L’importanza dell’ermeneutica oggi

Ermeneutica significa interpretazione. L’intelligenza artificiale riesce a comprendere molte cose, ma non coglie ancora le sfumature del linguaggio.

Di fronte ad un mondo di macchine che sono grado di fare calcoli complicatissimi ed elaborare tantissimi dati, quale compito rimane all'essere umano?

Se i dati e le formule potessero parlare da sole, si potrebbe dire che l’uomo sarebbe dispensato dalla maggior parte dei compiti.

In realtà non è così: i dati, i numeri e le formule vanno comunque interpretati.

Ermeneutica significa interpretazione.

Più che mai oggi il vero compito dell’uomo è di carattere ermeneutico.

L’intelligenza artificiale riesce a comprendere in questo momento molte cose, ma non coglie ancora le sfumature del linguaggio. Per esempio non potrebbe distinguere una battuta da un discorso serio, oppure non sa calare le parole in un contesto, ecc.

Il machine learning ci permette di avere statistica su ogni cosa, dalle canzoni preferite delle persone alle preferenze politiche. Il problema è saper dare un senso ai dati. La maggior parte dei dati potrebbero essere semplice spazzatura.

Chi è in grado di capire quali sono i dati che contano e passare dalla correlazione tra dati alla conoscenza del mondo?

È dunque importante ancora oggi un soggetto che sappia interpretare dati, numeri, formule, frasi, eventi, ecc. Questo lavoro di interpretazione è il lavoro dell’ermeneutica.


La tradizione ermeneutica nella filosofia basa il suo pensiero sul concetto di circolo ermeneutico della filosofia di Heidegger.

Secondo questo modello abbiamo un oggetto e un soggetto. Il soggetto nel suo atteggiamento verso l’oggetto modifica l’oggetto, ma il soggetto è anche modificato dall'oggetto stesso.

Il circolo dell’interpretazione, dunque, segue sempre due poli dell’oggetto e del soggetto.

È un cerchio che va avanti all'infinito in cui il soggetto interpretante è sempre modificato dall'oggetto interpretato e l’oggetto interpretato è sempre modificato dal soggetto interpretante.

Solo grazie al lavoro dell’ermeneutica le cose acquisiscono un significato.

Nella filosofia del linguaggio, ad esempio, si dice che un enunciato assume un significato solo una volta che viene interpretato in un certo modo. Solo quando un enunciato ha un significato può essere detto vero oppure falso.

Esistono enunciati che non hanno bisogno di una grande interpretazione come “sono le nove del mattino”, ci sono altri enunciati che sono ambigui come “la vecchia porta la sbarra”, ce ne sono altri che chiedono un lavoro di interpretazione maggiore come “l’uomo è misura di tutte cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”.

Ma il problema dell’interpretazione non riguarda solo le frasi o gli enunciati, riguarda anche dati statistici, formule, numeri e altro ancora. La nostra rappresentazione del mondo è interpretazione.

Nel film Hyperstition, il filosofo Ray Brassier, sostiene che la nostra mappa del mondo, che è differente dal territorio, non solo dipende da come siamo fatti noi, ma anche dalle caratteristiche che il territorio stesso possiede.

Questo significa che l’interpretazione del mondo dipende allo stesso modo dal soggetto e dall'oggetto.

Il vero padre della filosofia ermeneutica è Hans Georg Gadamer.

Gadamer scrive ‘Verità e metodo’. L’oggetto vero di questo libro è soprattutto l’esperienza, l’esperienza come forma di conoscenza, che non può essere separata dalla storia.

Il padre della filosofia ermeneutica Hans Georg Gadamer
Il padre della filosofia ermeneutica Hans Georg Gadamer

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Gadamer parla di una verità che non è semplicemente la verità della scienza, ma è anche la verità dell’arte. Egli riprende il metodo ermeneutico da Heidegger, sottolineando il fatto che l’uomo quando incontra il mondo ha sempre a che fare con una precomprensione del mondo stesso.

Noi, in quanto esseri storici, siamo sempre determinati in qualche modo da una tradizione, da una cultura, dalla nostra famiglia, ecc. Questo significa che nell'incontro con l’oggetto partiamo comunque da dei preconcetti e questi preconcetti spesso sono pregiudizi. Non possiamo fare a meno di questo. Dunque, secondo Gadamer, possiamo solo distinguere tra pregiudizi utili e pregiudizi inutili. Anche la ragione è storica come tutto il resto, la ragione dei greci non è la nostra.

Osserviamo dunque un circolo ermeneutico che dipende principalmente dal carattere storico delle cose. Un soggetto che è storico e che è condizionato dal suo passato. Un oggetto che è sempre storico e cambia nel tempo.

L’ermeneutica, dunque, pensa la conoscenza sempre in un determinato orizzonte temporale e storico.

La filosofia rispetto al mondo può solo comprendere la realtà nel modo della dialettica.

La dialettica, nel modo in cui la concepisce Socrate, è un altro circolo dove abbiamo un interrogante e un interrogato. Si parte da una domanda come ‘Cos'è la conoscenza?’ o ‘Cos'è il bene?’. Successivamente si formula una risposta come ipotesi. Questa ipotesi viene messa alla prova e se non la passa bisogna formulare un’altra ipotesi e così via.

Queste sono solo le origini del movimento dell’ermeneutica che ha vantato parecchi membri, tra cui noti filosofi italiani del calibro di Gianni Vattimo e Umberto Eco. Molti di questi filosofi sono stati anche dei postmoderni. Del resto è chiaro dove porta l’ermeneutica come l’ha concepita Gadamer, essa porta ad una sola soluzione: lo scetticismo. Infatti, se non possiamo fare a meno di essere condizionati dai nostri pregiudizi nel nostro atto di conoscere, non possiamo avere alcuna conoscenza oggettiva.

Ma esiste ancora un’altra possibilità, ossia che l’ermeneutica possa sposarsi con le idee del realismo. Questo è quello che accade in Maurizio Ferraris, in un articolo dal titolo: ‘Emeneutica neorealista’.

Ferraris del resto è stato, almeno inizialmente, un grande ermeneuta, allievo di Vattimo. In tempi più recenti è diventato sostenitore del realismo filosofico o realismo speculativo.

L’articolo di Ferraris incomincia con un’analisi di quello che è stato il passato dell’Università di Torino di filosofia e la sua grande tradizione ermeneutica, dalla quale lo stesso Ferraris discendente.

Questa tradizione incomincia con Luigi Pareyson e prosegue con Gianni Vattimo. Anche Umberto Eco come Ferraris ha vissuto una fase da ermeneuta. Ma entrambi si sono ampiamente distaccati dal discorso sul pensiero debole e hanno cercato nuove vie nel pensiero realista. Secondo Ferraris c’è sempre qualcosa, un oggetto molesto, che è quello che manca completamente nell'ermeneutica di Vattimo, non riducibile all'interpretazione.

La tesi fondamentale di Ferraris in questo testo è: è possibile ripensare l’ermeneutica in chiave realista.

La sua considerazione incomincia con un passaggio delle Confessioni, citato da Derrida. Si tratta di un passaggio dove Agostino si chiede che senso abbia confessare a Dio se stessi e quello si ha fatto, dal momento che Dio conosce molto meglio di noi quello che siamo e quello che facciamo.

Il problema, dice Agostino, non è tanto il conoscere, ma il fare la verità. La verità, dunque, diventa frutto di un lavoro e di una capacità tecnica.

Per comprendere meglio la questione Ferraris propone tre concetti di verità: ipoverità; iperverità; mesoverità.

Nel caso dell'ipoverità si parla della verità secondo l’ermeneutica classica. In questo caso la verità è subordinata agli schemi concettuali.

La verità dipende da forme di credenze condivise, ossia dalle strutture mentali dei soggetti. Gli ermeneuti trattano il mondo esterno come “un’ingenuità prekantiana”, riducendo ogni cosa al lavoro degli schemi concettuali.

Ermeneutica oggi foto 3
L’importanza dell’ermeneutica oggi foto 3

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Nel caso dell’iperverità si parla della verità secondo la filosofia analitica. Secondo la filosofia analitica vero è ciò che corrisponde ai fatti. In questo senso è vero che le foglie di un albero sono verdi, se e solo se le foglie di quell'albero sono effettivamente verdi.

Questo, tuttavia, pone il problema per cui ciò che qui è detto viene pensato come vero a prescindere da un uomo che verifica la cosa. Come se il verde avesse senso senza la presenza umana. Questo chiaramente è in parte vero, ma non del tutto. Se la conoscenza dipende dall'uomo, dall'uomo non dipende il mondo. Il sapere viene costruito dall'uomo e non ha senso senza di esso, ma l’essere non dipende dall'uomo e tanto meno dal sapere. Anzi la conoscenza del vero si fonda su quella dell’essere.

Queste due prospettive o modi di pensare la verità, secondo Ferraris, devono essere superati da un terzo modello che è quello della mesoverità.

La mesoverità introduce un termine medio tra l’ontologia e l’epistemologia, che è la tecnologia. In questo senso, secondo Ferraris, l’esistenza ontologica di 22 fagioli passa attraverso l’operazione tecnologia del contare i fagioli e arriva sino all'operazione epistemologica dell’enunciare che ci sono 22 fagioli.

L’ermeneutica, tuttavia, non è semplicemente questo.

Questo potrebbe farlo anche un computer e lo fa anche meglio di noi. Il problema è dare un senso a quel numero. Per esempio a me interessa sapere se i fagioli sono tanti o pochi per una data ricetta. Come posso saperlo dal semplice numero? Non posso saperlo, ma se conosco il contesto, posso provare a dedurlo.

Ricordo che in un vecchio video Riccardo dal Ferro aveva affermato di aver studiato filosofia perché era certo che nessuna intelligenza artificiale potrà mai fare il filosofo. Come controesempio aveva letto un passaggio da un testo di Cioran, chiedendo se mai una macchina potesse scrivere una cosa simile. Ma potremmo anche chiederci se mai una macchina possa capire Cioran.

Il problema è sempre lo stesso: cosa fa Cioran?

Cioran da un significato alla sua vita, al suo mondo e lo stesso dovrebbe fare il computer con le opere di Cioran se volesse capire veramente il loro significato ultimo.

Quel che voglio dire è che semplicemente il grande lavoro che sta dietro al circolo ermeneutico di interpretazione è qualcosa di molto di più complesso delle operazioni citate da Ferraris come il contare. Anche se questo lavoro circolare dovesse essere inteso in senso tecnologico, è certamente una tecnologia che al momento non può essere riprodotta. Infatti una macchina che dovesse entrare in questo cerchio riflessivo su qualsiasi oggetto cadrebbe in una specie di loop infinito.

Inoltre vi è da chiedersi se questo primato che assegna Ferraris all’ontologia non vada a misconoscere l’effetto che la tradizione ha su di noi, nel senso della precomprensione alla Gadamer.

Quanto possiamo essere veramente neutrali nei nostri giudizi rispetto agli individui che abbiamo di fronte. Possiamo essere astorici? Non possiamo essere astorici, ma possiamo riflettere criticamente anche il nostro passato e noi stessi. Ma anche in quel caso andiamo a costruire degli altri circoli, per esempio quello dell’ermeneutica del Sè di Foucault.

L’ermeneutica ha certamente a che fare con degli strumenti che usiamo, strumenti che il più delle volte sono di natura concettuale, ma si tratta sempre di un processo in cui lavoriamo sia sugli oggetti e allo tempo sugli strumenti.

Perché se cambio me stesso cambio il modo di vedere il mondo, se il mondo cambia, cambio anche io con esso.

Non sempre, tuttavia, il lavoro ermeneutico è così necessario e presente.

Nel caso della neve bianca mi chiedo quale tecnologia andrebbe applicata. In realtà l’unica cosa a cui possiamo fare appello è la nostra semplice sensibilità o osservazione.

L’ermeneutica lavora su cose molto più complesse. Mi viene in mente l’esempio dei dati. La macchina può fare machine learning con dei dati.

In questo caso potrebbe prendere in input un file Excel con dei dati dentro e restituire come output un grafico con dei cluster. La comprensione del grafico, a meno che non si riduca alla mera constatazione della relazione di vicinanza dei dati ai centri supposti, non è possibile per un computer.

Ermeneutica oggi foto 4
L’importanza dell’ermeneutica oggi foto 4

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Bisogna dare un significato a quei dati e metterli in relazione con altri. Non è la classica operazione quantitativa di calcolo del computer, si tratta di una operazione qualitativa di interpretazione che ha come fine capire quali sono le correlazioni più rilevanti. E quello della correlazione è solo il primo passo perché la correlazione in sé non è ancora propriamente una forma di conoscenza. Infatti la correlazione trova solo legami tra cose, ma non spiega le relazioni causali tra queste cose.

Ovviamente questa operazione di interpretazione trova il suo momento più felice nella poesia. In effetti se chiedessimo ad un computer cosa significa una data poesia per esempio di Mallarmé, ci restituirebbe solo il significato letterale. Non è questo quello che vogliamo, vogliamo capire le metafore, vogliamo comprendere il significato profondo e per questo dobbiamo fare ermeneutica. Qual’è il libro che è stato più interpretato al mondo? La Bibbia. Il Talmud ebraico è questo elenco infinito di interpretazioni del testo della Bibbia da parte del popolo ebraico. L’uomo produce un mondo di significati e sensi che sono proprio ciò che rende il mondo stesso un posto magico.