Enrico Berlinguer è ancora tra noi.

Sono passati più di 30 anni e sembra ieri, è trascorso più di un trentennio ed il suo pensiero e la sua lezione politica e morale sono più che mai vivi ed attuali.

 

Anzi, a distanza di così tanto tempo la sua mancanza si avverte sempre di più, il vuoto da lui lasciato sembra sempre più incolmabile.

La statuaria grandezza di Enrico sta tutto in questo dato: è come se il tempo si fosse fermato, più passa il tempo e più sembra essere ancora presente tra di noi.

La sua azione politica svolta in modo schivo, riservato e pudico ha lasciato il segno sia nella politica estera, sia in quella nazionale.

In politica estera si può dire che abbia precorso Gorbaciov ed abbia contribuito ad anticipare la caduta dell’Unione Sovietica, quello Stato che si professava comunista e che più di tutti e più di ogni cosa ha fatto male, molto male al comunismo.

Berlinguer lo comprese in tempo e per tempo prese le distanze da quel regime, ovviamente nei tempi e nei modi che allora gli erano consentiti.

Sembravano tempi lunghi, incerti, contraddittori e, forse, a volte lo erano, ma i suoi tempi scaturivano da un preoccupazione che teneva sempre presente: quella dell’unità del Partito.

Era costante in lui la preoccupazione di portare il partito, tutto il partito, su posizioni di sicura autonomia rispetto all’Unione sovietica, su percorsi democratici ed occidentali.

Se pensiamo in che stato si trova oggi il centro sinistra e la sinistra in tutte le sue componenti, si capisce come e quanto ci sia bisogno di unità e come la lezione di Enrico sia ancora attuale e come sia indispensabile che la classe dirigente della sinistra di oggi assimili e faccia propria una simile lezione se si vuole ridare dignità ad un’area tanto vasta e politicamente composita che aspetta di riconoscersi in una leadership seria, moderna ed unitaria, capace, cioè, di anteporre le sorti della sinistra e del Paese ai i meschini interessi di parte o personali.

Una necessità, questa, attuale ed urgente nel momento in cui nubi minacciose si addensano sui destini del nostro Paese, della nostra democrazia e della nostra libertà.

Purtroppo non ci sono segnali incoraggianti sul fatto che l’attuale classe dirigente del centro sinistra e della sinistra abbia capito ed assimilato la lucida ed esemplare lezione berlingueriana.

Anzi, non sono mancati dirigenti del PDS, prima, e del P.D., poi, che hanno avuto l’impudicizia di affermare che Craxi politicamente aveva sconfitto Berlinguer: bestemmia, grande bestemmia.

Non si confonde, non si può confondere la cronaca con la storia!

Se mai ce ne fosse bisogno le vicende misere e meschine della casta, prima, e della cricca, oggi, sono lì a confermare come Enrico avesse saputo guardare avanti individuando nella questione morale la questione delle questioni e come, invece, Craxi, vero precursore del berlusconismo, abbia posto le basi dell’attuale crisi etica, sociale e politica. Basta leggere qualche passo della famosa intervista a Eugenio Scalfari, pubblicata su “La Repubblica” il 28 luglio 1981 per capire come Berlinguer abbia saputo guardare lontano: I partiti non fanno più politica. I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune […], sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un “boss” e dei “sotto-boss”.

Credo che una rinascita della sinistra in tutte le sue varie componenti passa necessariamente da una rivisitazione e da una esplicita riabilitazione della vita, dell’opera e del pensiero politico di Enrico Berlinguer, autentico democratico, sincero amico dei lavoratori, innamorato della pulizia morale. Mi piace concludere questo mio ricordo della figura di Enrico Berlinguer con un aneddoto personale.

Nel 1983, in occasione del mio matrimonio, mio padre venne a trovarmi in Piemonte ed andammo insieme a sentire un comizio che Enrico tenne in Piazza San Carlo a Torino in occasione delle elezioni politiche che si svolsero in quell’anno. Quella sera mio padre era felice, era come se avesse coronato il sogno della sua vita. Lui bracciante agricolo, comunista da sempre e per sempre, era felice come un cattolico che fa visita al Pontefice. In fondo il PCI per tanti militanti fu la loro Chiesa, il comunismo la loro fede, l’uguaglianza il loro paradiso.

L’anno dopo, purtroppo, a meno di un mese di distanza, morirono entrambi ed io divenni orfano …due volte!