Come nasce la lingua italiana.

Le radici della lingua italiana.

La lingua è il frutto delle trasformazioni dei costumi e dell’organizzazione della vita di un popolo. Gli eventi storici cambiano il modo di vivere e di pensare, nonché il modo di scrivere e di parlare. La lingua italiana trova le sue radici nel mondo latino e ancor prima nelle lingue indoeuropee.

 Origini delle lingue indoeuropee.

Tra il Danubio e il Volga, circa 3000 anni prima di Cristo, viveva una popolazione, la quale si divise in molti gruppi e migrò alla ricerca di nuovi territori. Questi popoli, chiamati Indoeuropei dal nome dei territori occupati, l’India e l’Europa, si divisero in quattro gruppi:

  • un gruppo si diresse verso Oriente originando insediamenti di Indiani e Persiani;
  • un gruppo formato da Ittiti e da Greci si diresse a Sud e occupò l’Asia Minore e la Grecia;
  • un gruppo formato da Germani e da Celti si diressero verso l’Europa occidentale;
  • il quarto gruppo formato da Veneti, Osco-Umbri, Iapigi, Messapi e Latini si diressero verso la penisola italiana dove incontrarono Liguri, Piceni, Etruschi e Sicani.

Come spesso succede le abitudini, le convinzioni religiose e le conoscenze tecniche dei popoli conquistatori, si mescolarono a quelle delle popolazioni del posto dando origine a notevoli cambiamenti. Lo stesso valse per la lingua. Le lingue parlate dagli Indoeuropei mescolate con quelle dei popoli con cui vennero a contatto diedero vita alle lingue indoeuropee .

 Come nascono le lingue neolatine.

Dopo la fondazione di Roma, i Latini che maggiormente si erano insediati tra gli indoeuropei, si scontrarono prima con i popoli confinanti, poi con gli altri popoli italici e si arrestarono solo quando ebbero conquistato tutta la penisola.

La lingua latina diventò da quel momento la lingua dei Romani. Data la diversità dei popoli che vi erano nella penisola, il latino si affermò in maniera differente. La forma scritta rimase invariata per alcuni secoli, anche perché era la lingua di pochi colti, dei pubblici funzionari, della scuola e della letteratura.

 Il latino parlato invece cambiò rapidamente, si arricchì di termini nuovi e subì trasformazioni nella struttura di molte parole. Con la disgregazione dell’Impero Romano, il latino parlato subì nuovamente dei cambiamenti. In alcune zone come l’Africa scomparve quasi del tutto, in altre ripresero il sopravvento le lingue originarie e in altre ancora, dove la dominazione dei Romani era stata più lunga, il latino rimase pur con nuove mutazioni.

 Nacquero così le lingue Neolatine o Romanze. Le principali sono: la lingua sarda, la lingua italiana, la lingua spagnola, la lingua romena, la lingua catalana, la lingua occitana o provenzale, la lingua portoghese, la lingua francese e il ladino.

 

Come si passa dal latino al volgare.

Dopo la caduta del Sacro Romano impero, la penisola italiana fu nuovamente preda d’incursioni da parte di molti popoli. Nell’Ottocento Longobardi, Bizantini, Franchi, Arabi e altri invasero e si divisero il territorio italiano riducendo la popolazione alla fame.

La maggior parte della popolazione inoltre, era quasi del tutto analfabeta; come nei secoli precedenti, la lettura e la scrittura erano, di fatto, privilegio di monaci, della Chiesa e di pochi altri. Il latino classico fu usato da costoro in forma per lo più scritta e non subì molti mutamenti. Al contrario il latino parlato si trasformò rapidamente e divenne la lingua del popolo, il “volgare” dal latino vulgus, cioè del popolo. 

L'Indovinello veronese, probabilmente  scritto da un amanuense veronese tra l'VIII e il IX secolo, è forse il più antico testo pervenuto che usi lingua romanza (i Giuramenti di Strasburgo sono datati a cinquant'anni più tardi) e rappresenterebbe un possibile atto di nascita del volgare in Italia anche se non tutti gli studiosi sono concordi e alcuni ritengono che si tratti ancora di latino.

Il volgare, a causa dei diversi dominatori che si erano spartiti l’Italia, si trasformò da regione a regione in tanti volgari italiani detti appunto dialetti. Nella terra degli Etruschi, il volgare fiorentino, simile al latino più degli altri perché meno contaminato, divenne la lingua anche dei dotti, diffondendosi anche tra il resto dell’Italia.

Dal volgare fiorentino all’italiano.

Tra il 1100 e il 1300 molti letterati sostituirono gradualmente il latino, lingua dei dotti, col volgare per raggiungere un pubblico più ampio.

Vale la pena ricordare San Francesco d’Assisi con Il Cantico di Frate Sole (conosciuto come il Cantico delle Creature ) e Fra Jacopone da Todi umbri, i siciliani Pier delle Vigne e Jacopo da Lentini quest’ultimo inventore del sonetto e i letterati toscani del “Dolce stil novo” Dante e Guido Cavalcanti.

I due volgari usati maggiormente da scrittori e poeti furono quello siciliano e quello fiorentino.

Il volgare fiorentino si affermò più degli altri diventando la lingua più conosciuta nella penisola grazie alla diffusione delle opere di Dante, Boccaccio e Petrarca e grazie anche al fatto che fosse la lingua più comprensibile per chi proveniva fuori dall’Etruria. Da aggiungere che Firenze ricopriva un ruolo molto importante nella vita politica ed economica del nostro paese.

Il fiorentino fu usato per scrivere opere letterarie, tecniche e scientifiche, rimase però, potremmo dire, monopolio delle poche persone istruite.

Dal 1500 in poi le vicende economiche e politiche che avversarono l’Italia fecero sì che si riaffermassero i dialetti locali. Più colti e raffinati che in precedenza, i dialetti saranno usati fino al diciannovesimo secolo anche per redigere atti notarili, nelle prediche in chiesa, nonché in tutte le forme di comunicazione pubblica.

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 Con l’unificazione del Regno d’Italia del 1861 anche se mancavano ancora da annettere lo Stato Pontificio e il Regno di Sardegna, si avviò anche il processo di unificazione linguistica.

L’unificazione linguistica da parte degli intellettuali e degli scrittori avvenne nella seconda metà dell’Ottocento ma, solo dopo l’unità politica divenne un fenomeno popolare.

I fattori che contribuirono alla diffusione della lingua italiana furono l’emigrazione, la partecipazione dei soldati alle due guerre mondiali, l’estensione dell’obbligo scolastico e la diffusione dei mezzi di comunicazione.

La stampa e la diffusione dei quotidiani nazionali, poi la radio e il cinema fecero in modo che la lingua italiana raggiungesse un pubblico sempre più numeroso.

Ma fu l’avvento della televisione nella seconda metà del ‘900, che con spettacoli e notiziari in lingua italiana estese la lingua nazionale a tutti i livelli sociali, anche se in famiglia e con gli amici si parlava il dialetto.

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