Toscana da guardare, Toscana da mangiare e… il peposo

Quando penso alla Toscana non posso non ricordare l’immensa eredità storica e artistica ci ha lasciato. Ma anche gli splendidi panorami, le tradizioni, il buon cibo e le superstizioni… e da figlia di un toscano, ne so veramente qualcosa.

 

La Toscana è la regione delle rivalità antiche e mai sopite, e la prima volta che andai a Siena ne venni letteralmente travolta. Non potrò mai dimenticare il primo Palio, la famosa competizione delle contrade con i fantini a cavallo, che ebbi il privilegio di godermi dall’alto della “mossa”. Così come non dimenticherò mai i festeggiamenti tra sacro e profano, prima e dopo la corsa.

In Toscana ogni cosa è avvolta da un fascino antico e misterioso, e di cui spesso si perdono le tracce.

Come ad esempio il “pane sciocco” che addirittura Dante, nella Divina Commedia, arriva ad indicare, nella necessità di adattarsi al pane salato, il segno tangibile del suo doloroso esilio da Firenze.

“Tu proverai sì come sa si sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”

Canto XVII del Paradiso (versi 58-60)

  Sembra che le origini di questa particolare usanza risalgano al 1100, quando a causa delle rivalità tra Pisa e Firenze, Pisa bloccò i rifornimenti di sale per costringere Firenze alla resa. Fu così che al contrario l’avversaria iniziò a produrre pane senza sale.

L'uso limitato di sale preservava la salute, anche se si abbondava in vino gioia per le osterie.

 

 

Questa però non è l’unica spiegazione arrivata sino a noi. Sta di fatto che oggi questo pane “sciocco”, senza sale, sembra abbinarsi alla perfezione con i già robusti sapori della cucina toscana.

 

Ma come potrei dimenticarmi della Cinta senese quella razza di splendidi suini dal manto nero con una fascia bianca che “cinge” il garrese, il torace, le spalle e le zampe anteriori e da cui deriva il nome. Già allevata dagli Etruschi e raffigurata nell'affresco di Ambrogio Lorenzetti denominato “Effetti del Buon Governo”.

"La campagna ben governata", Palazzo Comunale di Siena, risalente al 1338.

 

E come potrei non menzionare la Chianina, il gigante dal mantello bianco. Gli splendidi e imponenti bovini, le cui origini si perdono nel tempo e che il Brunelleschi tanto apprezzava.

C’è una storia che lega il Duomo di Firenze, uno spezzatino e il Brunelleschi.

Quando a Greve e all’Impruneta si fabbricavano i mattoni, gli operai che vi lavoravano dalla mattina alla sera non avevano molti denari in tasca così impararono a buttare i tagli poveri di carne in un orcio, tenuto sulla bocca del forno sino a quando la lenta cottura li ammorbidiva.

Si Aggiungeva poi aglio e vino rosso e si accompagnava a pane sciocco, ed ecco il nostro peposo.

Fu così che nel 1425, durante la costruzione del Duomo, Brunelleschi si trovò di fronte a un bel problema, perché quando gli artigiani andavano a pranzo nelle osterie, ritornavano inevitabilmente al lavoro un pò brilli.

Così, dopo aver assaggiato il peposo ed aver scoperto la sua storia, decise di creare due “mense” direttamente sulle impalcature dei lavori.

 

PEPOSO ALLA FORNACINA

Ingredienti per 5 persone, come piatto unico.

Muscolo di vitellone Chianino 1 Kg.

Spicchi d’aglio a secondo del gusto, 5 possono bastare.

Vino rosso, un bicchiere, il Chianti è preferibile.

Concentrato di pomodoro (doppio, questo non era nella ricetta originale, ma naturalmente dopo la scoperta dell'America) 500 gr.

Pepe nero  di Cayenna ( è fra i migliori) macinato fresco 2 cucchiai da caffè, anche questo a seconda dei gusti, ma nel peposo...

Sale, tre "pizzichi", in quanto già il pepe e il vino danno sapore ( anche 2 possono bastare). 

  Tagliate il muscolo a tocchi, ponetelo, possibilmente, in un tegame di coccio poiché è adatto a una cottura lenta e mantiene i sapori, cospargetelo di pepe, salatelo ed impastatelo un po’. "Massaggiatelo" o "impillottatelo" ( termine del vernacolo aretino) per  fargli assorbire meglio le spezie. Ricordatevi di porre sotto il tegame una retina spargi-fiamme.

Mettete gli spicchi d’aglio, il concentrato di pomodoro sciolto in un bicchiere d’acqua calda e coprite la carne a filo con il vino rosso.

Cuocere in forno a circa 180° per quasi 3 ore aggiungendo dell'acqua calda quando si asciuga troppo e rigirando la carne ogni quarto d'ora.

A cottura ultimata risulterà  una salsa densa e cremosa. Naturalmente molto dipende dalla carne che non dovrà essere troppo magra, ma anzi ricca di nervi e callosità che durante la cottura rilasceranno il collagene dando corposità alla salsa.

I contorni ideali del peposo sono la polenta e i fagioli cannellini.

Da figlia di toscano le parole non mi mancano di certo ma preferisco tacere, lasciandovi assaporare questo delizioso piatto accompagnato da un buon Brunello.

 

 

  (foto d Mariamichelle Chikid su pixabay, peposo foto di Alisa Grey)