Pablo Neruda poesie, vita e amori

Un giorno, un ragazzo, nato pochi anni prima a Parral, uscendo camminando e cantando dalla foresta cilena (El Bosque chileno) decise di chiamarsi Pablo Neruda e di comporre poesie…

Non è possibile esaurire il tema di Pablo Neruda, e il suo lascito poetico, in così poco spazio e nemmeno esiste tale pretesa. Sono stati scritti libri, alcuni solo su una parte del suo lavoro, altri sulla sua vita a partire dalla sua stessa autobiografia Confieso que he vivido (Confesso che ho vissuto).

Qui si tratta solo di illustrare, anche ricorrendo alle stesse parole del poeta, la relazione fra la vita di Pablo Neruda e le sue poesie.

Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto scelse quello pseudonimo per non essere ostacolato dal padre in quella che era già la sua passione, il suo “oficio”, la sua prima ragione di vivere, come avrebbe dichiarato molti anni dopo in una intervista a proposito dello scrivere poesie.

Il padre José del Carmen Reyes Morales, impiegato, era un uomo pratico e pur se mosso dalle “migliori intenzioni”, avrebbe detto il Poeta in quella nota intervista, pensava che la scrittura “avrebbe portato alla distruzione della famiglia e della mia persona, e che, soprattutto, mi avrebbe portato alla più completa inutilità”. (Rita Guibert intervista 1966)

Pablo Neruda
Pablo Neruda

Le prime poesie di Pablo Neruda

Il mondo lo considera uno dei più grandi poeti del ventesimo secolo e la sua poesia innovativa, accattivante e controversa ha esercitato una forte influenza sulla letteratura mondiale tanto da fargli ricevere il Premio Nobel nel 1971. Ma dove germogliarono le poesie di Pablo Neruda?

All’intervistatrice disse di non ricordare perché scelse di chiamarsi Pablo Neruda. Certo aveva letto qualcosa di Jan Neruda al quale unì il nome Pablo perché gli piaceva come si pronunciava... un poeta è sempre tale, dà precedenza all'armonia delle parole.

È però ricordando quegli anni in Confieso que he vivido che racconta come uscendo dalla foresta cilena, quel “mondo verticale: una nazione di uccelli, una folla di foglie...” avesse già preso la decisione di comporre poesie.

Le sue prime parole pubblicate

Il 18 luglio 1917 Pablo Neruda pubblica il suo primo scritto dal titolo “Entusiasmo y perseverancia” sul giornale locale La Mañana di Temuco, firmandosi come Neftali Reyes. Ha solo 13 anni ed è il suo primo articolo.

Scrive:

“Questi due sono i fattori che contribuiscono principalmente alla rivolta e all'espansione delle città. Quante volte, vittime del poco entusiasmo e perseveranza cadono sul terreno idee e opere di valore, che una volta messe in pratica apporterebbero benessere e abbondanza ai Paesi che le adottano! ...”

Entusiasmo y perseverancia”, La Mañana di Temuco.

In quelle parole si intravedono gli ideali del poeta considerato oggi come l’Orgoglio del Cile, sono gli stessi che daranno un senso di appartenenza ai sudamericani con le sue poesie dedicate al continente, alle loro terre e alle loro origini.

Certo non sono le stesse che a casa fa leggere al padre come narra nella sua autobiografia.

La reazione del padre, così come la vide quando era ancora il giovane Neftali Reyes fu particolare: “… distrattamente lo prese in mano (il foglio), distrattamente lo lesse, distrattamente lo restituì dicendogli: Dove l’hai copiato?”

Anni dopo ripensando a quella domanda, Pablo Neruda, la considerò come la sua prima distratta critica.

Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (nato il 12 luglio 1904 a Parral), a Temuco vi arriva seguendo il padre. Sua madre, Rosa Neftalí Basoalto, era morta poco più di un mese dopo la sua nascita.

Il padre José del Carmen Reyes si era risposato con Trinidad Candia Valverde mentre Neftalí Reyes studiava nella cittadina dell’entroterra cileno.

Poco dopo la pubblicazione di quell’articolo, nel 1918, avviene anche quella della sua prima poesia.

Era il 30 ottobre 1918 quando la rivista Corre y Vuela di Santiago pubblica la poesia “Mis Ojos“ firmato ancora Neftali Reyes.

Il richiamo della poesia è ormai irresistibile, più forte delle proibizioni del padre, così, all'età di sedici anni, adotta lo pseudonimo Pablo Neruda con cui può continuare a scrivere senza essere scoperto.

Pablo Neruda: Una canzone disperata e venti poesie per un amore

A quindici anni, Pablo Neruda incontra la sua amata Teresa Leon Bettiens, ma la famiglia di Teresa non accetta la relazione d’amore a causa delle differenze sociali tra di loro.

Neruda ricorrerà a questi ricordi d’amore giovanile per costruire l’immagine non di una donna in particolare, ma di un archetipo universale che il lettore scoprirà nel suo libro Veinte poemas de amor y una canción desesperada che sarà pubblicato qualche anno dopo, nel 1924.

La canción desesperada

...Era la alegre hora del asalto y el beso.
La hora del estupor que ardía como un faro.
Ansiedad de piloto, furia de buzo ciego,
turbia embriaguez de amor, todo en ti fue naufragio!
En la infancia de niebla mi alma alada y herida.
Descubridor perdido, todo en ti fue naufragio! ...

Era l’ora felice dell’assalto e del bacio.
L’ora dello stupore che ardeva come un faro.
Ansietà del pilota, furia di palombaro cieco,
torbida ebbrezza d’amore, tutto in te fu naufragio!
Nell’infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
Scopritore perduto, tutto in te fu naufragio!

Pablo Neruda poesie da La canción desesperada a Canto General
Pablo Neruda poesie da La canción desesperada a Canto General

Gabriela Mistral e Pablo Neruda

Quelli erano anche gli anni in cui avviene l’incontro con Gabriela Mistral (nata Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga Vicuña, 7 aprile 1889 – New York, 10 gennaio 1957).

Il loro primo incontro, narrato da Neruda, è quello fra un ragazzo timido che cammina nelle strade fangose di Temuco per visitare la direttrice del liceo delle ragazze, Lucía Godoy Alcayaga (alias Gabriela Mistral). L'insegnante, ancora molto giovane, ha già vinto i Giochi Floreali con Sonetos de la Muerte e nel 1945 sarà Premio Nobel per la letteratura.
A Neftalí Reyes Basoalto, quel silenzioso studente della scuola maschile, Gabriela passa dei libri che resteranno per sempre nella memoria del poeta.

Di lei Pablo Neruda avrebbe detto:

"Il suo nome era Gabriela Mistral ... L'ho vista pochissime volte. Quanto bastava perché ogni volta uscissi con alcuni libri che mi dava. Erano sempre romanzi russi che lei considerava la più straordinaria della letteratura mondiale. Posso dire che Gabriela mi avvicinò a quella seria e terribile visione dei romanzieri russi e che Tolstoj, Dostoevskij, Cechov... entrarono nella mia più profonda predilezione. E continua ad accompagnarmi”.

Neruda 

Nel 1919 pubblica tredici poesie sul "Corre-Vuela" collaborando anche con “Selva Oscura” di Temuco e usando diversi pseudonimi, (quello con cui è conosciuto lo adotterà definitivamente solo l’anno seguente). Verrà premiato ai Giochi Floreali di Maule per la poesia "Ideal Nocturne".

A Santiago, nel 1921, si reca come studente, e lì l’amore per il mare si farà sempre più intenso.

Il mare di Neruda

Anche se è nato a Parral ed ha vissuto a Temuco, luoghi lontani dalle onde, il suo rapporto con il mare è profondo come fosse sempre stato parte di lui. Del mare riconosce la generosità, la pienezza, l’immensità come la sua crudeltà.

Le sue case a Valparaiso e al Isla Negra avevano le finestre rivolte a ovest, verso l'Oceano Pacifico che accompagna tutto il Cile.

3 poesie sul mare di Pablo Neruda

El Mar
Necesito del mar porque me enseña:
no sé si aprendo música o conciencia:
no sé si es ola sola o ser profundo
o sólo ronca voz o deslumbrante
suposición de peces y navios…

Il mare
Ho bisogno del mare perché m’insegna:
non so se imparo musica o coscienza:
non so se è onda sola o essere profondo
o sola roca voce o abbagliante
supposizione di pesci e di navi...

Oda al mar

Aquí en la isla
el mar
y cuánto mar
se sale de sí mismo
a cada rato,
dice que sí, que no,
que no, que no, que no,
dice que si, en azul,
en espuma, en galope,
dice que no, que no.
No puede estarse quieto,
me llamo mar, repite
pegando en una piedra
sin lograr convencerla...

Ode al mare

Qui nell’isola
il mare
e quanto mare
esce da sé stesso
in ogni momento,
dice di sì, di no,
di no, di no, di no,
dice di sì nell’azzurro,
nella spuma, nel galoppo,
dice di no, di no.
Non può stare tranquillo,
mi chiamo mare, ripete
battendo su una pietra
senza ottenere di convincerla…

E un poema de su libro Una casa en la arena

El mar del Sur! Adelante, descubridores! Balboas y Laperouses,
Magallanes y Cookes, por aquí caballeros, no tropezar con este
Arrecife, no enredarse en el sargazo, no jugar con la espuma!
Hacia abajo! Hacia la plenitud del silencio! Conquistadores, por
Aquí! y ahora basta!
Hay que morir! …

Il Mare del Sud! Avanti, esploratori! Balboa e La Pérouse,
Magellano e Cook, di qua signori, non inciampare su questo
Arrecife, non rimanere impigliato nei Sargassi, non giocare con la schiuma!
Giù! Verso la pienezza del silenzio! Conquistadores, per
Qui! e ora basta!
Si deve morire!


All'età di sedici anni Neruda arriva a Santiago, la capitale del Paese, per studiare presso l'Istituto Pedagogico.

Poco dopo l'arrivo vince con La canción de la fiesta (1921) il primo premio di poesia al Festival di Primavera organizzato dalla Federazione degli Studenti che lo pubblica sulla rivista Juventud.

A Santiago vive quindi qualche anno da bohemien in un intorno studentesco e letterario senza abbandonarsi alla pigrizia, scrivendo, tra il 1923 e il 1926, in versi e prosa.

Nell'agosto del 1923 appare l'edizione originale di Crepusculario pubblicata da Ediciones Claridad. La rivista Dionysios, diretta da Aliro Oyarzún, che pubblica quattro poesie.

Il suo impegno è notevole anche all'interno di riviste come «Caballo de Bastos» e pubblicazioni letterarie, come Andamios, Ali Baba, Dínamo e Renovación.

Però è Veinte poemas de amor y una canción desesperada (Venti poesie d’amore e una canzone disperata, 1924) che raggiunge un successo letterario inatteso, per le vendite, e per il quale verrà considerato come uno dei giovani poeti più promettenti del Cile.

In America Latina, verso i talenti letterari e gli intellettuali, c’era un autentico interesse a considerarli come ideali ambasciatori per il proprio Paese.

Così, l'anno 1927 lo vede lasciare il Cile e viaggiare per l'Europa, poi verso est, in Asia e Oceania. Risiede a Rangoon, Colombo, Singapore, Batavia...

Il console Pablo Neruda

Neruda torna in Cile, 1933, per breve tempo a Santiago, per ricevere un nuovo incarico a Buenos Aires nel 1934.

Nel giugno del 1934, pochi mesi dopo, Neruda fu trasferito al consolato cileno a Madrid, in sostituzione della sua predecessora, la poetessa Gabriela Mistral. Poco dopo il suo arrivo, grazie a Lorca, incontra gli scrittori della “Generación del 27”: Vicente Aleixandre, Miguel Hernández e María Teresa León e altri repubblicani.

Lorca lo presenta all'Università di Madrid come "un poeta più vicino alla morte della filosofia; più vicino al dolore che all'intelligenza; più vicino al sangue che all'inchiostro".

Quello stesso anno pubblica a Madrid Residencia en la tierra e conosce quella che in seguito diventerà la sua seconda moglie: l’argentina Delia del Carril.

Quando scoppia la guerra in Spagna nel 1936 (quella delle foto di Robert Capa e del Guernica di Picasso), Neruda, nonostante la sua posizione diplomatica, non lascia dubbi sul suo atteggiamento antifascista. Per questo è richiamato nel suo Paese nel 1937.

Torna nuovamente in Europa con il compito di facilitare l'emigrazione dei rifugiati repubblicani spagnoli in America. L’incarico successivo, dal 1939 al 1943, è il consolato del Cile in Messico.

Gli anni dal 1935 al 1945 sono quelli della progressiva politicizzazione di Neruda, quelli di Tercera residencia, pubblicato nel 1947.

In mezzo a tutto, in questi anni di viaggi come console, c’è la storia con María Antonia Hagenaar Vogelzang o Maruca come Pablo Neruda chiamava la sua prima moglie e madre di Malva, sua figlia.

Maruca e Pablo Neruda

C'è un'ombra nella vita dello scrittore più amato della poesia sudamericana che neppure i premi (incluso il meritato Nobel) possono dissolvere.

Per alcuni è ancora un fatto non chiarito, e a lungo è stato se non un segreto di certo qualcosa su cui, forse per rispetto, non soffermarsi troppo. Però la storia di Malva Marina Trinidad Reyes, che morì in Olanda all'età di otto anni, l'unica figlia di Pablo Neruda, con la sua prima moglie, Maria Antonia "Maruca" Hagenaar è un aspetto molto controverso delle relazioni del Poeta che merita essere raccontato.

Si conoscono il 6 dicembre 1930, a Batavia, in Indonesia. Lui è un giovane poeta e console onorario sull'isola di Giava e lei Maria Antonia Hagenaar, "Maryka" è figlia di coloni olandesi molto alta (supera il 1,80). Maryka, che il poeta chiamerà Maruca, comunicheranno solo in inglese.

Del loro successivo matrimonio il giovane console scrive:

"Viviamo estremamente vicini, estremamente felici in una casa più piccola di un ditale".

Tornano prima in Cile, poi in Argentina, con Maruca che segue Neruda nei suoi vari incarichi fino al 1934 quando si trasferiscono in Spagna.

Come console riceveva una paga di centosessantasei dollari e sei centesimi al mese che dopo aver coperto i consolati di Singapore e Batavia vengono raddoppiati a poco più di trecento. Pochi anche per l’epoca.

Come dice in “Para Nacer He Nacido”: "Ero solo un console perso nella mia povertà".
Per Neruda, il consolato non era una carriera ma una modesta rendita che gli consentiva, come beneficiario, di avere modo di sopravvivere mentre si dedicava al proprio lavoro.

Nell'agosto del 1934 Maruca, mentre sono a Madrid, dà alla luce Malva Marina Trinidad Reyes ma la bambina nasce idrocefalica.

L’abbandono di Malva

Malva cresce anche se non è destinata a sopravvivere. Non parla né sarà in grado di camminare e i problemi per assisterla sembrano dei macigni per Neruda.

Sono gli anni della Guerra civile spagnola, densi di impegno politico e letterario, ma nei quali il rapporto fra i due, sempre più freddo da parte del Poeta, cominciano a deteriorarsi. L’arrivo di una figlia con così importanti problemi di salute e l’incontro con Delia del Carril, portano Neruda verso la separazione.

L'8 novembre del 1936 Neruda lascia Maria Antonia Hagenaar e vede Malva per l'ultima volta (forse), parte con Delia del Carril, prima a Barcellona e poi a Parigi.

Parte della cronaca sull'abbandono di Pablo Neruda della figlia racconta:

"...nel 1936 il poeta abbandona definitivamente sua moglie e sua figlia per andare a vivere con l'Hormiguita (Delia del Carril). Le lascia quasi senza soldi a Montecarlo, città dove fuggono dalla guerra civile. Maruca attraversa tutta la Francia con la figlia malata fino ad arrivare in Olanda..."

È certo che il poeta lascia la Spagna con la moglie e la figlia quando le condizioni create dalla guerra civile rendono la vita lì troppo difficile e rischiosa.

Per altre fonti però pare che il matrimonio fra Maruca e Pablo Neruda fosse già da tempo concluso di comune accordo. Gli anni a lavorare in attività antifasciste e i tempi di guerra consentirono a Neruda di vedere sua figlia per l'ultima volta solo nel 1939, in quello che sarebbe stato l'ultimo viaggio per imbarcare i repubblicani spagnoli sulla nave Winnipeg.

Dopo quell'anno, i Paesi Bassi e praticamente tutta l'Europa furono occupati dai nazisti.

Maryka, trasferita in Olanda, va alla chiesa Christian Science a L'Aia, dove trova un asilo nido per Malva. Lì riuscirà a lasciarla in affidamento al matrimonio di Hendrik Julsing e Gerdina Sierks, che già hanno altri bambini. Secondo alcune carte Neruda non risponderà mai alle richieste di denaro della donna mentre per altre il poeta non ha mai smesso di inviare loro un assegno.

Il 2 marzo 1943 Malva muore per le conseguenze della malattia.

La malattia della piccola Malva fu qualcosa di difficile da affrontare per Neruda che nei confronti della bambina reagì non andandola mai a trovare (probabilmente anche per la situazione politica), fatta eccezione per una sola volta.

Il poeta apprese della morte della figlia mentre era console generale a Città del Messico tramite un laconico messaggio della ex moglie:

”La signora Neruda fa sapere dall’Olanda che sua figlia è mancata il due marzo senza soffrire. Prega che suo padre sia informato…”.

La guerra civile spagnola, Pablo Neruda e la morte di Federico Garcia Lorca

Console a Madrid Pablo Neruda ricorderà in seguito: “La guerra in Spagna, che ha cambiato la mia poesia, è iniziata per me con la scomparsa di un poeta".

Neruda in Confesso di aver vissuto, ricorda il suo amico scomparso poco prima che il contrasto politico si trasformasse in un conflitto fratricida in Spagna. Lo ricorda raccontando un fatto strano e orribile che gli era capitato e che lo stesso Federico aveva considerato una triste premonizione della sua imminente morte.
Da quelle parole lancia una sentenza chiara.

Federico García Lorca non è stato fucilato. È stato assassinato.

È così che poi descrive la morte dell’amico: “Naturalmente nessuno poteva pensare che prima o poi lo avrebbero ucciso. Di tutti i poeti di Spagna era il più amato e il più simile a un bambino per la sua meravigliosa gioia. Chi poteva credere che esistessero sulla terra mostri capaci di un crimine così inspiegabile?”.

E l’amico riceve il vero saluto del poeta Pablo Neruda con una fra le sue più belle poesie: Oda a Federico García Lorca.

Si pudiera llorar de miedo en una casa sola,
si pudiera sacarme los ojos y comérmelos,
lo haría por tu voz de naranjo enlutado
y por tu poesía que sale dando gritos...

...Federico,
tú ves el mundo, las calles,
el vinagre,
las despedidas en las estaciones
cuando el humo levanta sus ruedas decisivas
hacia donde no hay nada sino algunas
separaciones, piedras, vías férreas.

Hay tantas gentes haciendo preguntas
por todas partes.
Hay el ciego sangriento, y el iracundo, y el
desanimado,
y el miserable, el árbol de las uñas,
el bandolero con la envidia a cuestas.

Así es la vida, Federico, aquí tienes
las cosas que te puede ofrecer mi amistad
de melancólico varón varonil.
Ya sabes por ti mismo muchas cosas.
Y otras irás sabiendo lentamente.

Traduzione: Ode a Federico García Lorca.

Se potessi piangere di paura in una casa solitaria,
se potessi cavarmi gli occhi e divorarli,
lo farei per la tua voce d’arancio in lutto
e per la tua poesia che esce come un grido…

Federico,
tu vedi il mondo, le strade,
l’aceto,
gli addii nelle stazioni
quando il fumo alza le sue ruote decisive
verso luoghi dove non ci sono che distacchi,
pietre, strade ferrate.

C’è molta gente che fa domande
in ogni luogo;
e il cielo è sanguinante, e l’adirato, e l’affranto,
e il miserabile, e l’albero delle unghie,
e il bandito con l’invidia sulle spalle.

Così è la vita, Federico,
ecco ciò che può darti l’amicizia
d’un malinconico uomo molto maschio.
Da solo, tu sai già molte cose,
e altre andrai imparando lentamente.

Nel 1935 Pablo Neruda vive a Madrid stringendo molti rapporti con la Generación del 27 (Generazione del ‘27).

I nomi più noti fra questo gruppo di letterati ed artisti sono quelli Federico García Lorca e Salvador Dalí, ma l'elenco può includere tranquillamente quelli di: Jorge Guillén, Pedro Salinas, Rafael Alberti, Dámaso Alonso, Gerardo Diego e Emilio Prados, per aggiungere anche quello della poetessa e scrittrice di teatro Concha Méndez. E fra gli stranieri non solo Neruda, ma anche Jorge Luis Borges, Francis Picabia o Vicente Huidobro.

Quello stesso anno pubblica un manifesto intitolato Por una poesía sin pureza, dove assicura che tutto rientri nel processo poetico.

Es muy conveniente, en ciertas horas del día o de la noche, observar profundamente los objetos en descanso: las ruedas que han recorrido largas, polvorientas distancias, soportando grandes cargas.... Las superficies usadas, el gasto que las manos han infligido a las cosas... La confusa impureza de los seres humanos se percibe en ellos... Así sea la poesía que buscamos, gastada como por un ácido por los deberes de la mano, penetrada por el sudor y el humo, oliente a orina y a azucena salpicada por las diversas profesiones que se ejercen dentro y fuera de la ley. Una poesía impura como traje, como un cuerpo...

È molto comodo, in determinate ore del giorno o della notte, osservare profondamente gli oggetti a riposo: le ruote che hanno viaggiato lunghe polverose distanze portando carichi pesanti... Le superfici utilizzate, l’uso che le mani di spesa hanno inflitto alle cose... L'impurità confusa degli esseri umani si percepisce in essi... Così sia la poesia che cerchiamo, indossato come un acido dai doveri della sua mano, penetrati dal sudore e fumo, odore di urina e azucena (fiore) punteggiato da varie professioni esercitate all'interno e fuori della legge. Una poesia impura come un vestito, come un corpo…

Neruda pensa che tutto sia poetico, in poesia non si deve rifiutare o accettare nulla deliberatamente.

Pablo Neruda: Residencia en la Tierra e Tercera residencia

Residencia en la Tierra costa a Pablo Neruda quasi dieci anni della sua vita (1925-1935) che pubblica in due parti nel 1933 e nel 1935. Neruda era parte integrante di quel gruppo di poeti che dirigono la ristrutturazione d'avanguardia (fra i quali César Vallejo e Vicente Huidobro).

I suoi viaggi come console degli anni '20 gli avevano lasciato come bagaglio la solitudine che si sente nel suo lavoro.

Madrid lo impressiona molto e riesce a stabilire un legame affettivo molto intenso con la città, in particolare con il quartiere di Argüelles dove vive.

Le sue poesie cambiano tono e vi penetra la speranza di uscire da quella depressione motivata dalla solitudine e dalle difficoltà economiche.

Più tardi avrebbe scritto Tercera residencia che includeva España en el corazón (Spagna nel cuore) dove sente il dolore per la guerra civile spagnola e per la morte del suo amico Federico García Lorca. Forse sono le poesie più tristi che siano state scritte nel corso del ventesimo secolo.

Il ritorno in Cile e l’esilio di Neruda

Tornato in Cile, nel 1939 Neruda si unisce al Partito Comunista e il suo lavoro subisce uno spostamento verso la militanza politica. Questa terza fase, che aveva avuto il suo preludio in España en el corazón (1937), culmina con l'esaltazione dei miti americani del suo Canto General (1950).
Diventato senatore lotta contro gli abusi, le disuguaglianze del sistema e denuncia la mancanza di libertà nel suo Paese. Il suo discorso noto come Yo acuso (io accuso) è solo l’ultima goccia che provocato la persecuzione del governo e il suo successivo esilio in Argentina.

Il 5 febbraio 1948, infatti, il tribunale ordina il suo arresto. Neruda entra nella clandestinità in Cile, scrivendo il Generale Canto e partecipando alla lotta politica dell'opposizione. In diversi Paesi si tengono serate in suo onore.

L’anno successivo lascia il Cile attraversando la catena montuosa delle Ande per partecipare al Primo Congresso mondiale dei sostenitori della pace. È un nuovo periodo di viaggi, questa volta come esule e non come console, per i paesi comunisti (Cecoslovacchia, Cina, Ungheria, Cuba...) ma anche gli Stati Uniti e il Messico.

Viaggerà anche in Italia, a Capri, tra il 1951 e il 1952. La pellicola “Il Postino”, l’ultima interpretazione di Massimo Troisi, nascerà dal libro El cartero de Neruda (Il postino di Neruda) di Antonio Skármeta ispirato a questo periodo.

Il rapporto con la seconda moglie Delia del Carril è logorato, complice anche la lontananza. Conosce in Messico Matilde Urrutia che in seguito diventerà la sua terza e ultima moglie.

3 poesie da Canto General di Pablo Neruda

Mentre è in Cile, costretto a nascondersi in diverse case, conclude comunque quello che secondo lui è il suo libro più importante, il Canto General. Un’opera epica e complessa in cui descrive l’America Latina in cui ci sono anche i disegni dei famosi artisti Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros.

È un canto d’amore per la sua terra, per il suo continente. Un canto che comincia prima dell’arrivo dell’uomo.

Amor América (1400)

Antes que la peluca y la casaca
fueron los ríos, ríos arteriales:
fueron las cordilleras, en cuya onda raída
el cóndor o la nieve parecían inmóviles:
fue la humedad y la espesura, el trueno
sin nombre todavía, las pampas planetarias...

Amore America (1400)

Prima della parrucca e della casacca
erano i fiumi, fiumi arteriosi:
erano le catene montuose, nella cui onda sfilacciata
il condor o la neve sembravano immobili:
era l'umidità e la boscaglia, il tuono
Nessun nome ancora, la pampa planetaria…

Sono poesie che parlano di uomini, animali, pietre tutto legato da un unico destino. In questo non sono rari i richiami infuocati contro chi vuole sfruttare queste terre, speculare sulla povertà, rubarne le ricchezze. In La UNITED FRUIT Co. in Canto General si scaglia, ad esempio, contro le multinazionali statunitensi.

Cuando sonó la trompeta, estuvo
todo preparado en la tierra,
y Jehová repartió el mundo
a Coca-Cola Inc., Anaconda,
Ford Motors, y otras entidades:
la Compañía Frutera Inc. […]

Mientras tanto, por los abismos
azucarados de los puertos,
caían indios sepultados
en el vapor de la mañana :
un cuerpo rueda, una cosa
sin nombre, un número caído,
un racimo de fruta muerta
derramada en el pudridero.

Traduzione poesia
Quando suonò la tromba, tutto
era preparato sulla terra,
e Geova divideva il mondo
alla Coca-Cola Inc., Anaconda,
Ford Motors e altre entità:
Fruit Company Inc. […]

Nel frattempo, attraverso l’abisso
dolciastro dei porti,
cadevano indios sepolti
nel vapore mattutino:
un corpo rotola, una cosa
senza nome, un numero decaduto,
un mucchio di frutta morta
versato sul marciume.

Sono 231 poesie che, però, vogliono lasciare un messaggio di incoraggiamento che superi la storia travagliata di queste terre.

…Este libro termina aquí. Ha nacido
de la ira como una brasa, como los territorios
de bosques incendiados, y deseo
que continúe como un árbol rojo
propagando su clara quemadura

Pero no sólo cólera en sus ramas
encontraste: no sólo sus raíces
buscaron el dolor sino la fuerza…

Traduzione poesia
…Questo libro termina qui. È nato
dalla rabbia come un tizzone, come i territori
delle foreste bruciate, e vorrei
prosegua come un albero rosso
diffondendo la sua chiara bruciatura.

Ma non solo rabbia nei suoi rami
hai trovato: non solo le sue radici
cercavano dolore ma anche la forza…

Delia del Carril e Pablo Neruda

Alla "Casa de las Flores", nel quartiere di Argüelles entra Delia del Carril. Nelle ristrettezze economiche, nell'indifferenza per la prima moglie Maruca, nei problemi di salute della piccola Malva giunge l’aristocratica e matura sicurezza della Hormiguita.

Sembravano l'antitesi l'uno dell'altra. Lei 51 anni, affascinante e carismatica e lui, venti anni di meno un poeta timido, un po' calvo e poco raffinato, la cui notorietà cominciava allora.

La verità è che ci fu una storia d'amore clandestina, ma quando iniziò la guerra civile, La Hormiguita partì per Barcellona, troppo innamorata di Neruda perché continuasse come un'avventura, decidendo di non far parte del tradimento di un'altra donna.

Il poeta Rafael Alberti la ricordò per sempre com'era in quei tempi:

Delia nei giorni più felici della Spagna
Delia nel triste e chiaro della guerra
Delia toccata sempre dalla grazia,
Delia, così bella sempre "..

Si ritrovano e sposano in Messico. È un’amante appassionata e un’implacabile correttrice del suo lavoro e il poeta ne fa il centro della sua vita.

La Hormiguita e Neruda salvano 3.000 repubblicani e le loro famiglie nella Winnipeg, una nave da carico che porterà in Cile un’incredibile generazione di artisti, uomini d'affari e intellettuali.

Quello che è certo è che condividono una vita intensa e avventurosa.:

C’era la lotta antifascista durante la Seconda guerra mondiale e in seguito la clandestinità che li portava a fuggire in Argentina, perseguitati in Cile dal presidente Gabriel González Videla.

Però, nel 1949 mentre si trovano in Messico, Pablo si ammala di flebite. Una cantante cilena, incontrata a Santiago anni prima, si offre di prendersi cura di lui. La Hormiguita la ringrazia, quella cantante si chiama Matilde Urrutia.

Matilde Urrutia e Pablo Neruda con poesie
Matilde Urrutia e Pablo Neruda

Matilde Urrutia e Pablo Neruda

La relazione clandestina di Matilde e Pablo, cominciò nella capitale azteca, senza che Delia riuscisse a rendersene conto.
Prosegue anche a Capri fra attese, lettere e sotterfugi. Però, quando nel 1952, cade il governo di Videla
l'amore militante tra Neruda e Delia del Carril torna in Cile per partecipare alla prima delle quattro campagne presidenziali di Salvador Allende e lavorare instancabilmente per il partito sul fronte intellettuale.

Matilde è ancora un'ombra inafferrabile che circonda la vita del poeta, fra incontri clandestini a Santiago e Isla Negra. Delia è ancora all'oscuro di tutto quando si reca a Parigi per affrontare la pubblicazione del Canto General.

Quando Delia scopre tutti i dettagli della relazione fra Pablo e Matilde non può perdonarlo, e più che considerare la relazione conclusa, lo cancella dalla propria vita.

Non possono sposarsi perché non poteva rendere effettivo il divorzio con la sua prima moglie, ma da quel momento in poi, Matilde Urrutia diventa l'inseparabile compagna di Neruda. Si sposeranno nell'ottobre del 1966, dopo la morte di Maria Antonieta Hagenaar e resteranno insieme fino alla morte di Pablo Neruda nel 1973.

Gli ultimi anni di Pablo Neruda, il premio Nobel e Salvador Allende

Nel 1969, il Partito Comunista lo propone come candidato a Presidente della Repubblica, ma lui ritira la sua candidatura in favore del suo amico, il medico socialista Salvador Allende che verrà eletto nel 1970.

È a Parigi, come ambasciatore, quando riceve la notizia della concessione del Premio Nobel per la letteratura, nel 1971.

Il Discorso di Pablo Neruda al premio Nobel nel 1971

Alla ricezione del premio Nobel nel 1971, Pablo Neruda nel suo discorso esprime al pubblico quello che è per lui il significato stesso della sua vita come poeta ed uomo del suo tempo.

Il suo è il racconto di un viaggio, di un’autentica traversia, e di un’immersione profonda nel vero sentimento della comunione umana e motivo ultimo della poesia.

Comprendí entonces de una manera imprecisa, al lado de mis impenetrables compañeros, que existía una comunicación de desconocido a desconocido, que había una solicitud, una petición y una respuesta aún en las más lejanas y apartadas soledades de este mundo.

Compresi allora in modo impreciso, accanto ai miei impenetrabili compagni, che c'era una comunicazione fra sconosciuto e sconosciuto, che c'era un’esigenza, una richiesta e una risposta anche nelle solitudini più lontane e remote di questo mondo.

"Il poeta", dice Neruda, non è "un piccolo dio", ma è più simile al fornaio che cuoce la pasta ogni giorno e fornisce il pane ai suoi concittadini. Questo dovrebbe essere il ruolo del Poeta e la sua idea di impegno.

Solo con “quella coscienza semplice” il Poeta può partecipare in modo attivo alla costruzione della società e alla sua trasformazione in un luogo dove prosperino “pane, verità, vino, sogni”.

Jorge Luis Borges una volta sostenne che Neruda aveva fatto bene a dedicare la sua poesia al cambiamento sociale e che questo lo aveva reso da mediocre poeta sentimentale a enorme poeta rivoluzionario.

Che Borges avesse ragione o meno, la poesia di Neruda non è accademica, ma è viva e si genera dal contatto umano.

E nel discorso alla ricezione del premio Nobel, ricordando che solo

“con passione e speranza… possono nascere i cambiamenti necessari agli scrittori e ai popoli”,

sottolinea, ad un pubblico internazionale, che nella sua terra esiste ancora quel colonialismo soffocante.

Pablo Neruda conclude il suo discorso citando Rimbaud:

“solo con un’ardente pazienza conquisteremo la splendida città che darà luce, giustizia e dignità a tutti gli uomini”.

(E all'aurora, armati di un'ardente pazienza, entreremo nelle splendide città. Rimbaud)

La morte del presidente Allende

L’11 settembre 1973, il governo del presidente Allende viene rovesciato. Neruda, però, è gravemente malato, e non ha molto tempo per dolersi della morte dell’amico, suicidatosi dopo il colpo di stato.

Dalla sua casa sulla costa, a Isla Negra, deve essere trasferito in una clinica di Santiago. Durante le cure avvengono delle complicazioni legate al cancro alla prostata di cui soffriva. In seguito sorgeranno molti sospetti su un avvelenamento avvenuto da parte della polizia segreta di Pinochet che tuttavia non saranno mai provati.

Pablo Neruda muore il 23 settembre del 1973.

Quando avvenne la morte del suo amico Allende e la salita al potere del dittatore Pinochet versava già in precarie condizioni di salute, ma ebbe la forza, pare, di dire ai soldati che lo controllavano: «Guardatevi in giro, c’è una sola forma di pericolo per voi qui: è nella poesia».

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14 Poesie di Pablo Neruda

Ah vastità di pini…

Ah vastità di pini, rumore d'onde che si frangono,
lento gioco di luci, campana solitaria,
crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola
chiocciola terrestre, in te la terra canta!
In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge
come tu desideri e verso dove tu vorrai.
Segnami la mia strada nel tuo arco di speranze
e lancerò in delirio il mio stormo di frecce.
Intorno a me sto osservando la tua cintura di nebbia
e il tuo silenzio incalza le mie ore inseguite,
e sei tu ton le tue braccia di pietra trasparente
dove i miei baci si ancorano e la mia umida ansia s'annida.
Ah la tua voce misteriosa che l'amore tinge e piega
nel crepuscolo risonante e morente!
Così in ore profonde sopra i campi ho visto
piegarsi le spighe sulla bocca del vento.

La mattina e' gonfia di tempesta

La mattina è gonfia di tempesta
nel cuore dell'estate.
Come bianchi fazzoletti d'addio viaggiano le nubi,
il vento le scuote con le sue mani peregrine.
Cuore infinito del vento
che palpita sul nostro silenzio innamorato.
E ronza tra gli alberi, orchestrale e divino,
come una lingua piena di guerre e di canti.
Vento che rapina fulmineo le foglie secche
e devia le frecce palpitanti degli uccelli.
Vento che le travolge in onda senza spuma
e sostanza senza peso, e fuochi inclinati.
Si rompe e sommerge il suo volume di baci
combattuto sulla porta del vento dell'estate.

Due amanti felici

Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell’erba,
lascian camminando due ombre che s’unisco,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.

Di tutte le verità scelsero il giorno:
non s’uccisero con fili, ma con un aroma
e non spezzarono la pace né le parole.
È la felicità una torre trasparente.

L’aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.

Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.

Perché tu mi oda.

Perché tu mi oda
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.
E le vedo lontane le mie parole.
Più che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.
Si arrampicano così sulle pareti umide.
Sei tu la colpevole di questo gioco sanguinoso.
Esse fuggono dal mio rifugio oscuro.
Tu riempi tutto, tutto.
Prima di. te popolarono la solitudine che occupi,
e sono abituate più di te alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che voglio dirti.
Perché tu oda come voglio che m'oda.
Il vento dell'angoscia ancora le trascina.
Uragani di sogni a volte ancora le abbattono.
Senti altre voci nella mia voce addolorata.
Pianto di vecchie bocche, sangue di vecchie suppliche.
Amami, compagna. Non abbandonare. Seguimi.
Seguimi, compagna, in quest'onda di angoscia.
Ma vanno tingendosi del tuo amore le mie parole.
Tu occupi tutto, tutto.
Ne farò di tutte una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.

Qui ti amo.

Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.

La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.

O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.

Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.

La mia vita s’affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.

Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.

Ricordo com'eri

Ricordo com'eri l'autunno scorso.
Eri il basco grigio e il cuore quieto.
Nei tuoi occhi lottavano i bagliori del crepuscolo.
E le foglie cadevano sull'acqua della tua anima.
Aggrappata alle mie braccia come un rampicante,
le foglie raccoglievano la tua voce lenta e calma.
Falò di stupore in cui la mia sete bruciava.
Dolce giacinto azzurro curvato sulla mia anima.
Sento vagare il tuo sguardo e l'autunno è lontano:
basco grigio, voce d'uccello e cuore famigliare
dove migravano i miei desideri profondi
e cadevano i miei baci allegri come braci.
Cielo dalla nave. Campo dai colli.
Il tuo ricordo è di luce, di fumo e di stagno quieto!
Oltre i tuoi occhi ardevano i tramonti.
Foglie secche d'autunno giravano nella tua anima.

LXIV Sonetto

Per tanto amore la mia vita si tinse di viola
e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
tu sentisti un rumore di cuore infranto

e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
senz’essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
sorsi per vivere tra le tue mani,
mi sollevai dal mare alla tua gioia.

Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
nativa d’Araucania, ciò che ti devo, amata.

È senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
ciò che ti devo è come il pozzo d’una zona silvestre
dove il tempo conservò lampi erranti.
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un’arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.

Ma viene l’ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d’assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.

Chino sulle sere

Chino sulle sere, lancio le mie reti tristi
nei tuoi occhi oceanici.
Lì si tende e arde nella pira più alta
la mia solitudine che annaspa come un naufrago.
Lancio rossi segnali oltre i tuoi occhi assenti
che ondeggiano come il mare sulla sponda di un faro.
Sorvegli solo le tenebre, femmina distante e mia,
dal tuo sguardo talora emerge la costa dello spavento.
Chino sulle sere, getto le mie reti tristi
in quel mare che scuote i tuoi occhi oceanici.
Gli uccelli notturni beccano le prime stelle
che splendono come la mia anima quando ti amo.
La notte galoppa sulla sua cavalla ombrosa
sparpagliando spighe azzurre sul campo.

Il tuo sorriso

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amore mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchina
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

Bianca ape ronzi.

Bianca ape ronzi, ebbra di miele, nella mia anima
e ti pieghi in lente spirali di fumo.
Sono il disperato, la parola senza eco,
colui che tutto perse, e colui che tutto ebbe.
Ultima gómena, scricchiola in te la mia ansietà ultima.
Nella mia terra deserta sei l'ultima rosa.
Ah silenziosa!
Chiudi i tuoi occhi profumati. Lì aleggia la notte.
Ah denuda il tuo corpo di statua timorosa.
Possiedi occhi profondi dove la notte aleggia.
Fresche braccia di fiore e grembo di rosa.
I tuoi seni rassomigliano alle conchiglie bianche.
Sul tuo ventre è venuta a dormire una farfalla d'ombra.
Ah silenziosa!
Ecco la solitudine da dove sei assente.
Piove. Il vento del mare caccia gabbiani erranti.
L'acqua va scalza per le strade bagnate.
Da quell'albero si lamentano, come infermi, le foglie.
Bianca ape, assente, ancora ronzi nella mia anima.
Rivivi nel tempo, sottile e silenziosa.
Ah silenziosa!

Abbiamo perso anche questo crepuscolo

Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.
Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perché mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?
È caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.
Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.

Per il mio cuore.

Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino al cielo,
ciò ch'era addormentato sulla tua anima.
In te è l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada alle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.
Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi di nave.
Com'essi sei alta e taciturna.
E ti rattristi d'improvviso, come un viaggio.
Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
mi son svegliato e a volte emigrano e fuggono
uccelli che dormivano nella tua anima.

Mi piace quando taci

Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lontano, e la mia voce non ti tocca.
Sembra che si siano dileguati i tuoi occhi
e che un bacio ti abbia chiusa la bocca.
Siccome ogni cosa è piena della mia anima
tu emergi dalle cose, piena dell'anima mia.

Farfalla di sogno, assomigli alla mia anima,
e assomigli alla parola malinconia.
Mi piaci quando taci e sei come distante.
Sembri lamentarti, farfalla che tuba.
E mi ascolti da lontano e la mia voce non ti giunge:
lascia che io taccia con il silenzio tuo.
Lascia che ti parli anche con il tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.

Sei come la notte, silenziosa e stellata.
Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Poi basta una parola, un sorriso.
E sono felice, felice che non sia vero.

Bimba bruna e agile.

Bimba bruna e agile, il sole che fa la frutta,
quello che rassoda il grano, quello che piega le alghe,
ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi
e la tua bocca che ha il sorriso dell'acqua.
Un sole nero e ansioso ti si arrotola nei fili
della nera capigliatura, quando stendi le braccia.

Tu giochi col sole come un ruscello
e lui ti lascia negli occhi due pozze oscure.
Bimba bruna e agile, nulla mi avvicina a te.
Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno.
Sei la delirante gioventù dell'ape,
l'ebbrezza dell'onda, la forza della spiga.
Il mio cuore cupo ti cerca, tuttavia,
e amo il tuo corpo allegro, la tua voce sciolta e sottile.
Farfalla bruna dolce e definitiva
come il campo dì frumento e il sole, il papavero e l'acqua.

Poesie di Pablo Neruda (in castigliano) Veinte Poemas de Amor y Una Canción desesperada.