La storia infinita

“La storia infinita” è un romanzo fantasy di Michael Ende pubblicato nel lontano 1979, storia che trovo fantastica e che mi ha appassionata, ma non vi parlerò di questo. Bensì di storia.

Ok, ok! Prima che voltiate pagina, vi tranquillizzerò dicendovi che non vestirò i panni della maestrina parlandovi di imperi e guerre, e nemmeno dei miei amati miti greci, dai quali traggo spesso ispirazione.

Devo ammettere che quando mi sono resa conto di quanto fosse forte questo mio “amore” per il passato, son rimasta stupita io stessa. Non ho mai amato molto studiare, ma ogni qual volta mi trovo in un luogo che conserva nelle proprie fondamenta secoli di segreti e di vite vissute all’interno di esse, rimango affascinata. Domandandomi se in quel preciso punto, qualche centinaio di anni prima, avesse camminato un esercito, oppure se un cavaliere avesse combattuto per il proprio re.

Attraverso queste poche righe, vi dimostrerò di come la storia siamo noi. Sembra un frase presa da una canzone, ma per me, questa estate ha assunto un significato importante, rinnovando la mia passione.

 Estate 1996

Quante volte avete sentito dire dai vostri nonni “Quando ero giovane io, ai miei tempi…”.

Immagino parecchie volte, troppe forse. Sicuramente la reazione della maggior parte di noi è stata quella di alzare gli occhi al cielo senza mai davvero prestare attenzione a ciò che ci veniva raccontato, pensando che il nostro presente fosse migliore, mentre i nostri nonni con piacere snocciolavano i loro trascorsi di vita vissuta, rivivendo nella mente quei momenti così cari.

   Estate del 1996, vi starete domandando “ma che cavolo centra?”

Un anno come gli altri, un estate come le altre, ma quella fu per me, forse l’ultima in cui andai in vacanza con la mia famiglia e forse la prima in cui scoprii la mia vera vocazione.

Provenendo da una famiglia numerosa composta da cinque fratelli, immaginate quanto eravamo rumorosi ed ingombranti, facendo impazzire nostra madre. Attendendo quel magico momento in cui si poteva lasciare la piccola e caotica casa e partire per nuove mete dove divertici. Le vacanze.

Attendavamo il momento della partenza con trepida attesa, spesso ritrovandoci a vagare per casa tutti e cinque in piena notte, belli svegli per l’eccitazione. La nostra meta è sempre stata la riviera adriatica, che per noi era paragonabile alle Maldive, un posto paradisiaco col nostro hotel di fiducia che ci attendeva con un paio di camere belle pronte e due piscine sempre disponibili. Sebbene cambiava poco un anno con l’altro, per noi conservava la freschezza e la novità della prima volta.

Avevo 17 anni, e per me l’estate significava farsi nuove amicizie e conoscere ragazzi, interminabili bagni in piscina, senza preoccuparmi della tintarella o del trucco. Vivevo quegli istanti in modo intenso e spensierato.

Come tutti ben sappiamo quando ci si diverte il tempo vola e quando tutto finiva, tornavo a casa col cuore colmo di sensazioni e con nuovi indirizzi di amiche e ragazzi a cui inviare lettere per ricordare i bei momenti passati insieme e rivivere le emozioni intense che solo le notti d’estate possono regalare ad una ragazzina di quell’età.

Convinta che quell’amore o che quell’amicizia durassero in eterno, riversavo durante l’anno scolastico sulle pagine della “smemo” la malinconia di quell’euforia vacanziera. Fu proprio in quell’anno che iniziai a scrivere, passando ore a scrivere su quel minuscolo tomo che al termine della scuola era cresciuto di parecchi centimetri. Inventando storie nuove, dove i protagonisti erano proprio quelle amicizie estive, a volte trasformandole in qualcosa di più, incidendo su carta le mie fantasie su dei volti che non rividi mai più.

Estate 2015

19 anni son passati da allora, da 17enne sognante, ora son diventata a mia volta una mamma, magari non completamente matura, ma mi piace spacciarmi per una persona adulta.

Quest’anno come allora ho vissuto la partenza con euforia, addirittura con la stessa insonnia, anche se dovuta alla mia gravidanza più che all’eccitazione di partire. Un break rilassante dalla rutine dell’anno di lavoro e della vita familiare. Incredibile come un evento apparentemente insignificante possa farci fare dei veri e propri salti indietro nel tempo, ma è quello che è accaduto a me.

Ero a cena con mia figlia e mio marito, la sala da pranzo immensa, tutti gli ospiti che si alternavano al buffet per accaparrarsi la porzione di dolce migliore. Sbirciando tra la folla, vidi una famiglia “nuova arrivata”.

Madre, padre, figlia, nulla di strano fin qui. La mia attenzione si concentrò sui genitori. Li osservai entrare ed avvicinarsi al caposala domandando dove fosse il proprio tavolo, distinti e ben vestiti per la cena, mi domandai che lavoro facessero e da dove provenissero, ignorando per il momento la figlia che rimase nascosta voltandomi le spalle.

Quando si voltò, notai che il suo capo era chino su qualcosa che a quanto pareva era “attraente “ e molto importante più che tutto il resto. Un piccolo display sul quale le sue dita picchiettavano ininterrottamente senza badare al mondo che c’era fuori. Accanto a lei i suoi genitori, cordialmente parlavano con il cameriere ascoltando con attenzione le istruzioni. Al momento non ci diedi peso, in fin dei conti non era la prima ragazzina che vedevo e che vedrò assorta nel proprio “mondo”. Ma la cosa che mi colpì, fu quando il resto del gruppo si spostò per seguire il cameriere, in coda la ragazzina non alzò nemmeno lo sguardo per osservare la sala o gli altri ospiti, seguì i genitori, come avesse inserito un radar.

Non fraintendetemi, sono una vera appassionata di tecnologia, smartphone, pc e tablet, ma quella scena mi fece riflettere. Nei giorni seguenti, la osservai, in piscina, non la vidi fare il bagno nemmeno una volta, rimase seduta sulla sdraio a prendere il sole, alternando il tutto con sessioni di chat intense.

Mentre i suoi genitori li incontravo spesso passeggiare e “godersi” i confort che l’hotel offriva. Il suo relax, da quel che potevo constatare, era tutto concentrato sullo smartphone. Inizialmente arricciai il naso pensando che, se fossi sua madre le avrei fatto volare il telefono nell’acqua, ma fu proprio in quel momento che dissi mentalmente “ai miei tempi”. Rivedendo me a 17 anni dentro quella stessa piscina, a tuffarmi ed a giocare con le mie nuove amiche di vacanza e con i miei fratelli, a flirtare con qualche bel cameriere giovane, anch’esso alla ricerca di un avventura estiva, a godere ogni istante di quel tempo per me prezioso di “libertà”.

Ma accadde qualcosa che mi fece pentire di aver demonizzato la “moderna vita social” dei teenager di oggi. Infatti, osservandola con attenzione, notai come quella ragazza sorrideva quando scriveva, e di come le brillavano gli occhi quando parlava al telefono e di come la vidi esultare quando arrivò la sua amica del cuore in vacanza. Seppure di epoche diverse, in apparenza così diverse, compresi che infondo avevamo in comune molto di più di quel che pensavo.

Anche se era passato del tempo, le emozioni erano le stesse, vissute in modo diverso sicuramente, ma sia la me stessa di 17 anni che quella ragazzina in quei momenti eravamo al settimo cielo. Anche tra altri 19anni anche la ragazzina 17enne del futuro proverà quelle stesse emozioni.

 

La Storia infinita la scriviamo noi ogni giorno, con le nostre azioni, guidate dal nostro cuore, buone o cattive che siano.

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