Res Publica: senso civico e libertà.

Cicerone, nel trattato sulla “cosa pubblica” parla di come il popolo, in democrazia, eserciti una vera e propria titolarità patrimoniale su tutto ciò che è pubblico, e per questo ha il dovere, oltre che il diritto, di amministrarlo con la cura del pater familias, cioè di un soggetto responsabile  che lo gestisce come fosse il suo patrimonio privato, cioè un bene di famiglia.

Un concetto semplice e nobile, a cui i Romani, soprattutto in epoca repubblicana, tenevano molto e di cui andavano manifestamente fieri.

 

La res publica è cosa del popolo; e il popolo non è un qualsiasi aggregato di gente, ma un insieme di persone associatosi intorno alla condivisione del diritto e per la tutela del proprio interesse”.

Belle parole, che fanno parte di quell’enorme bagaglio culturale che l’Impero Romano ha esportato nella storia, civilizzando praticamente tutte le popolazioni della Terra allora conosciute.

Insegnamenti che quasi tutto il mondo civile ancora oggi adotta seguendone i principi di base.

Tutti, beh, forse non proprio tutti… è curioso infatti che, proprio nelle terre che hanno dato i natali ai padri della cultura e della civiltà moderna, questi principi siano stati quasi completamente dimenticati, svuotandoli di ogni significato.

Ormai da tempo nel nostro Paese il partito politico che riscuote il più alto numero di consensi è quello dell’astensionismo. La gente non ha più interesse nella politica, la classe dirigente non è più credibile, votare non ha più alcun senso, sono tutti uguali… queste le motivazioni più comuni per giustificare l’assenza costante non solo da un’attività civica quotidiana, ma anche da quello che è e rimane forse l’unico vero diritto di una democrazia: il voto.

E’ proprio vero che il possedere dei doni da tanto tempo te ne fa dimenticare il reale valore.

E pensare che per creare uno Stato, dove questo diritto potesse essere liberamente esercitato, molti dei nostri nonni hanno addirittura perso la vita. Nei loro sogni c’era la visione di un mondo dove essere protagonisti del proprio futuro, dove i propri figli e nipoti avessero la dignità di una vita consapevole e responsabile. Un sogno imprescindibile, tanto da sacrificare tutto, come spesso è avvenuto negli anni del Ventennio fascista e in quelli successivi durante la sua caduta. Sono stati quegli uomini, la loro lotta, le loro vite ed i loro ideali a darci oggi  la possibilità di scegliere. Si, perché come il vivere ci insegna, se  non puoi scegliere alla fine vieni scelto.

Il National Union of Women's Suffrage fondato da Millicent Fawcett nel 1897 cercò, tra mille impedimenti, di smuovere le coscienze del tempo, per indurle ad accettare il principio che anche le donne potessero avere il diritto al voto. Venivano chiamate le Suffragette, in tono dispregiativo, dagli uomini che all’epoca nel Regno Unito, e praticamente in tutto il resto del mondo, erano gli unici intestatari di quel privilegio. Una di loro, Emily Davison, fu addirittura uccisa ad Epsom nel 1913.

Ma alla fine, nel 1928, il diritto di voto fu esteso a tutte le donne in UK.

In questi giorni si è molto parlato di diritti civili, in particolare delle Unioni Civili.

La cosa che più mi ha sorpreso tra la tanta polvere che è stata alzata, è con quanto interesse la popolazione italiana si sia approcciata all’argomento, pari quasi all’approssimativa conoscenza del tema e del diritto stesso. Ho sentito commenti slegati, opinioni improbabili, considerazioni confuse un po’ come si affrontò qualche anno fa, a seguito di un tristissimo fatto di cronaca, il tema delle morti assistite.

Tante voci, molto spesso alte, ma con così poca conoscenza della materia e soprattutto con così poca voglia di conoscerla e approfondirla. Come un bambino che muore dalla voglia di imitare il fratellino più grande a leggere un libro ad alta voce senza ancora neanche  conoscere le lettere dell’alfabeto. Scene a dir poco imbarazzanti, di cui è stato responsabile anche qualche addetto ai lavori.

L’informazione, con la sua approssimazione soprattutto su temi così delicati, può creare mostri e fare danni irreparabili.

L’informazione è un diritto pari quasi a quello del voto.

Si, perché come posso esercitare una scelta se neanche so a chi va indirizzata?

Ed anche quello, come d’altronde ogni diritto, è un bene per cui bisogna lottare e, una volta raggiunto, vigilare attentamente, come si fa sui propri figli, affinché nessuno possa toccarlo e danneggiarlo.

Avere un’opinione rafforzata da una corretta informazione è direttamente proporzionale alla capacità di difendere la propria libertà.

Nel nostro Paese è un po’ faticoso ottenere un’informazione libera e vicina alla verità, ma non impossibile.

Oggi la rete (non so fino a quando) permette a molte fonti di comunicare, libere da vincoli di potere. Sta a noi interessarci e saper filtrare quello che sa di buono e quello che invece puzza di propaganda. Un po’ come quando scegliamo un prodotto da comprare: non ci fermiamo alla prima offerta, ma cerchiamo di trovare la più conveniente, anche se ci prende un po’ di tempo.

Ecco, bisognerebbe dedicare un po’ di tempo ogni giorno a “ pulire” e “ raffinare”  la nostra informazione, un esercizio costante, una sorta di dovere inteso proprio come senso civico, che poi non è altro che sinonimo di libertà.

Come diceva Giorgio Gaber la libertà non è star sopra un albero ma partecipazione.

   In paesi come Francia, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna la partecipazione alle istituzioni e la presenza della popolazione alle azioni sociali è sicuramente più diffusa e sentita che da noi. Il senso civico è più presente, più vissuto, più considerato.

Le star pop come attori, cantanti ed esponenti dello show business non hanno timore a schierarsi contro o a favore dei politici e dei principi che questi rappresentano.

La popolazione spesso si ribella con forza a decisioni prese dal potere che non riconosce come rappresentative e che di conseguenza non accetta, reagendo così di diritto, anche con violenza.

Il nostro Paese ha una popolazione molto difforme, forse con un livello medio culturale più basso, e con una propensione congenita del “vivi e lascia vivere”, che la porta il più delle volte ad accettare ed incassare colpi che in realtà non la lasciano affatto vivere.

I VIP nostrani hanno la tendenza a schierarsi spesso col più forte, col padrone che li fa lavorare, piuttosto che dalla parte del giusto, abbassandosi spesso a sostenere una propaganda imposta. 

L’italiano è duro ed intransigente solo nel suo orticello di casa, dove tutto è pulito e ben tenuto, ma basta scendere in strada col cane e subito si dimentica anche dei principi base dell’educazione.

Qui si permette ad un politico, magari scelto da noi, di rubare somme vertiginose, ma si controllano gli scontrini al centesimo alle nostre collaboratrici domestiche a cui abbiamo chiesto di fare la spesa. Si è così pignoli nel controllo del nostro privato, così come si è permissivi con chi ha in mano il nostro futuro ed il futuro delle nostre generazioni.

Strano Paese, dove la gente è più attenta a come un politico si veste, alla sua simpatia, alle sue doti di “ comunicatore” piuttosto che a quello che realmente fa e propone.

Eppure basterebbe poco: prima cosa ascoltare, porre attenzione, perché non è vero che tutte le voci sono uguali, perché spesso la verità è proprio nel dettaglio così come la qualità. Poi riflettere, proprio come facciamo quando dobbiamo prendere decisioni importanti per noi e per la nostra famiglia per poi agire con coraggio e fermezza, senza alcun timore più o meno imposto da chi ci vuole tenere buoni.

Fare la cosa giusta, come per esempio VOTARE non è soltanto un dovere per la nostra comunità, ma soprattutto un diritto a tutela del nostro interesse più grande:

la libertà, un diritto sacrosanto, quello da cui dipende la nostra felicità.

Non farlo mette a rischio tutto quello fin qui conquistato spesso col sangue, il rischio di tornare indietro nel tempo dove la libertà apparteneva solo ad un nucleo di privilegiati.

Cicerone lo sapeva ed i cittadini romani affermavano con orgoglio: Civis Romanus Sum.

Quanto tempo ci metteremo a capire che ognuno di noi è Civis Italicus?

(foto NASA, Wikipedia.org)