La generazione che ha rubato il futuro ai propri figli.

Ho superato da la poco la fatidica soglia dei sessant’anni, quella che, a detta di molti, sancisce l’ingresso nella terza età e fa prevalere gli sguardi retrospettivi su quelli in avanti.

E devo dire che se guardo indietro, ai miei diciotto o vent’anni, mi vedo pieno di ottimismo, con obiettivi da raggiungere, sogni da realizzare, speranze da coltivare.

 

E se penso a mio padre, bracciante agricolo nella povera Sicilia degli anni settanta, lo ricordo voglioso di riscatto sociale tramite i suoi figli ed a ciascuno di noi seppe dare una prospettiva che ci proiettava più avanti di dove era arrivato lui.

Io ho potuto studiare, conseguire una laurea, avere un lavoro a tempo indeterminato con le giuste garanzie (non quelle subdolamente crescenti di conio renziano).

Io ho fatto la stessa cosa con mia figlia? Le ho consegnato il testimone della staffetta della vita sociale un metro avanti di dove sono arrivato io? Sicuramente no, e me ne dolgo, me ne dolgo tantissimo.

Se penso all’Ambiente constato come la nostra generazione sia stata un pessimo fittavolo del Pianeta Terra:

L’inquinamento ha raggiunto limiti insostenibili, il cemento ha preso il sopravvento sulle colture, per non parlare dell’amianto, della terra dei fuochi, del disastro dell’Ilva di Taranto, l’Acna di Cengio e tanti, tantissimi altri disastri ambientali.

Abbiamo fallito la missione di restituire ai nostri figli il giardino terrestre in condizioni non peggiori di come ce l’avevano lasciato i nostri padri.

È stata ed è, bisogna avere l’onestà intellettuale di ammetterlo,

una generazione che ha rubato il futuro ai propri figli

e quasi, quasi provo vergogna di averne fatto parte.

   Mi imbarazza vedere mia figlia alle prese col lavoro precario, mi intristisce pensare che mia figlia avrà una pensione da fame e che la potrà conseguire alla matura età di 75 anni.

Fa male leggere che secondo l’Istat sei giovani su dieci vivono con i genitori e che il 42% di loro sogna un futuro all’estero confermando, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’Italia non è un Paese per giovani.

Il lavoro precario è l’infamia dei nostri tempi, senza lavoro stabile (e non penso necessariamente al posto fisso) non si può programmare un futuro, crearsi una famiglia, dare corpo e sostanza ai propri sogni.

Trovare un lavoro sta diventando un miraggio, il posto fisso è tramontato, le possibilità di entrare nel mondo della produzione per chi è fuori si sono ridotte drasticamente. 

I giovani non riescono a trovare una buona occupazione, corrispondente al loro livello di istruzione e fanno sempre più fatica ad emanciparsi dalla famiglia di origine. Rimangono in casa coi genitori fino ad età avanzata, dipendendo tanti da loro per il proprio mantenimento. 

L'impossibilità di costituire una famiglia propria rende più difficile anche la costruzione di una propria autonoma identità. Sconforto e rabbia sono la conseguente risultanza di una situazione economica e sociale che impedisce ai giovani di esprimersi e realizzarsi.

Anche il loro disimpegno dalla politica e il farsi fatalmente attrarre nell’orbita dell’antipolitica trova una logica spiegazione in questa allarmante situazione.

Problemi che non si risolvono con la demagogia degli annunci, ci vogliono politiche serie di sviluppo, cospicui fondi per la ricerca, ingenti risorse per le infrastrutture. E di questo, di tutto questo, oggi non c’è alcuna traccia concreta.

La società italiana appare diretta da una classe politica dagli orizzonti limitati, caratterizzata com’è da una politica eticamente discutibile, dall'assenza di una vera cultura meritocratica, macchiata dalle grandi corruzioni, che rendono la condizione giovanile a dir poco opprimente. 

Mi preoccupa pensare a come sarà il giardino terrestre tra venti o trent’anni:

Si potrà ancora respirare?

Si potrà fare il bagno nel mare?

Ci saranno ancora i ghiacciai?

L’equilibrio ambientale resisterà al saccheggio antropico?

   Dubito, ne dubito fortemente.

Perché è successo e sta succedendo tutto questo?

Sono prevalsi gli egoismi generazionali, hanno vinto le ideologie del profitto ora e subito.

Il capitalismo ha vinto la sua battaglia contro il comunismo (mai sperimentato), ma ha perso la guerra più importante:

quella della sopravvivenza del genero umano.

Le statistiche sono impetuose, continuando di questo passo il genere umano è destinato a scomparire, è questione di qualche secolo, non di più, forse anche meno.

Forse siamo ancora in tempo a fermare questa diabolica e perversa spirale:

basta guardare negli occhi i nostri figli e, se non siamo vigliacchi, ci daremo da fare per invertire la rotta; non sarà facile, ma neanche impossibile.

Proviamoci almeno finché non sarà troppo tardi, almeno ci metteremo in pace con la nostra coscienza!

 

Il triste lascito

 

Anni complicati,

tempi di crisi,

occhi languidi

si vedono e tristi visi.

Il ben del vivere

la via ha smarrito,

come e perché

nessuno l’ha capito.

Non  lasceremo

ai nostri nipoti

né bei lasciti

né ricche doti.

Abbiamo ereditato

un  bel giardino,

ora diventato

quasi un latrino.

I mari, i laghi,

i torrenti, i fiumi,

sono tutti sporchi

e pieni di lerciumi.

Il sole non splende

come una volta,

tanti suoi raggi

han perso la rotta.

L’opaca luna,

con il buio errante,

di cose turpi

ne ha viste tante.

Odi, rancori,

amori assassini,

brutte sciagure,

tristi destini.

A causa del morso

alla fatale mela

il Pianeta è  ridotto

da far pena?

E’ dentro di noi

la vera risposta,

chi la conosce

piange senza sosta!

 

Poesia di Michelangelo La Rocca

 

 

 

(foto da pixabay, deathandtaxesmag.com)