Antibiotici dalla terra

Quando la natura si dimostra una risorsa preziosa

"Non si tratta più di una previsione per il futuro, ma di un serio pericolo che sta già gravando su ogni regione del mondo e che potenzialmente potrebbe riguardare chiunque, di qualsiasi età, in qualsiasi paese. Questa è oggi la principale minaccia per la salute pubblica."

 

Queste le parole con cui, nel 2014, l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità), avvertì il mondo intero sulla non possibilità di garantire la cura delle infezioni batteriche. Vecchie malattie considerate ormai sconfitte, come polmonite e tubercolosi, sono tornate più potenti di prima a minacciare la nostra salute e il nostro sistema di difesa naturale.

Gli antibiotici creati dall'uomo diventano sempre più inutili davanti alla minaccia di batteri, al contrario, sempre più resistenti.

I microbiologi, tuttavia, non hanno ancora gettato la spugna. Il loro lavoro prevede la ricerca continua di nuove soluzioni. È per questo che i ricercatori della Rockefeller University di New York si sono messi a caccia di nuove soluzioni esplorando

il suolo, nel quale potrebbero vivere batteri e altri microbi aventi geni con proprietà antibiotiche.

Al contrario di ciò che comunemente si pensa, infatti, i farmaci che comunemente usiamo contro i microbi non derivano solo da funghi del pane ammuffito, come la penicillina, o da molecole elaborate in laboratorio.

Una delle fonti principali degli antibiotici che oggi utilizziamo sono proprio i batteri.

La ragione è molto semplice. Pur non rendendocene conto, i microbi fanno parte della nostra vita quotidiana, in ogni aspetto.

Non li possiamo vedere, ma i batteri sono ovunque, a partire da un prato erboso sino ad arrivare al cavo orale di ogni persona e ciascuno di questi luoghi è lo scenario perfetto per la lotta tra microbi che cercano di ottenere il controllo del territorio.

È così, quindi, che possiamo indicare gli antibiotici come armi di attacco utilizzate in queste battaglie e i geni per la resistenza come le armi per la difesa che vengono sviluppate dai batteri stessi.

Il team di ricercatori della Rockefeller ha preso in esame e continua tuttora a farlo centinaia di campioni di suolo proveniente da tutti gli Stati Uniti, sfruttando proprio le lotte per il territorio.

Batteri patogeni vengono messi in "pozzetti" abitati ciascuno da un microbo sconosciuto. Ai ricercatori, quindi, non resta altro che attendere e verificare in quali pozzetti i batteri anonimi sono sopravvissuti, studiandoli, quindi, per creare da essi nuovi farmaci.

Per facilitare il loro lavoro, all'inizio della ricerca, si creò un progetto parallelo, un'iniziativa con la quale tutti i cittadini americani sono stati invitati a mandare campioni del proprio suolo da poter analizzare per creare una mappa della diversità biosintetica dei microbi del suolo.

Il problema della resistenza antimicrobica è un problema globale, le cui cause sono da ricercare in tre fattori:

- Eccessiva prescrizione di antibiotici: gli antibiotici, e i farmaci in generale, oggi sono più che mai utilizzati, anche quando non strettamente necessari. Farmaci studiati per le infezioni batteriche, vengono utilizzati anche in casi di semplici influenze o raffreddori, infezioni, queste, causate da virus e non da batteri. Gli antibiotici non sono in grado di creare da soli una popolazione di batteri resistenti. I tratti genetici che portano a una maggiore resistenza, sono già scritti nel codice genetico stesso dei microbi. I farmaci hanno come unico scopo quello di uccidere i batteri non resistenti, lasciando sopravvivere quelli che lo sono che possono generare popolazioni resistenti.

   Questo non rappresenta, in realtà, un grosso problema in condizioni normali, in quanto il nostro corpo è dotato di microbi buoni con la stessa capacità di evoluzione. Inoltre, senza l'esposizione a un farmaco, i geni per la resistenza presenti in una piccola parte di una popolazione batterica, non comportano vantaggi.

L'uso indiscriminato di antibiotici, tuttavia, fa sì che a morire siano proprio i microbi buoni, permettendo ai batteri resistenti di avere maggiore probabilità di sopravvivenza.

Dobbiamo temere presente anche che una maggiore esposizione agli antibiotici crea una maggiore riproduzione di batteri già resistenti, che prima erano in minima quantità e ora, dopo l'eccessiva assunzione di un certo tipo di farmaco, diventano un vero e proprio esercito.

Ecco perché, spesso, un antibiotico smette di fare effetto.

Il problema non è da sottovalutare anche perché, al contrario dell'uomo che trasmette i propri geni solo alla prole, i batteri sono in grado di scambiarseli tra loro, mettendoli in condivisione tramite meccanismi particolari.

Anche gli stessi geni per la resistenza possono trasferirsi da una specie all'altra, creando batteri resistenti a molteplici farmaci.

- Un secondo fattore è l'uso di farmaci in agricoltura. Nell'Unione Europea, questa è una pratica vietata e punita con pesanti sanzioni e la detenzione, ma negli Stati Uniti gli antibiotici vengono utilizzati in grandi quantità per prevenire la diffusione di malattie nelle stalle e favorire la crescita di mucche e maiali.

- Il terzo fattore è la carenza di scoperte riguardanti nuovi antibiotici. Le classi di antibiotici comunemente prescritte oggi sono state introdotte tra il 1940 e il 1980. In sostanza, i batteri diventano sempre più forti, mentre noi non abbiamo armi sufficientemente potenti per combatterli.

Sembrerebbe quasi uno scenario catastrofico. Molti ricercatori, tuttavia, sono convinti che le potenzialità per nuove scoperte siano oggi più che mai enormi.

La ricerca nel suolo ha già fornito risultati, come

la platensimicina, un nuovo farmaco che agisce compromettendo il meccanismo con cui i batteri ottengono energia dagli acidi grassi, oppure

il teixobactin che distrugge esclusivamente le pareti cellulari dei batteri come lo streptococco e lo stafilococco, entrambi responsabili di infezioni gravi, impedendone la ricostruzione.

Su quest'ultimo antibiotico, scoperto nel 2015, i ricercatori di Boston che ne hanno sperimentato le proprietà si dicono particolarmente ottimisti, arrivando a stabilire un tempo di efficacia di trent'anni, prima che i batteri diventino resistenti a esso.

Tempo sufficiente per trovare altre risorse.

Di fatto, sul nostro pianeta esistono tre maggiori habitat che contengono la maggior parte dei batteri: l'oceano, l'intestino e il suolo. Proprio quest'ultimo è quello che possiede la più grande diversità di specie batteriche.

Non sorprende quindi che i microbiologi abbiano puntato i loro sforzi proprio sullo studio del suolo e dei suoi invisibili abitanti.

 

 

 

(foto da hq-wallpapers.ru, wkipedia.org, slideplayer.es)