Il mistero del Manoscritto di Voynich, tra fantascienza e alchimia.

Testi segreti, scoperte vecchie di secoli, incredibili ritrovamenti, tutto ciò fa pensare alla trama di un film di avventura in stile Indiana Jones, ma questa volta il mistero è reale e riguarda il Manoscritto di Voynich.

Scopriamo insieme la storia di questo libro che a tutt’oggi rimane indecifrato, malgrado molti tra linguisti, studiosi, filologi e addirittura criptologi, si siano misurati con quest’antico dilemma.

Un libro che è stato anche riedito, ma che per assurdo nessuno ancora è mai riuscito a leggere. La nuova edizione sarà curata dall’editore Siloè, una piccola casa spagnola di Burgos specializzata nella pubblicazione di manoscritti antichi, e il costo della pubblicazione è stimato intorno agli ottomila euro.

Secondo la datazione al carbonio il manoscritto di Voynich, chiamato così perché scoperto nel 1912 da Wilfrid Voynich, un mercante inglese di libri rari, fu composto tra il 1404 e il 1438 da uno o più autori anonimi, in una lingua che ancora non è stata decifrata. L’antiquario lo comprò dal Nobile Collegio Gesuita di villa Mondragone nei pressi di Frascati.

Formato da duecentouno pagine, che molto probabilmente dovevano essere all’inizio circa duecentotrentadue, è in un formato piccolo, cosa desueta per i libri antichi, misurando infatti solamente sedici centimetri per ventidue.

Diviso in quattro parti e con un inserto centrale, ha un indice composto da una serie di stelline. Tra le pagine del manoscritto il primo acquirente rinvenne una lettera di accompagnamento risalente al diciannove agosto 1665, firmata da Jan Marek Marci, astronomo boemo e medico imperiale, che aveva addirittura scoperto un cratere lunare a cui aveva dato il proprio nome.

La lettera indirizzata al gesuita Athanasius Kircher, massimo erudita del tempo, era una richiesta d’aiuto proprio per decifrare lo sconosciuto alfabeto con cui erano scritte le pagine del manoscritto, composto da lettere che variano di numero, da diciannove a ventotto, a causa delle varianti che potrebbero essere riconducibili a diverse grafie.

William Newbold, professore di filosofia dell’Università della Pennsylvania, fu il primo a pensare alla possibilità di un testo cifrato scritto in latino da Roger Bacon, ipotizzando addirittura che già nel milleduecento il filosofo francescano avesse individuato la Galassia di Andromeda.

Si è anche supposto che fosse esistito un altro libro, una sorta di dizionario, utile per decifrare il manoscritto, ma che non è mai stato ritrovato.

Un apporto davvero utile arrivò negli anni Settanta grazie a William Ralph Bennet, professore di Yale, che approcciò la lingua statisticamente paragonandola, per la sua semplicità, all’hawaiano, anche se non ha mai assolutamente sostenuto che il libro possa essere stato scritto alla Hawaii.

Sicuramente quello di Voynich non è l’unico testo illeggibile al mondo, basti pensare al Finnegan’s Wake di James Joyce, ma questo ha la particolarità di contenere centinaia di colorate illustrazioni di costellazioni, piante sconosciute tra cui sono riconoscibili solamente una felce e una margherita, altre curiosità, e macchinari che hanno fatto pensare negli anni a riferimenti a lontanissime civiltà addirittura extraterrestri, dato che molti di essi al tempo della prima stesura ancora non erano stati inventati.

Molte anche le ipotesi sull’eventuale autore, tra cui Roger Bacon, come scritto sopra, e John Dee, astrologo presso la corte di Elisabetta I. Altro indiziato fu Edward Kelley, l’assistente di John Dee, un alchimista autodidatta.

Una tra le teorie più intriganti, riportata anche dal National Geographic, riguarda lo spionaggio e sostiene che a fabbricare il manoscritto fu il Filarete, ovvero Antonio Averlino di Pietro, progettista della Ca’ Granda, l’odierna Università Statale di Milano, ordendo piani contro la Repubblica Veneziana.

Il manoscritto originale è conservato nella Biblioteca Beinecke di manoscritti e libri rari della Yale University negli Stati Uniti, dove arrivò nel 1921 grazie all’antiquario di libri H. P. Kraus che lo acquistò per ventiquattromila dollari e che poi decise di donarlo all’Istituto.

Un’altra biblioteca ricevette in dono lo stesso manoscritto secoli prima, quella di Jan Marek Marci, appunto, che aveva ottenuto in eredità la collezione di Georg Baresch, alchimista di Praga.

Lo storico René Zandbergen nel duemila riuscì a fugare proprio grazie a quel dono ogni dubbio sull’autenticità del manoscritto.

Ingegnere spaziale che oggi gestisce il blog più completo a riguardo, Zandbergen trovò tre lettere precedenti a quella di accompagnamento sopra citata, anche queste indirizzate ad Athanasius Kircher, che dimostravano l’autenticità di quella di Marci e l’onestà di Voynich.

Il Manoscritto di Voynich resta a tutt’oggi avvolto nel mistero.

Se qualcuno volesse provare a decifrarlo, avventurandosi in un percorso costellato da nomi autorevoli, può trovare una copia dello stesso scaricabile online in formato .pdf: i vantaggi dell’era moderna, che però non sono stati utili, per ora, a svelare l’arcano.