Il tanaceto, l’erba immortale.

Il tanaceto, erboristeria: il decotto e la maschera di bellezza e l'olio essenziale. 

Se, passati i rigori dell’inverno, sul vostro viso restano tracce antiestetiche quali arrossamenti, screpolature e pelle che tira, non perdetevi d’animo.

Abbiamo in serbo per voi un trucco che vi permetterà d’accogliere con un’epidermide luminosa e splendente il sole di primavera.

Procuratevi dunque una bella manciata di cimette tenere di tanaceto, specie che in Piemonte, per esempio, in dialetto diventa l’erba tnèe, e tritatela finemente sino a ottenere una poltiglia omogenea e succosa.

Il decotto di tanaceto e la bellezza.

Allungatela con siero di latte o con un cucchiaino di yogurt magro, affinché sia più liquida e cremosa, e stendetela sul viso e sul collo con leggero massaggio.

Tenete la maschera in applicazione per una ventina di minuti, quindi sciacquatela via con acqua tiepida.

Meglio ancora sarebbe utilizzare per la detersione un decotto di tanaceto, che si prepara facilmente facendo bollire per pochi minuti un cucchiaio da dessert di droga essiccata in un bicchiere d’acqua e lasciando riposare per un quarto d’ora prima di filtrare.

Esiste una maschera di bellezza che un tempo era assai diffusa nelle Isole Britanniche e che faceva parte del corredo di segreti utili custodito dalle nonnine dell’epoca vittoriana.

Ve le trascriviamo soprattutto come curiosità, perché è un po’ macchinosa da preparare, pur evidenziando che si tratta di un rimedio valido ancora oggi.

Secondo la ricetta tradizionale, il tanaceto viene addirittura abbinato allo strutto. In che modo?

Si trita un pugnetto di foglie di tanaceto e si getta nel pentolino in cui si sta sciogliendo il grasso. Si mantiene la fiamma dolce, affinché lo strutto intiepidisca senza soffriggere.

Si lascia un poco raffreddare e con l’unguento ricavato si massaggia ripetutamente la pelle del viso. Anche in questo caso, è ottima la successiva pulizia con il decotto di tanaceto.

È consigliabile per epidermidi molto aride e avvizzite, segnate dalle rughe, e non per la pelle grassa, perché poco compatibile con un cataplasma di strutto.

   Il tanaceto, in latino Tanacetum vulgare L., dalle eleganti foglie bipennate e dai capolini che hanno il colore dell’oro, appartiene alla famiglia botanica delle Composite.

Viene denominato anche atanasia e deve questo suo secondo nome al concetto d’immortalità con cui l’avevano messo in relazione gli antichi greci.

Con la conversione dell’Europa alla religione cristiana, venne a poco a poco identificata come la pianta della resurrezione e, presso i monaci irlandesi, come la pianta della Pasqua per eccellenza.

Per questo va considerata quale specie non tanto celtica, legata agli antichi culti pagani dell’Isola di Smeraldo, quanto appartenente al cristianesimo celtico.

In Galles si usa il succo delle foglie giovani per colorare con un verde tenue le pietanze della tavola pasquale, puddings e cakes compresi.

L’unico inconveniente è quello che il tanaceto, pur essendo erba dell’immortalità secondo la tradizione popolare, non è del tutto innocuo dal punto di vista dei principi attivi che contiene!

Il suo olio essenziale [1], infatti, è composto anche da tuione, che è una sostanza tossica. Si consiglia pertanto d’ingerirlo con parsimonia, solo in caso di vera necessità e, magari, su indicazione medica. Se ne può fare un decotto non troppo concentrato per alleviare una brutta indigestione, con effetti risolutivi.

È eccessivo, invece, berlo per far scomparire il singhiozzo.

In Irlanda, dove in gaelico si traduce come franclus, il tanaceto viene fatto macerare nel whiskey e usato quando si è infastiditi da tale inconveniente. Singulto a parte, non sarà una scusa per tracannare un bicchierino in più?

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(foto da wikipedia.org, pixabay)