Ieri e Oggi: i giovani, l'Italia, l'Europa e la patria nel terzo millennio

 

 

 

Dal correva l'anno 1886... al 2016! 

 

Elzeviri e Fotografie dei tempi al ritmo del libro Cuore di De Amicis:

Dai tempi del libro Cuore di De Amicis        

            29 ottobre    

     l piccolo patriota padovano

 

   

ll piccolo patriota padovano è uno dei racconti più belli del romanzo di Edmondo de Amicis.
E’ ambientato negli anni successivi alla proclamazione dell’Unità d’Italia e racconta la storia di un undicenne venduto dai propri genitori ad una compagnia di saltimbanchi il quale, nonostante il suo stato di estremo bisogno, rinuncia al denaro e preferisce non mortificare il proprio orgoglio di italiano.

Che dire? Una lezione di attaccamento alla propria, giovane Patria, costi quel che costi.
E per lui costava molto, moltissimo.

 

Il pensiero corre ai nostri ragazzi di oggi ed alla nostra Italia del terzo millennio.

Quanti ragazzi di oggi, tra quelli che frequentano la scuola primaria, avrebbero avuto tanto coraggio, un simile orgoglio, una tale fierezza di appartenenza alla nostra derelitta Italia di oggi?

Confesso che non ho neanche il coraggio di provare ad abbozzare una risposta, l’esito sarebbe scontato e scoraggiante.
E la colpa, si badi bene, non è solo e soltanto dei ragazzi che non riescono ad amare la propria Patria, ma anche, se non soprattutto, dell’Italia, di chi la rappresenta, di chi la governa, che nulla fanno per inculcare nell’animo dei nostri ragazzi un amore per la Patria così bello, così limpido, così eroico come quello che albergava nell’animo del nostro piccolo eroe del racconto di de Amicis.

E questo ci deve fare riflettere sullo stato di gravissimo degrado etico e morale in cui si trova oggi la nostra derelitta Italia.

Per dirla col Sommo Poeta:

nave senza nocchiero in gran tempesta, non serva di provincia ma bordello!

Questo bellissimo racconto, che ha un altissimo valore pedagogico considerando che i destinatari erano i ragazzi della scuola, ci offre lo spunto per fare una riflessione sul concetto di Patria agli albori del terzo millennio.

Viviamo tempi di grosse, epiche, sconvolgenti mutazioni; siano nel mondo del globalizzazione e, forse, il concetto di Patria sta perdendo di significato, di attualità.

 

Ci sentiamo tutti cittadini del mondo anche se, in modo contraddittorio, nei momenti di crisi acuta, come quelli che stiamo vivendo ora, ci chiudiamo a riccio nel nostro angusto recinto e rispondiamo ad una drammatica domanda di accoglienza alzando muri e fili spinati.

L’impressione è che il concetto di Stato, di Nazione sia entrato in crisi senza che, però, nel contempo si sia affermato un modo di vivere e convivere a livello internazionale in uno spirito di fraterna collaborazione.

Ne sono una drammatica testimonianza i focolai di guerra presenti in tutti gli angoli del nostro Pianeta ed il biblico esodo degli emigranti quasi mai accolti con la necessaria e dovuta solidarietà.
E poi dicevamo della crisi del concetto di Stato, di quello di Nazione.

L’Italia, la nostra Italia, ne è una plastica dimostrazione.
L’Italia del piccolo, grande Patriota, era uno Stato ai suoi albori, viveva il suo “stato nascente” che è foriero di emozioni, di sogni da realizzare, di speranze da inseguire.

Ed ecco che il piccolo patriota rinuncia ad una prospettiva di benessere, di cui aveva tantissimo bisogno, per difendere la sua Patria, nata da poco, per la quale erano morti tantissimi illustri patrioti.

L’Italia della seconda metà dell’ottocento incarnava l’idea di un futuro, di una speranza, di sognare ad occhi aperti.
L’Italia di oggi appare vecchia e stanca, senza prospettive e non potrebbe mai capitare che qualcuno rinunci a qualcosa per difenderla, perché abbiamo una crisi d’identità e non ci identifichiamo in essa in modo totale ed assorbente.

Quello che diciamo dell’Italia vale anche per l’Europa, la vecchia Europa: anch’essa stanca e senza ideali.

Diciamo che l’Italia di de Amicis somiglia all’Italia del primo dopo guerra, quando c’era voglia e speranza di costruire ciò che la guerra, la nefanda guerra, aveva distrutto.

E questa amara constatazione fa nascere un dubbio atroce: forse che per ritornare a sperare, a sognare, a guardare al domani, ad aver voglia di futuro è proprio necessario toccare il fondo? Evito di rispondere a questa domanda perché mi assale il tremendo dubbio che la risposta potrebbe essere positiva.

E sarebbe, questa sì, una risposta devastante, devastante per tutti!

 

 

(Per le foto: protothema.gr, bestofbothworlds)