Madame Serisso, la voce dell’adulterio.

«Ci sono molti appellativi per definirmi “la fedigrafa”, “l’adultera”, “la traditrice”, Madame Serisso. Un nome forse il mio, forse il suo. Ma il mio nome, la mia identità si è persa nei secoli. Eppure quel nome è lì, registrato su una targa, attaccato a un muro, a monito, nello stesso punto, dalla stessa angolazione in cui osservavo il mondo, la vita che scorreva intorno a me, indifferente e malevola.

È rimasta attaccata a quel muro la mia coscienza, a monito, insieme ai ricordi e alle sensazioni, alla felicità, alla solitudine, alla speranza che giorno dopo giorno diventava brezza di mare, nebbiosa al mattino.

 

Ero Madame Serisso, la moglie di Felice, il mercante.

Viaggiava per mare, alla ricerca estenuante di una ricchezza che confortava lui. A me rimanevano solo rispetto del mio stato e la solitudine. Nessuna gioia nella mia vita, non un figlio, non un’amica, solo noia in attesa del suo ritorno. Giunse un giorno e portò Dragut, lo schiavo turco. Mi stupì che quella carne giovane e forte non fosse merce di ricchezza. La tenne per sé, per vanità. Ritornai a essere Madame Serisso, dedita alla devozione per mio marito, poi sparì di nuovo trascinato dall’avidità. Lasciò Dragut con me, per la mia sicurezza, non per il mio diletto. Ma giorno dopo giorno la pena che avvertiva nel cuore il giovane pirata, diventò la mia pena, la sua gioia la mia, il mio piacere il suo. Scoprii che la devozione a un uomo non è dovere, è sentimento vivo, è oro fuso, non un gioiello freddo sulla pelle.

Dovevo alleviare la sua pena e con essa la mia. Dovevo riscattare le nostre vite e la nostra felicità. Fuggimmo, non c’era altra soluzione. Fummo felici per diverso tempo e non rimpiansi un giorno della mia vita passata. Felice ci trovò, uccise Dragut sotto i miei occhi e quel sangue che sgorgava dalla ferita viva al cuore lacerava il mio. Poi fui solo una testa, custodita come reliquia fino alla porta della mia vecchia casa e appesa su un palo a monito per tutte le altre donne che avrebbero preferito l’amore al dovere.»

A Trapani, nei pressi di Porta Ossuna, una delle vie di accesso delle Mura che anticamente difendevano la città, c’è una strada, via Serisso, la quale prende il nome da Felice Serisso, un mercante votato alla pirateria, tristemente famoso perché all’angolo della via appese la testa della moglie, mozzata con le sue stesse mani, che era fuggita con il loro schiavo. La vicenda di Serisso dal Medioevo è giunta fino a noi, alimentata dalla fantasia di poeti e cantastorie, ma sempre e solo considerata dal punto di vista del marito tradito.

L’adulterio di una donna soprattutto nel Medioevo era un reato grave, al punto che il marito era costretto a farsi giustizia, pena la gogna con l’accusa di essere un ruffiano (cornuto e bastonato), pertanto non stupisce la reazione di Serisso quando si ritrovò davanti i due traditori.

Ciò che mi ha stupito è che nessuno abbia provato empatia per la povera Madame Serisso.

A ben pensarci che cosa ha fatto di male la donna? Era abbandonata a se stessa per la maggior parte dell’anno con l’unica occupazione della casa. Si ritrova davanti un bel moro, giovane, aitante, magari triste per la propria condizione di schiavo.

Situazione da risvegliare la sindrome di crocerossina di qualsiasi donna fornita di un apparato circolatorio funzionante. “Dragut, io ti salverò!”. E allo stesso tempo, quale colpa attribuire al giovane pirata, se non un subitaneo contagio di sindrome, questa volta di Stoccolma? Certo che se avessero scoperto la psicoanalisi qualche secolo prima ci saremmo evitati una testa mozza appesa in pieno centro storico!

Inoltre i poveri amanti, non hanno pensato mica a delinquere.

Avrebbero potuto attendere l’arrivo di Serisso, servirgli una massiccia dose di digitale nel couscous e attendere un bell’attacco di cuore, per poi godersi le sue ricchezze fino alla morte. Lo stato di vedova a quei tempi, nel caso di agiatezza, era l’unica possibilità di indipendenza reale di una donna. Quindi l’unico torto attribuibile a Madame Serisso è di essere stata impulsiva e onesta e di non essere fuggita abbastanza lontano.

L’adulterio purtroppo è una di quelle condizioni che non va mai fuori moda.

Il delitto d’onore fu abolito in Italia solo nel 1981, la cronaca è piena di donne massacrate dai propri uomini per futili ragioni quali la gelosia, e se andiamo fuori dall’Italia le notizie diventano raccapriccianti.

In questi giorni gira sui Social la notizia che in India, due ragazze sono state condannate allo stupro perché il fratello è fuggito con la moglie di un altro.

Roba che avrebbe fatto accapponare la pelle anche a Serisso.

Il tutto sembrerebbe circoscritto a situazioni di precarietà psichica e culturale se non ci si soffermasse sulla vicenda Ashley Madison. Forse qualcuno ricorda, (non vi sto accusando di demenza senile, sono solo consapevole dei danni apportati dalla società liquida sulla memoria) che il mese scorso ci sono stati diversi suicidi in seguito alla fuga di informazioni riservate della Ashley Madison, un social network canadese per adulteri.

Sarò poco empatica ma non ho provato alcuna pena per i suicidi. Io sono del parere che la differenza tra un adulto e un adolescente sta nella responsabilità e che a una causa segue sempre un effetto.

Se sei maturo per tradire dovresti esserlo anche per prenderti la responsabilità di ciò che hai fatto davanti i tuoi affetti e a tutta la società. Che poi un fatto privato, quale la propria sessualità, debba suscitare tanta morbosa attenzione da parte dei Media e non solo è qualcosa che si perde nella notte dei tempi e non ha spiegazioni se non che parlando degli altri evitiamo di analizzare noi stessi. Ma questa è un’altra storia.