorso.

Ma non basta.

Gianni Rivera ha avuto un prestigio superiore al suo talento calcistico, fu uomo di assoluta intelligenza nel calcio e fuori del calcio.

Non a caso e non per caso, chiusa la sua stagione calcistica, ha rivestito ruoli dirigenziali nel calcio ma anche in politica essendo stato eletto in Parlamento ed avendo svolto anche incarichi governativi.

Perché Gianni Rivera ha avuto tanto successo?

Gianni Rivera

Indubbiamente alla base del suo grande successo c’è il suo talento calcistico: dotato di classe pura e di grande intelligenza tattica sapeva inventare azioni imprevedibili grazie alla sua grande fantasia calcistica.

A volte ci sono stati grandissimi calciatori dotati di poca intelligenza e di loro si è detto che ragionavano più con i piedi che con la testa.

Di Rivera si può dire, invece, che al talento calcistico, al ragionar con i piedi sapeva aggiungere capacità di grandi ragionamenti anche con la testa.

E quando ci sono simili doti non c’è dubbio alcuno che ci si trova davanti ad un grande uomo, ad un grande fuoriclasse del calcio.

Rivera è stato questo, tutto questo.

Ed è perciò che è stato un grande protagonista del calcio italiano ed internazionale del xx secolo ed una personalità di spicco nella società italiana.

Chapeau Gianni: grande talento calcistico, indimenticato idolo della mia infanzia!

 ( foto da Marca.com)

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